Sassoli: Democrazia Liberale, i suoi appelli inascoltati
“La scomparsa improvvisa di David Sassoli addolora i liberali italiani che ne ricordano con apprezzamento la bella carriera di giornalista e con gratitudine l’impeccabile attività più che decennale nel Parlamento Europeo, alla cui presidenza è stato infine eletto nel 2019 col voto determinante dei parlamentari liberali, tra i quali, purtroppo, non c’erano tanti europarlamentari italiani che, a parole, amano definirsi liberali.
Di Sassoli ci piace ricordare in particolare il suo discorso d’insediamento, nel quale affermò la necessità di recuperare lo spirito federalista di Ventotene e “lo slancio pioneristico dei Padri Fondatori, che seppero porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo ed eguaglianza”; una esortazione che ancora oggi fatica a farsi strada nella consapevolezza degli europei.
E ci piace anche ricordare l’appello al Consiglio Europeo perché si decidesse a discutere la riforma del Regolamento di Dublino che, su proposta dell’eurodeputata liberale svedese Cecilia Vikstrom, l’Europarlamento aveva già approvato nel 2017 a stragrande maggioranza, con l’ovvio voto contrario dei paesi di Visegrad e, purtroppo, anche senza il consenso dei partiti italiani che sugli effetti di quel Regolamento hanno nel tempo costruito una parte delle loro fortune elettorali“. Così in una nota Enzo Palumbo e Marco Montecchi, presidente e segretario di Democrazia Liberale.
“Un appello lungimirante di Sassoli che è rimasto purtroppo inascoltato e che tuttora costringe i paesi di primo ingresso, e in particolare l’Italia, a registrare i richiedenti asilo, che vanno certamente accolti per prescrizione costituzionale e poi integrati nella società, ma anche a farsi carico di tutti i migranti economici, che, senza le rigidità di quel Regolamento, andrebbero ricollocati nei vari paesi dell’UE, e che invece finiscono per generare quell’imponente presenza di clandestini che tutti i governi italiani hanno sinora finto di ignorare”, concludono Palumbo e Montecchi.