L’ITALIA ALLE PRESE CON LA GESTIONE DEL PNRR

L’ITALIA ALLE PRESE CON LA GESTIONE DEL PNRR

di Giuseppe Gullo

I problemi legati alla gestione del PNRR sono molto più gravi del semplice ritardo nell’erogazione della rata di 16,5 miliardi. Un primo dato molto preoccupante è quello secondo cui a oggi la spesa dei fondi sarebbe del 10% rispetto al 70% della somma complessiva ripartita. Il restante 30% dell’intero importo sarebbe fermo nei meandri oscuri e impenetrabili dei ministeri.
Se questi dati sono esatti, l’eventualità di non fare in tempo è molto concreta, anche considerando il fatto che ben 45 miliardi dovranno essere spesi nel biennio 2024/25.
A fronte di questa situazione di difficoltà l’amministrazione centrale e, in misura minore, quelle periferiche hanno assunto oltre 1000 persone tra dirigenti, funzionari ed esperti. L’obiettivo è quello di potenziare la capacità operativa della macchina amministrativa, della cui scarsa efficienza vi è da decenni piena consapevolezza. Senza risultato, se la spesa effettiva è stata solo uno striminzito 10%. Non solo. In un decreto legge di sessanta pagine – il cui contenuto è stato definito incomprensibile da un giurista del livello del Prof Cassese – nel quale sono contenute misure che riguardano vari settori e provvedimenti di ogni genere, è prevista l’assunzione di ben 3600 dipendenti proprio per cercare di adeguare le strutture alle necessità del PNRR. I tempi però sono stretti e il ricorso all’ampliamento delle scadenze, se l’Europa dovesse concederlo, viene ritenuto assolutamente necessario. Il fatto è che nessuno crede che l’immissione di energie nuove e, si spera, competenti possa fare il miracolo di dare efficienza a una macchina ingrippata. Siamo destinati all’inefficienza e a non potere utilizzare enormi fondi per l’incapacità di rispettare tempi e procedure? Purtroppo è probabile.
Per evitare una simile disastrosa eventualità un ex ministro della funzione pubblica come Cassese, che sicuramente ha una conoscenza profonda della Pubblica Amministrazione, propone di semplificare le procedure sull’esempio del codice degli appalti che consentirà l’affidamento diretto dei lavori pubblici in oltre il 90% dei casi e il ricorso alle competenze dei Politecnici e degli studi privati per far fronte alle urgenze tecniche. Provvedimenti eccezionali per circostanze straordinarie su cui qualche riflessione deve essere fatta.
Il Belpaese oscilla tra una pletora normativa, che costituisce un’infinità di lacci e lacciuoli che sembrano fatti apposta per ritardare tutto, e l’eccesso opposto della discrezionalità assoluta, nella quale si possono annidare facilmente il malaffare e la corruzione. Il giusto equilibrio non abita e non alligna nella Penisola nella quale o tutto è complicato, sino al limite dell’impossibile, o è privo di verifiche e controlli, tanto da essere fluido e impalpabile.
Intanto si continua a legiferare con decreto omnibus di difficilissima interpretazione da parte di tutti a eccezione di un ristretto numero di “Mandarini”, che come accadeva nelle dinastie del Sol Levante, sono depositari del sapere e della conoscenza chiunque sia il momentaneo inquilino di Palazzo Chigi o del MEF.
Adesso la parte più avvertita del mondo imprenditoriale, per cercare di salvare i consistenti finanziamenti del piano, sposta il focus del problema. I ritardi non sono solo italiani ma di molti altri Paesi tra cui Francia e Spagna. Non è quindi una nostra carenza, è che il piano è stato redatto male e deve essere rivisto.
Le giustificazioni ex post sono generalmente poco veritiere, sebbene possano contenere una parte di fondatezza. Può anche accadere che un fronte agguerrito, a partire dalla Francia, ottenga un congruo rinvio. Siamo certi che in tal caso il Governo sarebbe pronto a fare interamente la sua parte nei nuovi termini? Sinceramente, ascoltando il Ministro Fitto, qualche dubbio nasce. Speriamo che sia solo un’impressione sbagliata.

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