L’ETERNA LOTTA M5S-PD, SEMPRE ALL’OMBRA DEL POPULISMO
di Giuseppe Gullo
Viene voglia talvolta di chiedersi: sogno o son desto? Siamo davvero arrivati al punto che il capo di un movimento politico, che è stato capace di dimezzare i voti del suo partito nel corso della sua quadriennale esperienza di Presidente del Consiglio, accusi pubblicamente la forza politica con la quale dovrebbe allearsi di essere in mano a capi bastoni e cacicchi? Non solo! È possibile che contestualmente lo stesso leader annulli le primarie di coalizione fissate per scegliere il candidato a Sindaco di Bari senza neppure preavvisare gli alleati? Un simile comportamento verso una comunità vicina che ritiene essergli ostile è immaginabile solo in un ambiente tribale, nel quale un capo tribù approfitta di una momentanea difficoltà della tribù avversaria per fare una strage e cercare di annientarla.
Quale immaginate debba essere la reazione dei dirigenti del partito sotto attacco di fronte ad accuse di tal fatta che provengono da un fronte presumibilmente amico? Sicuramente l’ipotetica risposta dovrebbe contenere le giuste argomentazioni di chi dovrebbe difendere l’onorabilità dei suoi militanti, la validità delle sue proposte politiche, l’importanza e il significato della sua storia e dei valori per i quali si è sempre impegnato e che costituiscono una parte non marginale della Storia del Paese. Niente di tutto questo! Solo sorpresa e rammarico per affermazioni giudicate infondate. Ma come? Il tuo vicino di casa, col quale ti proponi di coltivare lo stesso campo e di raccoglierne insieme i frutti, ti spara addosso a pallettoni con accuse che neppure gli avversari più accaniti si permettono di fare, e tu rispondi solo rammaricandoti che lo faccia?!
Qual è la logica, se è possibile definirla tale, che sottende a un tale atteggiamento? Difficile rispondere secondo un normale ragionamento. Il PD insiste nel dire che il c.d. campo largo è una necessità imposta dalla legge elettorale per essere competitivi. Se a una candidatura unitaria della destra non se ne contrappone un’altra del versante opposto, le possibilità di successo diminuiscono notevolmente. Questa considerazione è fondata ed è il frutto marcio di una pessima legge elettorale che nessuno vuole realmente cambiare, salvo alcuni volenterosi cittadini che stanno provando a farne abrogare per via referendaria le parti più indigeste.
Tale evidenza, tuttavia, non è sufficiente a costringere un partito a subire qualunque tipo di accusa e a fare accordi che contengono impegni non condivisibili o addirittura contrastanti rispetto a quelli di cui si è sostenitori. Fuor di metafora: è negoziabile l’adesione alla Nato e gli impegni militari ed economici che essa comporta? Può essere posta in discussione la scelta europea e la necessità di sviluppare il processo di integrazione dell’Unione? Il sostegno economico e militare all’Ucraina è un punto fermo della politica estera italiana? Il sistema giudiziario va riformato in senso garantista? La sfera dei diritti civili deve essere ampliata? Le diseguaglianze devono essere combattute con politiche di sviluppo e con la creazione di posti di lavoro e non con sperperi di denaro pubblico camuffati da sostegni ai non abbienti? La politica energetica deve puntare sul reperimento di risorse autonome e alternative e non sul rifiuto immotivato della ricerca di gas e petrolio, sul rigetto della costruzione di termovalorizzatori, degassificatoti, impianti eolici?
Si potrebbe continuare a lungo per avere conferma di un fatto politico che è sotto gli occhi di tutti. I 5S, come ogni movimento qualunquista-opportunista, cavalca gli umori che di volta in volta percorrono una parte dell’opinione pubblica, senza curarsi minimamente del loro contenuto, ma solo dei benefici elettorali che possono ricavarne. L’avversione contro “la casta” e i suoi più o meno presunti privilegi è avvertita da molti come un punto sensibile; ed ecco che ne viene detto tutto il male possibile: macchine blu, benefit, indennità, etc., fermo restando che nessuno dei 5S ha mai rinunziato ad alcun “privilegio”, alla scorta all’auto di servizio, alle indennità e ai vari benefit. Qualcuno ricorda certamente il formale impegno degli eletti grillini di creare un fondo da devolvere a sostegno delle attività produttive con una parte delle loro indennità. Dopo alcune sceneggiate a uso dei media, ne avete più sentito parlare? Vi risulta che qualcuno dei non rieletti abbia rinunciato alla buonuscita o ai biglietti gratuiti di treni e aerei? Avete notizia del fatto che l’ex Presidente della Camera abbia rinunciato a quanto gli spetta per i dieci anni successivi alla fine del suo mandato?
Per costruire un’alleanza in grado di operare con coerenza e continuità è necessario avere comuni intendimenti sui problemi più importanti, mentre sulle questioni marginali è sempre possibile trovare intese e accomodamenti. Se l’humus comune non c’è, qualunque tatticismo non può sostituire la politica e ciò che essa rappresenta in termini di soluzione di problemi nell’interesse generale. Quell’humus dalle parti dei pentastellati viene confuso con altro materiale, assai meno nobile.
Il PD dovrebbe capire che è meglio navigare da soli, ma con un equipaggio addestrato e in grado di tenere la rotta, piuttosto che farsi accompagnare da chi non conosce i rudimenti della navigazione e non vuole neppure imparare. È necessario correggere la rotta fino a quando è possibile, perché poi non saranno sufficienti altri mezzi per arrivare in porto.
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