L’ITALIA DINANZI ALLE SFIDE EUROPEE, MA SEMBRA CHE NON SE NE CURI
di Giuseppe Gullo
La scadenza sempre più vicina delle elezioni europee fa emergere seppure con tutte le cautele e la riservatezza del caso, le posizioni e le possibili candidature ai posti più prestigiosi e importanti. Per quanto riguarda l’Italia sembra che la proposta del Presidente francese Macron di affidare a Draghi la guida della Commissione non vada avanti. Pare, invece, che l’ex Presidente della BCE possa essere proposto come Presidente del Consiglio europeo, carica di grande prestigio sebbene concepita con poteri non operativi ma solo d’indirizzo. Questo cambiamento potrebbe essere stato determinato dal crescente consenso intorno alla proposta, ufficializzata in questi giorni, per un secondo mandato della Von der Leyen, gradita anche al Governo italiano. Draghi potrebbe assumere l’altra posizione di vertice, per tanti aspetti più consona alla sua figura istituzionale e all’incarico ricevuto di predisporre un piano di sviluppo strategico dell’Unione. Certo è che sta lavorando su un programma di vasto respiro nella logica di rafforzare l’integrazione tra gli Stati dell’Unione e di privilegiare alcuni settori specifici, politica estera, difesa e fiscalità, che sono stati gli anelli deboli della politica europea.
La novità italiana nel panorama continentale è l’incarico a Enrico Letta di formulare una proposta in materia di mercato, con specifico riguardo alla questione di quello del lavoro e alla c.d. fuga dei cervelli. Se le cose hanno un senso, ciò significa che l’ex Presidente del Consiglio e già Segretario del PD viene candidato dal fronte progressista a ricoprire l’incarico di Commissario nel futuro esecutivo UE. È chiaro che il passaggio elettorale sarà determinante al fine di dare concretezza a ipotesi di lavoro che sono al momento solo tali. Il risultato del PD, in primo luogo, e ovviamente la maggioranza che si formerà a Strasburgo sono variabili determinanti al fine di consentire che le aspirazioni diventino realtà. È giusto tuttavia arrivare alle scadenze elettorali ben preparati e con le carte a posto. Nel caso di Letta, adesso non casualmente Presidente della Fondazione Delors, l’accreditamento europeo ha necessità di essere più diffuso e incisivo, essendo meno conosciuto di Draghi la cui figura ha già un ampio consenso.
Sul fronte opposto è di particolare interesse l’intervista rilasciata da Tremonti, Presidente della Commissione Esteri della Camera. Il prof. Tremonti è noto più come economista che come cultore di affari internazionali. Ricordiamo tutti gli anni in cui ha retto il Ministero dell’economia nei Governi Berlusconi, le previsioni, in parte esatte, sulla globalizzazione e sui suoi effetti, le proposte formulate tra cui gli euro bond che adesso vengono riprese e rilanciate. È sicuramente un candidato di alto livello per la futura Commissione, sempre che vi siano le condizioni politiche e di alleanza.
Vi è una riflessione introdotta dall’ex Ministro che merita particolare attenzione e riguarda le prospettive dell’Unione dopo la fine delle guerre in corso. È difficile parlarne in un momento in cui i due conflitti, che ci riguardano da vicino, sono in una fase caldissima nella quale si contano migliaia di morti, scontri violentissimi, atrocità e violenze di fronte alle quali tutte le grandi potenze sembrano incapaci di porre un freno. Eppure, il problema si pone e la sua soluzione è gravida di risposte diverse e in qualche misura contrastanti. Ha affermato Tremonti: “Paradossalmente, ma fatalmente, è oggi la guerra sui nostri confini che da ovest a est unirà e salderà l’Europa in una nuova entità politica e democratica, una nuova casa per stare insieme in nome di un comune superiore interesse. Anche solo l’idea di un disimpegno dell’America dalla Nato, dal fronte europeo imporrà necessariamente un nostro ripensamento sulla politica estera e sulla difesa comune. Oggi la Francia ha l’atomica e un seggio da membro permanente all’Onu. Dovrà essere l’Europa nel prossimo futuro ad avere questo ruolo».
Non è necessario tornare molto indietro nella storia italiana e europea per trovare esempi di fasi di grande impatto positivo che hanno fatto seguito a guerre sanguinose e distruttive. E’ avvenuto dopo le guerre risorgimentali dalle quali è nato lo Stato italiano, e dopo la seconda guerra mondiale che ha dato origine a un nuovo “ordine”, dal quale è scaturito il più lungo periodo di pace e prosperità del vecchio Continente, interrotto dall’aggressione russa all’Ucraina di due anni fa. Peraltro, grandi filosofi come Hegel e Heidegger e intellettuali e artisti di grande livello, Marinetti, Boccioni, Balla, Depero, hanno teorizzato la funzione catartica e purificatrice della guerra. Posizioni certamente difficili da condividere, ma che hanno una loro valenza nella storia dell’Europa.
Tremonti, più cautamente, sostiene che da fatti negativi possono nascere effetti positivi. Lo fa con riferimento alla possibilità di un nuovo ruolo dell’UE conseguente agli eventi bellici e alla mutata posizione degli Usa negli equilibri mondiali. V’è del vero in queste affermazioni a condizione che l’esito elettorale rafforzi in Europa l’area liberaldemocratica senza consentire un’eccessiva rappresentanza ai movimenti sovranisti o settoriali, espressione di interessi locali e circoscritti. Pericolo quest’ultimo ancora sussistente e che sembrava attrarre FdI. L’analisi del Presidente della Commissione esteri della Camera, esponente importante del partito della Presidente del Consiglio, sembra fugare questa preoccupazione. Oltre Oceano, invece, i tentativi di bloccare Trump per via giudiziaria falliscono il loro obiettivo e fanno correre il rischio di rafforzare la posizione dell’esponente repubblicano, vera e propria bomba vagante nello scenario mondiale.
Come si prepara a vivere la fase post-bellica l’Italia? Vi sono voci allarmate che sostengono che il Belpaese ha comunque perso i conflitti qualunque ne sia l’esito. “L’Italia sta perdendo la “guerra dei mondi” che non vuol sapere di star combattendo. Nemmeno se ne accorge, perché vive in un altro mondo. Il suo. Quello precedente al 24 febbraio 2022…” scrive Limes in un lungo editoriale, nel quale mette in evidenza l’inadeguatezza dei nostri Governi rispetto alla complessità dei problemi internazionali. Giudizio forse ingeneroso per chi è alla guida di un piccolo Paese la cui incidenza sullo scacchiere internazionale è necessariamente limitata e condizionata. Ciò che rileva è che la fase post-bellica è iniziata, e che la scadenza elettorale europea ne è un passaggio importante in vista del quale ciascuna forza politica mette in campo ciò di cui dispone: che non sembra molto!