VERSO UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE

VERSO UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE

di Giuseppe Gullo

La discussione sulla legge elettorale è tornata d’attualità. Secondo dichiarazioni di importanti esponenti della maggioranza vi sarebbe un orientamento, condiviso anche dalla minoranza, per portare all’esame del Parlamento una proposta di legge elettorale proporzionale con l’indicazione sulla scheda del candidato Primo Ministro. La proposta prevederebbe l’introduzione della preferenza per la maggior parte dei collegi e il mantenimento della lista bloccata per un ridotto numero di seggi. Verrebbero eliminati i collegi uninominali. Gli intervistati non indicano se sia prevista una soglia di sbarramento e in caso affermativo quale sarebbe mentre il premio di maggioranza verrebbe fissato al raggiungimento del 40% dei voti.
Lo schema che viene delineato contiene novità interessanti e condivisibili e alcuni punti che necessitano di chiarimenti e specificazioni che probabilmente emergeranno nel corso del dibattito parlamentare. L’indicazione sulla scheda elettorale del candidato Primo Ministro non è una novità. Essa risale addirittura ai tempi della caduta per via giudiziaria della prima Repubblica, allorché i Partiti divennero fortemente personalizzati o, forse per meglio dire, a gestione “padronale“. Venne così introdotto di fatto nei simboli delle forze politiche l’uso del nome del leader come futuro Presidente. Fu Berlusconi, mago del marketing, a farlo per primo, seguito prontamente dalle altre formazioni elettorali. Questa tendenza è rimasta negli anni fino alle ultime politiche del 2022 con qualche curiosità. Nel simbolo di FI è indicato Berlusconi Presidente nonostante il Cavaliere sia deceduto da due anni.
Al di là di questa stranezza occorre osservare che il procedimento di formazione del Governo previsto dalla Costituzione non consente di porre vincoli alla scelta del Presidente incaricato che compete al Presidente della Repubblica che, in esito alle consultazioni delle forze parlamentari, conferisce a una personalità politica il compito di verificare la possibilità di formare un Governo che possa ottenere la fiducia del Parlamento. Nessun limite impone la Costituzione al PdR nella scelta dell’incaricato. La futura legge elettorale non potrà intervenire su questo punto se non modificando la Carta per cui l’indicazione del candidato Premier ha un valore formale e non vincolante.
Questa ipotesi di lavoro può consentire, con i limiti sopra indicati, di dare una giustificazione alla maggioranza per abbandonare o rallentare l’iter parlamentare di approvazione della legge sul c.d. Premierato. Da questo punto di vista l’indicazione non vincolante sulla lista del candidato Premier può essere un’accettabile via d’uscita per evitare un duro scontro su un ddl di riforma costituzionale per molti aspetti censurabile.
Un secondo rilievo attiene alla fissazione della percentuale necessaria per partecipare alla ripartizione dei seggi in atto al 3%. Il Rosatellum, tra le tante inadeguatezze, prevede che nel proporzionale le liste che non conseguono il 3% non abbiano rappresentanza mentre nell’uninominale possono eleggere rappresentanti. È accaduto nel 2022 e potrebbe accadere nuovamente con la conseguenza che liste che raccolgono centinaia di migliaia di voti restino fuori dal Parlamento, mentre realtà locali molto meno rappresentative ottengano seggi. L’abolizione della quota uninominale eliminerebbe questa incongruenza e l’introduzione di un collegio unico nazionale, che consentirebbe di avere un diritto di tribuna a una lista che, pur restando al di sotto della soglia prevista, abbia superato un certo numero di voti, ponendo così rimedio al fenomeno di milioni di elettori non rappresentati.
Un ulteriore argomento scottante è quello del numero di seggi da assegnare ai Partiti con liste bloccate e cioè senza preferenze. Il sistema proporzionale puro, applicato nella storia repubblicana per decenni sin al 1992, non prevedeva liste bloccate. La Camera veniva eletta con assegnazione dei seggi ai più votati di ciascuna lista nel limite dei seggi assegnati sul piano nazionale e poi circoscrizionale. Il Senato veniva invece eletto su base regionale con seggi assegnati proporzionalmente ai partiti e poi attribuiti ai candidati che avevano conseguito la migliore performance personale nei vari collegi in cui regione era ripartita.
La lista bloccata è stata introdotta per volere di tutti i capi partito della c. d. seconda repubblica, con il duplice obiettivo, deleterio, di selezionare gli eletti uno a uno ed espropriare l’elettore del diritto di scelta tra i candidati. Il mantenimento di una quota di eletti con tale sistema non ha altra giustificazione se non quella di garantire un salvagente a esponenti che altrimenti resterebbero fuori dal Parlamento. Maggiore sarà la quota di cui diciamo, minore sarà la “qualità” della riforma. La scelta più giusta sarebbe l’eliminazione delle liste bloccate a cui è prevedibile che si opporranno con alleanze trasversali coloro che sono interessati a salvare il proprio scranno evitando il giudizio degli elettori. A questo aspetto della futura legge è collegato il divieto delle candidature plurime che attribuiscono al leader eletto in più collegi la facoltà di scegliere in quale accettare l’elezione facendo andare in Parlamento chi lo segue nel Collegio di Milano piuttosto che in quello di Palermo. Questo fenomeno si è verificato quasi sempre fino alle passate europee con la giustificazione che la candidatura del leader rappresenta un valore aggiunto in termini elettorali. Giudizio quest’ultimo difficilmente condivisibile soprattutto con un sistema che preveda l’espressione della preferenza.
L’argomento degli eletti nei Collegio estero è anch’esso di difficile approccio. Non credo che l’introduzione nel 2000 di questa novità, in precedenza non prevista dal legislatore costituzionale, abbia dato i frutti sperati. Tranne eccezioni non conosciute da chi scrive, gli otto deputati e i quattro senatori eletti nel collegio estero non si sono segnalati per significativi contributi all’attività legislativa.
La strada è piena di insidie ma per la prima volta la discussione sembra impostata su temi concreti e ipotesi condivisibili sui quali ricercare il massimo consenso possibile.

Fonte Foto: Wikimedia CommonsMinistero InternoLicenza

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