MOVIMENTI POLITICI EFFIMERI, MA FORZA ITALIA SEMBRA  FARE ECCEZIONE

MOVIMENTI POLITICI EFFIMERI, MA FORZA ITALIA SEMBRA FARE ECCEZIONE

di Giuseppe Gullo

È banale pensarlo e scriverlo ma, ancora una volta, la realtà della politica stupisce. Non vi sono regole valide e applicabili a seconda di condizioni che ciascuno giudica analoghe ad altre che si sono realizzate anni o solo mesi prima e che hanno avuto un certo esito. A condizioni simili possono verificarsi effetti del tutto diversi. Si possono portare molti esempi a sostegno di questa affermazione, alcuni dei quali veramente clamorosi. Senza andare indietro di molti anni ed escludendo gli effetti di terremoti elettorali originati da fattori extra politici, si possono citare alcuni eventi significativi.
Nel 1946 il Fronte dell’Uomo Qualunque, creato da Giannini come espressione di un qualunquismo che sarebbe rimasto nella storia del nostro Paese, conseguì oltre un milione e duecentomila voti, il 5,27% e 30 deputati, e nel 1948 nel Blocco Nazionale al Senato il 5,40%. Dopo il movimento scomparve. Il Partito Radicale nel 1979 alle politiche e successivamente alle Europee prese oltre un milione e duecentomila voti e quasi il 4%. Fu presente nella scena politica nazionale fino a quando il suo leader, Pannella, visse e fu in condizione di portare avanti le battaglie referendarie principalmente sui diritti civili. Con la sua morte, pur mantenendo un’apprezzabile presenza sui media, non ha più avuto risultati elettorali apprezzabili. L’Italia dei Valori, fondata da Di Pietro sull’onda della notorietà avuta come PM dell’inchiesta c.d. Mani Pulite, nel 2001 e nel 2008 ottenne oltre un milione e mezzo di voti e il 4% per poi scomparire col declino della popolarità del suo fondatore. Il fenomeno 5stelle è in parte diverso, sebbene l’andamento elettorale dopo l’esplosione del 2018 lasci immaginare un declino in qualche modo analogo.
Rispetto a questi precedenti e ad altri che hanno dimensione locale e sono quindi meno importanti e significativi, Forza Italia rappresenta un’anomalia. Il Belpaese ha tantissime ed eccezionali qualità insieme a peculiarità che difficilmente si trovano fuori dai suoi confini. Berlusconi è stato dal 1994 l’incubo e il demone della sinistra. Per la sinistra ha impersonato tutti i mali possibili e immaginabili, quanto di più abietto, corrotto, infetto e malsano fosse possibile immaginare. Non è stato un avversario politico, ma il coacervo di ogni fatto negativo. Sul fronte opposto, è stato il mito di coloro che ammiravano l’uomo di successo, il grande imprenditore, il seduttore seriale, l’uomo vincente che trasformava in oro ciò che toccava. La piccola fascia dei non tifosi non poteva che prendere atto della sua capacità di attrarre il consenso cercando di dargli un contenuto di dignità politica definendosi liberale e propugnatore di idee liberaldemocratiche in gran parte non realizzate.
Fatto è che il suo Partito, secondo tutti gli osservatori, era destinato a seguire la parabola del suo fondatore e dominus e a scomparire con la sua morte.
In trent’anni di attività politica di FI a nessuno era stato consentito di assumere il ruolo di Delfino. Il Cavaliere, come Crono del secolo XX, nel momento in cui vi era qualcuno che emergeva o cercava di farlo, provvedeva ad eliminarlo dalla scena politica. Avvenne con Fini, che politicamente non era certo l’ultimo venuto e che aveva traghettato il Movimento Sociale Italiano, mentore Berlusconi, verso sponde democratiche. Con molta più facilità lo fece con Alfano, che sembrò per qualche tempo l’enfant prodige della classe politica italiana tanto da pensare di mettersi in proprio per poi scomparire dalla scena politica. Perfino il prof. Tremonti, sicuramente l’esponente più solido culturalmente di quella stagione, non è sfuggito alla regola non scritta, pur essendo ancora presente e attivo come Presidente della Commissione Esteri della Camera in quota FdI e, forse, destinato ad un ruolo importante nel prossimo Governo della UE.
Scomparso il cavaliere nel 2023, il destino di FI sembrava segnato. Tutti i commentatori si sforzavano di individuare l’approdo dell’elettorato azzurro sul presupposto che esso dovesse abbondonare la nave senza più nocchiero. Peraltro il leader designato, l’attuale Ministro degli esteri, sembrava, a tutti o quasi, talmente grigio, anonimo e poco comunicativo da essere considerato un liquidatore del Partito. In realtà, a ben pensarci, non avrebbe potuto definirsi partito un movimento che del modo tradizionale di essere organizzatore del consenso non aveva nulla o quasi. Dopo il primo periodo seguito al successo clamoroso del 1994, nel quale i maggiorenti cercarono di darsi un’organizzazione basata su circoli territoriali, ben presto il dato caratterizzante tornò ad essere la fluidità. Spesso in una città grande o piccola, in una provincia e perfino in una regione non era facile avere certezza degli interlocutori attendibili che potessero rappresentare con credibilità e autorevolezza il movimento. Molto spesso vi era una identificazione con gli eletti ma nessuna organizzazione interna né territoriale.
Sembrava a tutti che le condizioni non potessero sortire che un unico risultato: la fine del movimento-partito con il quale il Cavaliere aveva lasciato, nel bene e nel male, un’impronta negli ultimi trent’anni della politica nazionale. Alle elezioni politiche del 2022, nella coalizione vincente, FI prende oltre 2 milioni e duecentomila voti e più dell’8%, alle regionali della Lombardia, vivente il Cavaliere, prende poco più del 7%. Risultato modesto se si tiene conto che il voto riguardava la Regione in cui ha operato tutta la vita il leader maximo e in cui è nato e si è rafforzato il suo “mito”. Poi, nel giugno 2023 muore Berlusconi e FI sembra attraversata da sommovimenti incontrollabili. Molti giornali preannunciano esodi clamorosi in tutte le direzioni. Dopo un breve periodo di incertezza e la convocazione di un congresso straordinario nel quale Tajani ottiene l’investitura di leader, alle prime scadenze elettorali di rilievo mantiene la sua rappresentanza in Sardegna, nonostante la sconfitta del candidato di FdI e aumenta di 4 punti in Abruzzo contribuendo in misura notevole alla riconferma dell’uscente Marsilio. In Basilicata il presidente uscente, proveniente dalle sue fila, sembra avere il vento in poppa ,mentre tutti i sondaggi confermano un trend positivo a livello nazionale che potrebbe portare FI al secondo posto della coalizione, ricacciando la Lega al terzo.
Tutto questo ha una spiegazione? È l’onda lunga dell’affezione elettorale al Defunto? O piuttosto, la mancanza di alternative politiche al centro dello schieramento politico? Lo vedremo presto. La scadenza elettorale europea sarà una cartina di tornasole anche in tal senso.

 

Fonte Foto: FlickrEuropean People’s PartyCC BY 2.0 Deed

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