MELONI CONTRO VON DER LEYEN. È PROPRIO COSÌ?!
di Giuseppe Gullo
La trattativa tra la rieletta Presidente della Commissione europea e la Presidente del Consiglio italiana, leader dei Conservatori Europei, si è conclusa con un’evidente sconfitta di quest’ultima. È normale che in casi del genere si faccia riferimento al rispetto del principio della collaborazione istituzionale, ma lo strappo che si è consumato è profondo e foriero di effetti non positivi per il Belpaese. Il fatto che dalla maggioranza che ha rinnovato la sua fiducia nella Von der Leyen si sia per sua scelta estromesso il terzo Paese della comunità per popolazione e PIL, oltre che fondatore dell’UE, non è soltanto un inedito assoluto quanto la certificazione di una rovinosa caduta di influenza dell’Italia nelle Istituzioni di Bruxelles.
In verità i comportamenti della nostra Presidente del Consiglio nei confronti della Presidente della Commissione, fin dall’insediamento in Italia del Governo di destra, avevano fatto pensare che vi fossero concrete possibilità di una convergenza di FdI e forse anche di ECR con la maggioranza formata da PPE, PSE e liberali. Era sembrato a tutti che si fosse creata, se non una sintonia, quanto meno un dialogo positivo tra le due esponenti tale da costituire una buona premessa per future e stabili intese. Così non è stato e la situazione è sicuramente sfuggita di mano alla nostra Presidente che alla fine, e con qualche sospettabile ritardo, ha dovuto votare – o almeno dire di avere votato – contro la rielezione della candidata del PPE facendo ricorso ad un principio di coerenza politica. Senza sminuire l’importanza dei principi per i quali vale sempre il criterio della valutazione soggettiva, il dato di fatto è che l’Italia è rappresentata nella maggioranza europea dal PD, e anche dai Verdi, di AVS, il cui gruppo ha sostenuto all’ultimo momento la Von der Leyen in forza della promessa di portare avanti la transizione verde sulla quale nessuno o quasi è contrario.
Con tutto il rispetto e la collaborazione istituzionale possibili, non fare parte della maggioranza e non avere votato la Presidente avrà conseguenze negative non lievi per il nostro Paese. Le “regole” non scritte della politica sono uguali ovunque, a Roma come a Bruxelles, a Parigi come a Berlino. Il Commissario UE espresso dal Governo italiano, con un gruppo di riferimento nel Parlamento europeo che fa parte dell’opposizione, non potrà avere la stessa audience e lo stesso peso del collega del PSE o del PPE. È un dato fisiologico della politica rispetto al quale possono essere avanzate obiezioni e riserve ma che non potrà cancellare il fatto che una richiesta o una proposta o quel che sia provengono da chi ha votato contro l’autorità che deve decidere. Vendette e/o ritorsioni? Non necessariamente, quanto piuttosto strade accidentate e percorsi con pendenze più elevate. È una battuta d’arresto molto pesante che relega il maggior partito italiano accanto ai “Patrioti” di Orban e alle formazioni dichiaratamente antisistema, in una compagnia rumorosa e agguerrita ben decisa a rendere difficile l’attività dell”esecutivo su alcune questioni come l’immigrazione, sulle quali siamo particolarmente esposti e avremmo necessità di avere il sostegno e la solidarietà dell’Europa.
Il voto di Strasburgo ha chiuso la prima fase del Governo Meloni. Si apre ora un periodo diverso che il Governo dovrà affrontare in una posizione di maggiore debolezza e con un’opposizione ringalluzzita dal risultato della trattativa per l’elezione del Presidente che l’ha vista ottenere il duplice risultato di essere in maggioranza e di avere all’opposizione due Partiti su tre (FdI e Lega) della coalizione che governa l’Italia. Per PD e AVS un risultato insperato, mentre i 5S in evidente stato confusionale si sono anch’essi autoesclusi dai giochi. Molte partite politiche si sono invece riaperte e le carte sono solo in parte in mano al Governo in carica.
E tutto questo ragionando secondo schemi trasparenti, nei quali i partiti che formano la maggioranza sono leali nei confronti del candidato da loro stessi designato, e quelli che sono all’opposizione lo sono del pari nel votargli contro. Spesso non è così e gli esempi che lo confermano sono molti in tutte le assemblee nelle quali la segretezza del voto copre facilmente accordi sotterranei talvolta inconfessabili o tali da rappresentare una sorta di assicurazione contro il fenomeno dei franchi tiratori che, come abbiamo potuto verificare anche in occasione della votazione di Strasburgo, sono un fenomeno universale.
Il Divo Giulio, con una battuta che fa parte del lessico politico storico, diceva che ” a pensar male si fa peccato ma spesso si azzecca”. Vedremo molto presto quali saranno le nomine dei Commissari europei e le deleghe che saranno assegnate. Il quadro sarà in quel momento più chiaro e tale da illuminare anche probabili zone d’ombra che oggi sembrano impenetrabili e che potrebbero all’improvviso fare emergere contorni precisi di operazioni “sotto copertura”.
Fantasie? Chissà!?
Fonte Foto: Wikimedia Commons – Audiovisual Service – CC BY 4.0 Deed