MANIFESTO di BARI 2 Dicembre 2023
PREMESSA
Comincia, qui da Bari, un entusiastico percorso per ritrovare e riunire tutti coloro che hanno militato per l’affermazione del liberalismo dove la libertà di ciascuno, e di tutti, è il bene primario; dove esistono diritti fondamentali e inalienabili; dove uno Stato è organico e coordinato ma leggero; dove c’è libera Chiesa in libero Stato; dove la proprietà privata è il giusto coronamento di una vita di tenace e legittimo lavoro.
Oggi, la dispersione dei cultori delle idee liberali è quanto mai accentuata così, come sono, condensati in piccoli gruppi senza capacità di influenzare la politica. Il liberalismo “politico” ha avuto una storia travagliata, disseminata di unioni e secessioni, di costituzioni e scioglimenti.
Ma è il liberalismo “filosofico e ideale” che ci ha tenuti uniti perché è quello di cui non possiamo liberarci mai.
Però, non ci limitiamo: vogliamo anche riunire e cooptare chi, incuriosito, vuole addentrarsi in un mondo innovativo per scoprirne la valenza.
In fondo, noi crediamo che le radici della nostra civiltà siano liberali.
Il Convegno di Bari, del 2 dicembre 2023, ha tre significati che appaiono essere indipendenti, ma sono, invece, fortemente integrati.
Il primo è certificare una volontà ferrea di costruire un aggregato politico, espressione del mondo di ispirazione liberale, coeso e sinergico, per prospettare un Disegno, socio politico di crescita economica e sviluppo sociale, armonico integrato e fattibile. Oggi, le associazioni, qui convenute e organizzatrici, testimoniano questa volontà ponendo la “prima pietra”.
Il secondo è quello di contribuire, fattivamente e costruttivamente, all’obiettivo di una reale “Europa Unita dei Popoli”, di cui l’Italia fa parte, che sia protagonista, nevralgica ed essenziale, anche in uno scenario globale.
Il terzo è quello di valorizzare, in Europa, il timbro del Mediterraneo e del Mezzogiorno, in generale delle aree disagiate, per troppo tempo rimasto conservato nel cassetto della politica.
IL FOCUS CONCETTUALE
La crisi del sistema partitico, di tutta evidenza, trae origine dalla incapacità dei modelli ideologici dei secoli scorsi, di interpretare e prevedere le accelerate dinamiche della società civile stretta, oggi, fra la ineludibile globalizzazione e l’ansia di un rifugio identitario.
Ciò ha effetti catastrofici e concatenati.
La perdita della stella polare di riferimento, cui provvedevano le ideologie, ricade immediatamente sulla progettualità di una visione prospettica e impedisce la formulazione di strategie sociopolitiche: ci si rifugia, quindi, in tattiche populistiche che hanno il sapore di promesse impossibili a mantenersi; hanno il sapore della ricerca del consenso personale e, a seguire, del voto di scambio, della “politica di relazione”, della dissoluzione dell’Etica, dello smarrimento della Morale.
In queste condizioni, se da un lato il cittadino perde il paradigma vitale ed entra in uno stato di disagio e frustrazione, privo di futuro, padre dello astensionismo, deprimente la fertilità; dall’altro la legislazione procede, a vista, con interventi da “pezze a colore” che irrobustiscono una asfissiante e confusionaria burocrazia. Questa costituisce una sorta di armatura che irretisce sia la politica, ormai incapace di districarsene, sia la comunità dei cittadini.
Tutto ciò si riduce, in guisa di dittatura, alla negazione di gradi di libertà nonostante il profluvio di fallaci diritti civili e di benefici equivalenti a lame “a doppio taglio”.
Le “pezze a colore”, inoltre, ben gestite dalle lobbies, devastano la economia reale e il tessuto produttivo, spegnendo ogni scintilla di rinascita e producendo conflitti artificiali, discriminazioni e divari sociali ed economici sempre più marcati.
In questo scenario proliferano sempre più numerose aree del dissenso e dei movimenti di protesta mentre si accentua lo scollamento fra la autoreferenziale enclave politica e la società socio economica.
In questo senso si pone, in Italia, la irricevibile questione dell’uscita dalla Unione Europea, declinata come maligna.
E’ di tutta evidenza che la soluzione non possa che essere la “Europa Unita dei Popoli”.
Ma, se questo è l’obiettivo, tutti noi siamo consapevoli che la gestazione d’esso riveste oggi carattere d’urgenza alla luce delle sfide globali; ma siamo anche consapevoli che l’iter sarà impegnativo e faticoso.
E’ in questo senso che l’idealità liberale potrà dare riferimenti sicuri per una agevole rotta verso una armonica crescita economica ed un confortevole sviluppo sociale capaci di offrire una prospettiva fattibile per un futuro credibile.
Perché il liberalismo e il mondo che lo rappresenta possa contribuire fattivamente e costruttivamente al raggiungimento dell’Europa dei Popoli è necessaria la coesione e la sinergia fra tutti i rami di ispirazione liberale di tutti i Paesi membri che, per diventare realmente incisivi, debbono acquisire credibilità con il cominciare a mettere ordine a casa propria.
Senza Europa non c’è Italia, ma senza Italia non c’è Europa.
Questa è la visione e l’ambizione dell’aggregato delle formazioni organizzatrici di questo Convegno di Bari del 2 dicembre;
La domanda, quindi, è cosa fare per “riordinare” questo scenario?
Ecco la sfida globale che il liberalismo del XXI secolo deve affrontare lì dove le ideologie dei secoli scorsi falliscono perché obsolete.
E’ necessario guardare con occhi diversi, con paradigmi diversi e con prospettiva innovativa il panorama attuale.
Oggi, qui, cercheremo di piantare un seme e di cercare di rispondere alle tante domande che emergono e prima fra tutte:
“la visione liberale dell’Europa. Quali politiche per l’area mediterranea e per il mezzogiorno d’Italia”.
PERCHE’ L’EUROPA
Crediamo sia chiaro che questo convegno ha il focus nella “Europa”, o meglio, in particolare, quale ruolo possa e debba avere il liberalismo, in Italia, nella politica nazionale; in Europa, nella politica continentale; nel mondo, nella politica internazionale e globale.
E’ di tutta evidenza che il liberalismo non avrà alcun ruolo se le numerose isolette di ispirazione liberale non trovano il coraggio di superare la inutile ed energivora frammentazione, di dotarsi di determinazione e tenacia per riempire i bracci di mare che le dividono ed isolano, di rispondere al detto popolare, da tutti conosciuto e sempre disatteso, che è: “L’unione fa la forza”.
Ma, prima di entrare nel vivo del dibattito e delle relazioni, dobbiamo farci la domanda “Perché l’Europa?”.
E’ una domanda che si potrebbe analogamente fare per la frammentazione liberale citata.
La risposta già l’abbiamo: Perché l’Unione fa la Forza. Perché si fa Unione quando le radici sono storiche e coerenti.
E come lì (nella frammentazione liberale che è energivora e porta alla insignificanza delle singole azioni politiche), anche qui (nella frammentazione d’Europa) i singoli Paesi europei contano, nello scenario globale, nulla o quasi.
Vi sembra mai possibile che, sia in tempi di pace che in quelli di crisi, si deve assistere alla processione dei leader europei che si presentano da singoli e sparpagliati, senza una voce comune?
Se così si soddisfa la propria vanità, cosa mai penseranno gli interlocutori? Certamente, saranno indotti a strumentalizzare, come loro punto di forza, quello che è il punto di debolezza europea, addirittura promuovendone la ulteriore divisione.
Inoltre, se l’unione fa la forza, con chi dovrebbe unirsi il nostro Paese se non con chi ha una Storia comune, una civiltà condivisa, giacimenti culturali che testimoniano un passato condiviso?
E qui ci riferiamo anche alla dimensione greco latina, a quella nord africana, a quella medio orientale che hanno fatto grande la nostra ricchezza intellettuale.
Ecco che Europa Si/ Europa No è un dilemma che non esiste nella concretezza ma solo nelle diatribe elettorali e nelle accuse reciproche.
E’, questa, una visione politica che non confligge con l’“autonomia” che, solo se “assoluta”, impedisce ogni alleanza, significa chiudersi in sé, condanna alla alla insignificanza, è antistorica perché siamo ineludibilmente e strettamente intrecciati con altri popoli in un panorama dinamico e sempre più competitivo.
Ebbene, cancelliamo le vacuità e dedichiamo la nostra attenzione sui temi reali che sono di interesse comune e di evidenti priorità.
L’Europa Unita dei Popoli è sempre stato, nei tempi, il pensiero pragmatico e lungimirante del Liberalismo; ma non solo pensiero, anche coerente azione politica.
Un esempio è stata la conferenza di Messina (1/3 giugno 1955) dei ministri della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), voluta per accelerare il processo di integrazione europea. Cominciata molto male, perché l’integrazione tutti la vogliono ma è difficilissimo realizzare, produsse l’esaltante “Risoluzione di Messina” che avviò l’Euratom (Comunità europea per l’energia atomica) e pose le basi per i Trattati di Roma (del 1957) dove nacquero il MEC (Mercato comune europeo della libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali), la CEE (Comunità Economica Europea) e, infine, fu sparso dil seme per l’EU (Europa Unita).
Ciò fu il risultato della preziosa, tenace e testarda attività di Gaetano Martino, italiano, liberale e ministro degli esteri della Repubblica Italiana, lungimirante Presidente del Parlamento Europeo, il cui obiettivo primario era l’integrazione europea.
Martino fu anche il precursore dei programmi quadro di ricerca e di sviluppo tecnologico per impedire la fuga di cervelli verso lidi extra europei: aveva ben chiari quali fossero quali fattori di crescita uniscono in sinergia.
E’ fuori dubbio che il processo di integrazione europeo, cominciato a Messina, aveva caratteristiche soprattutto di natura prettamente economica.
Ma Gaetano Martino non cessò mai di integrare le proprie tradizioni e le proprie identità con i principi di una civiltà comune.
La sintesi del suo pensiero, sulla scia dei “padri fondatori”, era che l’Europa non avrebbe dovuto essere soltanto una agorà di cumulo di interessi ma, anche e soprattutto, uno strumento coeso per realizzare l’unità dei popoli liberi e delle libertà individuali, della democrazia, dello Stato di diritto, della società civile.
Questa sintesi fu per lui naturale: era un liberale.
Non possiamo forse, ora, sostenere che il liberalismo italiano è stato uno dei fondatori dell’Europa?
Certo, esistono in Europa questioni aperte:
Questioni del passato che vanno riviste e perfezionate alla luce dei nuovi scenari socio economici politici;
Questioni mai affrontate e che oggi sono divenute ineludibili;
Questioni nuove di necessaria attenzione;
Questioni strategiche di innovativa visione.
Qui vogliamo ricordarne alcune, certamente non esaustive:
- Nuovi meccanismi di revisione economica;
- Disegno di crescita economica e sviluppo sociale;
- Politiche di Economia sociale;
- Politiche della Difesa europea;
- Strategie per l’immigrazione;
- Schengen e la libera circolazione delle persone;
- L’approccio al Mes (Meccanismo europeo di Stabilità).
Il cammino è ancora molto lungo verso una integrazione di Stati Uniti d’Europa, in una ottica identitaria europea.
Il liberalismo è l’arma più adatta per focalizzare le questioni e per proporre fattibili soluzioni.
Perché il liberalismo è una idealità, non già una ideologia che, per sua caratteristica, è costrittiva del pensiero e dell’azione.
L’AGENDA DEGLI INTERVENTI
Tomo 1
La sfida dell’Europa della Libertà nella visione di Antonio Martino; l’Europa incompiuta dalla Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.
Tomo 2
La visione possibile del monetarismo europeo e dell’EuroSystem (differenze da FED?); Euro moneta internazionale? Superamento di Maastricht.
Tomo 3
L’economia della crescita economica e dello sviluppo sociale; austerity vs flessibilità.
Tomo 4
Il Mezzogiorno d’Italia e le aree svantaggiate. Politiche di prospettive nel contesto del Mediterraneo e del continente Africa.
Tomo 5
L’immigrazione e le tematiche dei confini; Identità e Sovranità
Tomo 6
L’Europa della Innovazione, della Ricerca Fondamentale e Applicata, della Cultura e della Civiltà, delle Transizioni ecologiche, ambientali, digitali.
Tomo 7
L’Europa dei Popoli, della Libertà, della competenza, della managerialità, della integrazione, madre della solidarietà comunitaria.
Tomo 8
Nello scenario di globalizzazione e di disordine: La sicurezza, la difesa, la politica internazionale fattore di equilibrio globale.