PRIMI PASSI DEL GOVERNO SUL PIANETA GIUSTIZIA
di Giuseppe Gullo
Le questioni che attengono al mondo inquieto, multiforme e incandescente della Giustizia si confermano la cartina di tornasole della qualità e della capacità del Governo. Molti di noi, sebbene d’idee diverse dalla destra al Governo, hanno sperato che la scelta di Nordio come Ministro Guardasigilli rappresentasse una svolta rispetto alle ultime esperienze. Quella timida e incerta della Cartabia e quella disastrosa e giustizialista di Bonafede. Dobbiamo purtroppo ricrederci subito! I primi atti del Governo sono di segno opposto rispetto a quello che ci aspettavamo e confermano la tendenza a procedere in un settore delicatissimo con molta approssimazione e superficialità.
Mi sono già occupato del decreto legge n. 162-2022, che contiene l’art. 5 c.d. “anti rave”, concepito male e scritto peggio, che avrà fortunatamente, si spera, vita breve e ingloriosa. Il Governo però non si è limitato a occuparsi di questo fenomeno giovanile, ma con lo stesso Decreto è intervenuto in altri due settori, e in termini molto criticabili. Uno riguarda il c. d. “ergastolo ostativo”, che interviene proprio alla scadenza del termine dell’8 novembre fissato dalla Consulta per colmare il vuoto formatosi dopo la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una parte della normativa che regola i benefici concessi ai collaboratori di Giustizia sottoposti al carcere duro a seguito di condanna per reati di mafia. Il ricorso alla decretazione d’urgenza era giustificato dall’imminente scadenza del termine concesso dalla Corte, ma è il contenuto delle norme a essere molto discutibile. La Consulta, con le ordinanze 97 del 2021 e 122 del 2022, ha ritenuto come potenzialmente sussistente un contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, dell’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui esclude che il condannato all’ergastolo ostativo, che non abbia collaborato, possa essere ammesso alla fruizione di permessi premio.
Il Governo, per evitare il vuoto legislativo, ha emanato appena in tempo il decreto legge 162-2022 nel quale si prevede che, ai fini della concessione dei benefici, non è sufficiente la sola buona condotta carceraria ma è necessario, oltre al risarcimento dei danni, la prova che escluda l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata ovvero il rischio del ripristino di contatti anche attraverso terze persone.
La Corte Costituzionale ne ha preso atto e ha restituito alla Cassazione, giudice remittente “cui spetta verificare gli effetti della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, nonché procedere a una nuova valutazione della loro non manifesta infondatezza”.
E tuttavia, mi chiedo: è concretamente possibile l’acquisizione della prova richiesta dalla nuova normativa? Chi ha un minimo di dimestichezza con questa materia lo ritiene oggettivamente impossibile, sicché la concessione del beneficio diventa praticamente impossibile con l’ovvia conseguenza che le osservazioni critiche della Consulta che hanno dato origine alla declaratoria di incostituzionalità sembrano ancora valide. Qualcuno avanza il sospetto che vi sarebbe, in una parte importante della destra al Governo, l’idea di abrogare o modificare l’art. 27 della Carta in modo da avere le mani libere per inasprire il regime carcerario già molto duro e lontano dall’obiettivo della rieducazione prescritto dalla Costituzione. Altro che garantismo! Sarebbe piuttosto una sorta di ritorno al medioevo giuridico.
Il Governo ha inoltre spostato a fine anno l’entrata in vigore della riforma del processo penale approvata dal precedente Parlamento. Si comprende il differimento per la parte relativa alle norme che avrebbero potuto creare problemi organizzativi alle procure, ma è del tutto ingiustificato il rinvio che riguarda l’introduzione di norme che prevedono la facoltà del giudice della cognizione di applicare forme alternative al carcere per l’espiazione della pena con la riduzione conseguente della detenzione in carcere.
Confesso che le dichiarazioni molte volte ribadite durante la campagna elettorale dal nuovo Guardasigilli avevano fatto sperare che si intendesse percorrere un strada di discontinuità rispetto al passato, sia recente sia più lontano. Alla prima occasione utile i fatti hanno smentito le aspettative e adesso cresce forte il timore che le promesse di separazione della carriera dei magistrati e di riforma incisiva del CSM possano restare semplici enunciazioni di principio, pronunciate al solo fine di indossare le vesti garantiste, che tuttavia hanno bisogno di sostanza e non di apparenza.
Il film è iniziato con scene girate male e interpretate peggio. Migliorerà nel suo svolgimento? Bisogna augurarselo, sebbene le premesse siano di segno contrario.