Serie riflessioni sul futuro di una nazione nel cuore del Mediterraneo
di Giovanni Mollica
Responsabile Nuovo Meridionalismo
Mentre i partiti politici italiani si dividevano sul nome del “Personaggio di Alto Profilo da eleggere Capo dello Stato” il mondo andava avanti.
Ora che, ancora una volta, Guicciardini ha prevalso su Machiavelli, scopriamo nuovi elementi che dovrebbero farci riflettere perché possono incidere sul futuro del nostro Paese per ben più di sette anni; sconvolgendo assetti geopolitici nei quali, volenti o nolenti, siamo immersi fino al collo.
Incurante del silenzio delle altre forze politiche sul ruolo del Paese nell’ambito euromediterraneo, Democrazia liberale propone nuovi spunti di riflessione.
- Sei navi da guerra russe sono vicine alle coste della Sicilia e la portaerei americana Truman effettua manovre navali nelle nostre acque per rispondere alla sfida del Cremlino.
- La crisi dell’automotive investe la Germania e si ripercuoterà pesantemente sulla PMI manifatturiera italiana, costituita in prevalenza da subfornitori della grande industria tedesca. E’ facile prevedere che la carenza di semiconduttori e, soprattutto, il ridotto numero di componenti dei motori elettrici rispetto a quelli termici causeranno una rilevante riduzione delle commesse.
- Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della sera e autorevole voce delle élite intellettuali ed economiche italiane, sollecita il Governo ad attivare i poteri sostitutivi, commissariando gli enti locali – soprattutto meridionali, aggiungiamo noi – che mostrano di non essere in grado di soddisfare le richieste di Bruxelles in materia di redazione dei progetti inclusi nel PNRR. Col rischio di perdere definitivamente una parte dei Recovery Fund che l’Ue ha offerto all’Italia per la modernizzazione e lo sviluppo del Mezzogiorno.
Chi ritiene siano fatti episodici, slegati gli uni dagli altri, conferma l’ormai cronica tendenza della classe politica di guardare al dito quando la Storia indica la Luna. Democrazia liberale si ostina a guardare alla Luna, nella speranza di registrare reazioni – anche critiche – da parte dei policy maker dell’ex Bel Paese.
Nel ricordare che, solo alcune decine d’anni fa, tra gli esperti della materia, circolava il detto secondo il quale “per l’Italia, la Logistica rappresentava ciò che era il petrolio per i Paesi arabi. Ma solo se sarà capace di estrarlo”, è palese che ciò che lega gli avvenimenti sommariamente elencati in precedenza è il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo.
A patto di capire che, per incidere sull’economia di una nazione di 60 milioni di abitanti, deve avere una dimensione continentale – meglio ancora, sovracontinentale – ed essere concepito come un unicum di nodi e reti interconnessi e privi di strozzature.
Parafrasando Talleyrand, non capire che il potenziamento della Logistica meridionale porrebbe il Mezzogiorno italiano – e, quindi, l’Italia stessa – al centro di giganteschi interessi economici e strategici, è peggio che un crimine verso chi vi abita: è un errore.
Un errore che si traduce in un danno che si protrarrà per generazioni, proprio quando è l’Europa a chiederci – con le reti TEN-T e il Next Generation Plan EU – di assumere un nuovo ruolo nel Mediterraneo.
É fuori da ogni logica che un Paese con 8 mila km di coste, incuneato tra Europa, Africa e Asia, riponga le speranze di crescita della sua portualità negli scali più lontani dai flussi mercantili intercontinentali. Con Marsiglia, Koper e Rijeka a due passi. Venendo meno alla sua funzione naturale di avamposto europeo nel cuore di uno dei mari più trafficati del pianeta.
Contare non vuol dire solo ospitare basi militari. Vuol dire adeguare gli scali e le reti logistiche che a essi afferiscono per captare, creare e distribuire nuova ricchezza. Vuol dire promuovere relazioni con i Paesi geograficamente e culturalmente vicini; vuol dire mostrare interesse alle sorti di quelle popolazioni. Vuol dire tentare di gestire per conto dell’Europa, con fermezza e pietas insieme, i flussi di disperati che ogni giorno trasformano il mare in un orrendo cimitero. Vuol dire intervenire con autorevolezza ma senza prepotenza – e noi sappiamo farlo meglio di altri – nella competizione sul controllo dei giacimenti di gas e petrolio che si trovano nella parte centro orientale del Mediterraneo e a nord del Canale di Otranto.
Democrazia liberale chiede di non guardare solo al di là delle Alpi, ignorando ciò che accade a poche miglia dalle nostre coste. Il mondo non ci aspetta e, se non siamo capaci di cogliere le occasioni offerte dalla storia e dalla geografia, si rivolge altrove.
Per non diventare irrilevanti, dobbiamo guardare al Sud del Mediterraneo attraverso il nostro Sud.
Entrare in quest’ottica rende più facile individuare il legame esistente tra la flotta russa nel Canale di Sicilia, la ricerca di nuovi mercati per la Manifattura lombardo-veneto-emiliana – che ha tenuto in piedi l’Italia in questi anni di crisi – e l’attivazione dei poteri sostitutivi previsti dagli artt. 117 e 120 della Costituzione.
Democrazia liberale resta sempre in attesa del parere delle altre forze politiche.