MATTARELLA, ORMAI UNICO DIFENSORE DELL’UNITÀ D’ITALIA
di Giuseppe Gullo
Probabilmente l’attacco alla diligenza è già incominciato o almeno è in atto un serio tentativo di programmarlo in modo tale da raggiungere l’obiettivo di prendere in mano le briglia del comando modificando le regole del gioco. La testa di ponte è la c. d. autonomia differenziata, che altro non è se non la formale dichiarazione dell’esistenza di due realtà all’interno di un Paese non più unitario. Se l’opposizione parlamentare e quella sociale non si mobiliteranno utilizzando tutti gli strumenti della Democrazia contro questo ddl, il muro di contenimento cederà e attraverso la falla che si aprirà potranno riversarsi sulle nostre Istituzioni, e in primis sulla Costituzione, venti di restaurazione per nulla tranquillizzanti.
Intendiamoci non è in corso un assedio e gli argini sono solidi e ben presidiati, ma avvertire la direzione del vento e prevedere le possibili tempeste è regola antica e saggia del buon nocchiero.
Il Governo è determinato a cercare di modificare alcuni capisaldi della nostra Costituzione ed è più unito di quanto sembri. I due maggiori partiti della coalizione sono concordi nel perseguire l’obiettivo dell’autonomia differenziata, mentre Forza Italia non ha la forza e l’incisività per opporsi con l’intento di renderla accettabile alle popolazioni meridionali. La Lega pensa di recuperare l’elettorato settentrionale che l’ha abbandonata mentre FdI, che ha incassato la vittoria con largo margine nel Lazio, conta di consolidare il ruolo di primo partito e forza motrice del Governo.
Il meccanismo previsto dal Costituente per la revisione della Carta richiede maggioranze solide e ampie per evitare il ricorso al referendum confermativo, difficile potere ottenere per la sola attuale maggioranza, e questo rappresenta già un serio sbarramento difficilmente superabile. Tuttavia non è sufficiente se non è accompagnato da proposte politiche serie e convincenti che siano a un tempo tali da contemperare le aspettative delle regioni più ricche e quelle del mezzogiorno e delle aree economicamente meno sviluppate. È necessario riaffermare e realizzare il principio fondante di qualunque Democrazia, e cioè che l’obiettivo comune da raggiungere è un miglioramento generalizzato della qualità della vita di tutti i cittadini attraverso politiche integrate e solidaristiche. Non è affatto facile, e non lo è mai stato, ma è indispensabile in quanto la politica dei no è fine a sé stessa e alla lunga perdente se non è accompagnata da contributi di idee e di proposte.
In questa prospettiva bisogna prendere atto che la revisione del titolo V della Carta è stata fatta male e costituisce una bomba ad orologeria la cui deflagrazione può causare danni molto gravi, come sta già accadendo, ed è stato osservato opportunamente che non è possibile estendere l’autonomia di alcune regioni a materie il cui contenuto è devoluto, per la loro stessa natura, al Governo centrale, come il commercio con l’estero, le reti energetiche, la tutela dei diritti fondamentali in tema di salute, scuola, lavoro.
L’elenco contenuto nel ddl Calderoli prevede ben 23 materie che le regioni possono chiedere di potere gestire in totale autonomia finendo per configurarsi come un reale contropotere antagonista rispetto a quello centrale. Allo stesso modo i LEP, livelli essenziali delle prestazioni, sono enunciati ma non determinati, per cui ogni Regione potrebbe procedere a suo piacimento con conseguenti marcate differenze tra l’una e l’altra, in termini che aumenterebbero notevolmente il divario tra le diverse regioni a tutto detrimento di quelle meridionali. Per non dire poi del fatto che le risorse economiche per consentire concretamente la realizzazione dei LEP, essendo subordinate alle disponibilità di bilancio, sono nelle regioni meridionali a livelli così bassi da fare ragionevolmente prevedere, in mancanza di un meccanismo di riequilibrio, un aumento della distanza nella qualità dei servizi tra le regioni ricche del centro-nord e quelle meno ricche del sud.
Credo che il Presidente della Repubblica Mattarella abbia colto il pericolo insito in un tale stravolgimento dei principi della Costituzione e stia utilizzando il credito e il prestigio che ha giustamente guadagnato nell’opinione pubblica per rendere più popolare l’Istituzione presidenziale e proporla come garante dell’Unità nazionale, che certo non può essere garantita da alcuna forma di presidenzialismo, che inevitabilmente finirebbe per appartenere a una parte, ma solo da un Presidente super partes come l’attuale.
Preferisco di interpretare in tal senso la partecipazione di Mattarella alla serata inaugurale della Scala di Milano, con 10 minuti di applausi della platea, e anche quella all’apertura del festival di Sanremo, parimenti gradita e applaudita. Si tratta di un nobile e apprezzabile intento, che è in piena sintonia con la figura del Capo dello Stato come custode e interprete dello spirito della Costituzione Repubblicana.
E’ in gioco l’unità stessa della Nazione che va preservata come un bene preziosissimo e intangibile.