VERSO LE ELEZIONI EUROPEE, IN CERCA DI UN CENTRO POLITICO CHE NON C’È
di Giuseppe Gullo
Il quadro degli schieramenti elettorali in vista delle elezioni europee si va definendo in modo abbastanza preciso.
Nello schieramento che governa il Paese non pare vi siano novità di rilievo. La Lega vive un periodo travagliato alla ricerca del recupero del consenso perduto. Si agita in maniera estemporanea, quasi in stato confusionale. In realtà non vi è una sola rivendicazione portata avanti dal Carroccio che sia andata a buon fine. Il terzo mandato per Governatori e Sindaci è stato bocciato, facendo crescere al suo interno il malcontento di coloro che puntavano su quella possibilità; il contrasto all’immigrazione è fallito e diventa ogni giorno di più un argomento che si scontra con la realtà di un Paese nel quale aumenta la denatalità insieme alla mancanza di forza lavoro; la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, su cui Salvini ha investito una posta molto alta, incontra una forte opposizione del ceto intellettuale, ambientalista e movimentista, al quale dà una mano l’approssimazione con la quale lo staff tecnico affronta i grandi problemi di scienza ingegneristica che una tale opera comporta. In generale; la Lega appare filosovietica ed antieuropeista, e ciò certamente non le giova nell’elezione in cui si rinnova proprio il Parlamento Europeo.
Forza Italia sembra avere superato il trauma della scomparsa di Berlusconi e, dopo i recenti risultati elettorali, ha ritrovato serenità ed equilibrio e gioca la carta importante di un convinto europeismo.
FdI si affida alla collocazione lealista e filo Von der Leyen che gli ha da ultimo impresso la Presidente del Consiglio, la cui candidatura potrebbe rappresentare un valore aggiunto. Pesano negativamente sulla sua campagna elettorale le alleanze recenti con il leader ungherese e i nazionalisti e antieuropeisti tedeschi, francesi e spagnoli.
I partiti che sono all’opposizione procedono alla ricerca dei candidati e alla predisposizione delle liste con qualche affanno. Il PD è percorso da fremiti sinceramente incomprensibili e, piuttosto che intestarsi una battaglia di sviluppo dell’Unione, è ripiegato sulla ricerca di candidature esterne, prima opzionate poi criticate e infine abbandonate, e di equilibri interni, nel quale pesano i numeri delle rappresentanze correntizie rispetto ai contenuti di un rinnovato europeismo. La proposta di candidare la Salis sembra addirittura autolesionista. È giusto chiedere con grande forza alle autorità ungheresi il massimo rispetto dei diritti dell’indagata, nostra concittadina sottoposta a misura cautelare in carcere da oltre un anno e condotta in ceppi davanti a quel Tribunale. Il Governo e l’opinione pubblica devono denunciare questa barbarie e chiedere che venga celebrato un giusto processo con l’imputata ai domiciliari o almeno condotta in aula senza ceppi. Da questo a candidare chi subisce questa ingiustizia ne corre e molto. Il garantismo è un valore assoluto senza colore politico, mentre la candidatura è un giudizio di affinità ideale e d’idoneità a ricoprire una carica politica. Cose molto diverse e non assimilabili.
I 5stelle, da sempre eurotiepidi e adesso anche apertamente filorussi, come chiaramente dimostrano i voti contrari agli aiuti all’Ucraina, sono alle prese con problemi interni, Raggi si o no, e con la certa riduzione delle rappresentanza che avevano avuto nel 2019.
La lista per gli Stati Uniti d’Europa raccoglie sotto lo stesso simbolo una miscellanea costituita da Italia Viva, +Europa, qualche formazione di area liberale e socialista e fors’anche la nuova Democrazia Cristiana, mentre Azione, se correrà da sola come sembra, rischia grosso nel tentativo di superare la soglia del 4%, quando invece, se fosse in grado di intestarsi apertamente la rappresentanza di liberali e laici, fortemente europeisti, potrebbe dare voce a una vasta area culturale che non ha oggi in Italia una sua significativa rappresentanza.
La destra al Governo è percorsa da conati di nazionalismo e di autoritarismo che sono l’esatto contrario della prospettiva che dovrebbe portarci verso un rafforzamento della prospettiva federalista, con la necessaria cessione di sovranità da parte dei Paesi membri su alcune materie fondamentali come la difesa e la politica estera. Su questo piano, assolutamente cruciale per il futuro prossimo dell’Unione, specie in vista del possibile disimpegno trumpiano degli USA, i partiti di Governo, con l’eccezione di Forza Italia, sono obiettivamente schierati sul versante opposto e rischiano di fare arretrare il Paese rispetto alla posizione che gli compete come terza forza europea accanto a Germania e Francia. Il recente vertice tra Germania, Francia e Polonia, dal quale siamo stati esclusi, è stato un segnale preoccupante che sarebbe sbagliato sottovalutare o ignorare. La credibilità e l’affidabilità si conquistano con comportamenti coerenti e stabili, e subiscono forti ridimensionamenti dall’assunzione di posizioni ondivaghe.
Dal quadro che abbiamo tracciato nasce la necessità di un’area politica che sia rappresentativa degli ideali repubblicani e delle tradizioni politiche della democrazia liberale, del cattolicesimo democratico e del liberalsocialismo, le culture che hanno fatto grande l’Occidente, nella costante ricerca di una maggiore giustizia sociale attraverso la lotta alle diseguaglianze incolpevoli su cui si sono fondate, in periodi storici diversi, le grandi e vittoriose lotte delle donne e dei ceti più disagiati.
Il passaggio elettorale europeo è fondamentale anche se non sarà conclusivo di un processo che deve procedere con speditezza ma anche con grande chiarezza, verso un’Europa che sia sempre più integrata, oltre che sul piano civile e sociale, anche e oggi soprattutto su quello essenziale della politica estera e di difesa, trasmettendo agli elettori un messaggio preciso che indichi la strada della crescita dei diritti e delle responsabilità per affrontare insieme le grandi sfide del tempo presente e di quello a venire, puntando sulle categorie che più di altre sono portatrici di una forza di cambiamento: le donne e i giovani, ma anche gli immigrati regolari che sentano di avere trovato in uno qualsiasi dei paesi UE una nuova Patria, impegnandosi a rispettarne i valori, talvolta ben diversi da quelli della patria d’origine.
Questo è quindi il tempo delle alleanze politiche e non di mero scopo, il che comporta l’impossibilità, per chi si candida e viene eletto, di prendere poi strade diversificate, quando invece l’obiettivo è quello di far crescere la qualità delle coalizioni puntando sulle idee e sulle proposte che hanno un retroterra culturale solido e che vogliono rappresentare gli ideali dei padri fondatori di una grande Europa, faro di democrazia, benessere e pace nella sicurezza.
Fonte Foto: Flickr – DavideDeNova – CC BY-NC-SA 2.0 Deed