SCHLEIN ALLE PRESE COI NODI DA SCIOGLIERE
di Giuseppe Gullo
L’esito delle primarie del Pd è sicuramente un segnale di discontinuità. È probabile che la maggioranza di chi ha votato Schlein abbia percepito in modo drammatico la posta in gioco e ritenuto che fosse necessario cambiare in modo netto. È un ragionamento che ha una sua giustificazione e una logica che semplicisticamente si potrebbe riassumere nella formula ”a mali
estremi, rimedi estremi“.
Le prime dichiarazioni della neo-eletta promettono opposizione dura al Governo di destra, recupero dei valori della sinistra e grande attenzione alla tutela dei diritti. Vedremo presto se nell’attività politica quotidiana la musica sarà cambiata e come. Oggi possiamo soltanto fare previsioni col conseguente rischio di essere smentiti dai fatti.
Parto da questi ultimi per avere elementi certi di riferimento. La prescelta è sicuramente fuori dall’apparato che ha governato il Pd fino ad oggi. Questo dato ha due facce diverse e in qualche modo contrastanti. Il primo, assolutamente positivo, è la libertà di scelta rispetto alla politica portata avanti fino a oggi dai democratici e che è stata la prima causa della sconfitta elettorale. La Segretaria appena eletta non ha avuto alcun ruolo nelle scelte politiche fatte dal PD nel corso dell’ultima legislatura, non essendo peraltro neppure tesserata. Da questo punto di vista non ha vincoli e gode di una situazione di vantaggio che, a mia memoria, non ha precedenti. Può cioè dare indicazioni, tracciare percorsi e scegliere priorità senza dovere scontare, dal punto di vista personale, posizioni pregresse che potrebbero condizionarla.
Il problema delle scelte politiche, tuttavia, è di grande rilievo e di difficile soluzione in quanto una linea politica credibile non si inventa, né può essere il risultato di scelte estemporanee non sufficientemente meditate e accettate da quella che un tempo, non lontano in verità, veniva chiamata la base. Entriamo nel campo delle supposizioni o forse dei desiderata di ciascuno. La prima impressione è che la nuova leader intende spostare il partito su posizioni più vicine a quelle di Articolo Uno e delle forze che si sono in questi anni collocati alla sinistra del PD. Questa prospettiva sembra essere confermata dalla storia personale della Schlein la quale dopo avere aderito alla corrente di Civati, dalla quale fu indicata nel Comitato Centrale del partito, si dimise in polemica con le scelte politiche fatte da Renzi. Da quel momento, pur essendo eletta nel consiglio regionale dell’Emilia Romagna prima e in Parlamento dopo nelle sue liste, non riprese la tessera del partito fino alla vigilia della candidatura a segretario. Non è stata l’unica in verità. Anche Bersani, con percorso inverso, ha utilizzato le porte girevoli per entrare e uscire dall’organizzazione che ha nel suo DNA la storia del PCI.
Questi precedenti debbono tuttavia fare riflettere in quanto una cosa è che siano stati la cifra politica di piccoli raggruppamenti che non hanno mai superato la soglia del 2/3% dei consensi, altro che possano essere i cavalli di battaglia di un partito con dichiarata vocazione maggioritaria e che si ropone come guida di una maggioranza alternativa rispetto all’attuale. Mi riferisco soprattutto ai problemi ambientali e a quelli di politica estera, entrambi attualissimi e di grande rilevanza. Su questi ultimi il PD di Letta avuto una posizione chiara e coerente di adesione totale alla linea dell’Occidente a sostegno dell’Ucraina e del suo popolo aggredito brutalmente dalla Russia di Putin. La Schlein invece non ha partecipato al voto alla Camera sull’odg di sinistra-verdi che impegnava il Governo a non inviare aiuti militari al Governo Ucraino in forza di un errato concetto del pacifismo. Un tale atteggiamento da semplice deputata è criticabile, ma da segretaria del PD è in aperto contrasto con la dichiarata scelta di campo fatta da molti anni dal PD e ribadita anche recentemente in numerose occasioni. Nessun atteggiamento equivoco è tollerabile e giustificabile su un problema che costituisce un vero discrimine. La scelta in difesa dei valori che l’Occidente rappresenta e di cui l’Italia è parte integrante è elemento essenziale della nostra politica e non può in alcun modo subire atteggiamenti indecisi o tentennanti. Occorre precisare, per obiettività, che la nuova Segretaria ha votato a favore dei provvedimenti che autorizzavano l’invio di armi da parte italiana.
Il problema della difesa dell’ambiente e della scelta ecologica è anch’esso, allo stesso tempo, fondamentale e delicato. Abbiamo verificato nell’ultimo anno che la nostra dipendenza in materia energetica dall’estero e in particolare dai paesi dell’est, ci esponeva a gravissimi rischi di tenuta dell’intero sistema produttivo e di salvaguardia del tenore di vita conseguito. Abbiamo necessità di essere autonomi nella massima misura possibile nel più breve tempo consentito. Le posizioni di chi è contrario a tutto – dalle trivellazioni in mare ai degassificatori, dagli inceneritori dei rifiuti al nucleare di ultima generazione – sono per lo più incompatibili con una concezione integralista dell’ecologismo. Occorre misura e equilibrio, scelte meditate tali da limitare le conseguenze negative della dipendenza estera.
Il secondo aspetto è sul fronte “interno”. La Schlein dovrà immediatamente affrontare il problema della crisi del partito e della sua organizzazione, del rapporto con i propri sostenitori e con tutto il corpo elettorale, della tutela dei diritti civili e delle fasce più deboli, riducendo, se non eliminando, l’impressione di privilegiare il ceto intellettuale rispetto agli altri e non cogliendo nella loro realtà l’urgenza dei bisogni e delle vecchie e nuove povertà. La partecipazione alle primarie è stata, dicono, superiore alla previsione. Ma è un fatto che il numero è il più basso mai verificatosi in questo tipo di consultazione e il numero degli iscritti al Partito è diminuito fino a raggiungere un record negativo. La nuova Segretaria non ha alcuna esperienza in materia e dovrà sicuramente appoggiarsi ai “notabili” che l’hanno sostenuta e che hanno invece una lunga militanza e una profonda conoscenza dei meccanismi che governano il partito.
Di tutto questo e di tanto altro avremo modo di discutere, consapevoli che un grande polo del progresso e del lavoro non può fare a meno di un PD rinnovato, ma anche convinti che i Democratici non possono fare a meno di tutti quelli che, pur non facendo parte di quella famiglia in senso stretto, aspirano a promuovere una società più giusta e più democratica.