Quirinale: Montecchi e Palumbo, ormai è uno spareggio tra Casini e Draghi, prima si chiude e meglio è!
Siccome non siamo (ancora) in Parlamento, e quindi non possiamo favorire o danneggiare alcun candidato presidente, ci permettiamo di dire la nostra, visto che ormai la partita è sostanzialmente ristretta a due nomi, Casini e Draghi, in ordine alfabetico e non solo.
La riflessione che abbiamo fatto è di estrema semplicità.
L’elezione di Casini, se conseguita col concorso di una larga maggioranza, più o meno coincidente con quella che oggi sostiene l’esecutivo, come ha auspicato lo stesso Draghi, non comporterebbe alcuna conseguenza negativa per il governo del Paese, la cui continuità è ciò che oggi serve agli italiani per continuare a fronteggiare l’emergenza sanitaria e per proseguire nell’attuazione del PNRR, utilizzando tempestivamente i fondi che l’UE ci ha messo a disposizione.
L’elezione di Draghi comporterebbe invece la necessità di un nuovo governo, che dovrebbe essere necessariamente politico e che tuttavia appare impossibile cogli attuali equilibri parlamentari, mentre sarebbe devastante se le due cariche apicali fossero entrambe ricoperte da tecnici, instaurando una sorta di semipresidenzialismo di fatto e dando la fondata sensazione di un Paese commissariato e incapace di darsi un minimo di guida politica.
Insomma, l’elezione di Casini, che per altro ha tutti i requisiti del ruolo, risolve un problema e non ne crea alcuno, mentre l’elezione di Draghi, mentre risolve un problema, ne crea tanti altri; e ci rifiutiamo di credere che possa essere proprio lui a crearli in caso di mancata elezione, vanificando i meriti acquisiti sul campo per ciò che ha fatto da governatore della BCE e per il ruolo di premier che oggi meritoriamente ricopre.
Tutto il resto appartiene al gioco dei piccoli interessi di partito, tra chi vuole intestarsi una soluzione quale che sia, per vantarsi di esserne uscito vincitore o almeno non perdente, e chi vuole che la confusione aumenti sino a rendere inevitabili le elezioni anticipate, che è l’ultima delle cose di cui abbiamo oggi bisogno.