L’ELEZIONE DI TRUMP, CAPIRE PERCHÉ INVECE DI STRACCIARSI LE VESTI
di Giuseppe Gullo
La reazione di coloro che attribuiscono la responsabilità dell’esito del voto americano agli elettori oltre che assurda e irrazionale, dimostra le difficoltà di una parte dell’intellighenzia nostrana ad interpretare la realtà del mondo nel quale vivono. È la presunzione di chi crede di essere sempre e comunque nel giusto e che sono gli altri a non capire nulla, a volere sovvertire la democrazia e demolire lo Stato. È il radicato convincimento di essere i migliori, i più onesti, puri e duri, senza macchia e senza paura. Naturalmente non è così né per loro né per gli altri. Con la particolarità, non marginale, della doppia morale, secondo la quale la lottizzazione è una pratica malsana fatta dagli altri ma che non riguarda i componenti della casta i quali se nominati in posti di responsabilità in settori dei quali non si sono mai occupati sono comunque per definizione in grado di svolgere al meglio il compito al quale sono stati chiamati.
Nel caso Trump non mi è capitato di leggere un’analisi critica delle ragioni della sconfitta clamorosa dei Democratici. USA. Tutto il dibattito verte sul fatto che un pregiudicato, presunto molestatore sessuale e amico di miliardari dediti ai complotti per il controllo del mondo, ha carpito la buona fede di milioni di elettori giudicati subnormali, vincendo alla grande la corsa alla carica più importante del pianeta. Questa posizione potrebbe essere così sintetizzata “È una situazione pessima perché Trump è un eversivo nel senso che non ha nessun rispetto delle istituzioni repubblicane e ha un concetto proprietario e illiberale dello Stato. Per di più ha l’intenzione di attuare vere e proprie persecuzioni degli avversari politici che in un certo senso potrà fare perché il sistema di contrappesi americano è molto meno forte che in Italia. Il Partito Repubblicano è totalmente incapace di controllarlo e in concreto non può fare niente per arginare il ciclone preannunciato dal neo Presidente. A New York probabilmente cambierà poco, ma grandi sconvolgimenti potrebbero accadere negli Stati più periferici. Il problema è serio, e questo senza contare che metterà dazi molto alti sui prodotti dell’Europa (con conseguenze disastrose sul PIL italiano), ridurrà il supporto alla NATO (in campagna elettorale ha sempre detto di abbandonarla completamente), e vuole lasciare Russia e Cina fare quello che vogliono. l’Europa ha da temere da Trump più degli Stati Uniti”.
The Donald ha già ricoperto la carica per quattro anni, sicuramente non esaltanti né memorabili, nei quali pericoli di involuzione autoritaria non ve ne sono stati se si esclude l‘assalto a Capitol Hill , dopo la mancata rielezione, che ha avuto aspetti drammatici e folcloristici a un tempo, con le forze dell’ordine spettatori inerti. È bene che ognuno di noi abbia il senso della misura e non cada nella trappola di considerare che ogni risultato diverso da quello auspicato sia l’anticamera della dittatura. È avvenuto da noi con Berlusconi, dipinto come il Male assoluto, bersaglio di contumelie e denigrazioni, lascivo e amorale, corrotto e corruttore che per vent’anni ha occupato la scena politica italiana e ancora oggi, contro ogni previsione, raccoglie da morto il 10% dei consensi. È avvenuto con Grillo, che a colpi di vaffa ha preso il 33% dei voti promettendo purghe e apriscatole per poi fare la fine di tutti i falsi rivoluzionari e cioè l’oblio totale e senza rimpianti.
Dopo i risultati elettorali del 2018 l’impulso a “dimettersi da italiani” è stato forte. Lo è stato maggiormente quando è stato chiaro che a votare il vuoto torricelliano dei 5S erano stati in tanti sedicenti intellettuali stanchi, a loro dire, di una classe politica incompetente e fannullona. Il risultato fu di vedere all’opera i peggiori Governi della Repubblica, e personaggi che hanno fatto la fortuna di Crozza e danni allo Stato con moltissimi zeri. Di cosa ci lamentiamo noi cittadini del Belpaese? Ciò che accade in America, con le dovute differenze quantitative, le abbiamo già sperimentate. Con più fantasia e, per quanto riguarda le donne, con più buon gusto e maggiore generosità.
Oggi viviamo l’apologia di Berlinguer e della sua politica. Nessuno che si chieda dove fosse il capo del Pci quando i Cingolati russi hanno occupato l’Ungheria e la Cecoslovacchia, quando Palach si immolava in piazza, quando miliardi di rubli mantenevano l’apparato del PCI,e il dissenso interno veniva soffocato ed espulso dal Partito, l’URSS veniva indicata come l’esempio da imitare e le purghe staliniane ignorate e negate. Gli eredi di quella classe dirigente rivendicano le loro radici, come è giusto, senza però riconoscere che la Storia ha decretato senza appello la sconfitta di quell’idea e di un modello che ha creato solo morti, fame e mancanza di libertà.
Se i latinos e i giovani hanno votato in forte maggioranza Trump occorre capire perché è avvenuto. La grande democrazia USA ha al proprio interno profonde ingiustizie e discriminazioni di ogni genere. Gli elettori, in maggioranza, non hanno creduto che i Democratici potessero essere in grado di migliorare la situazione. La responsabilità non è di chi sceglie ma delle forze politiche che non sanno cogliere il malessere e non sono in grado di indicare rimedi credibili e realizzabili in America come in Europa, in Italia come in Argentina. La società americana è attraversata da tensioni fortissime e ha al proprio interno eccellenze in moltissimi settori, ma anche povertà e sfruttamento che riguardano milioni di persone. Resta la prima economia mondiale ma il primato è insidiato dalla Cina e in misura minore dall’India che dispongono di risorse umane molto più grandi. Le battaglie per i diritti civili e le garanzie di Welfare stentano ad affermarsi. La raccolta del consenso è sempre più orientata dai media e da chi li controlla.
Avviene anche in Italia, dove i tradizionali canali di elaborazione politica e raccolta del consenso si sono prosciugati da anni, i partiti sono scomparsi e il PD, che tenta ancora di avere un radicamento territoriale, oscilla tra la scelta dei dirigenti con le primarie e le decisioni imposte dall’alto. Emblematico il caso Campania dove si ricorre all’espediente sciocco del limite dei due mandati per eliminare un personaggio scomodo, invece di seguire la strada maestra delle primarie aperte per far pronunciare gli elettori in merito ai risultati ottenuti dall’uscente e all’opportunità di ricandidarlo o meno. Le regole non possono essere applicate ad libitum. Se questo avviene è arbitrio o peggio ancora tentativo di camuffare come legittime forme di epurazione. I sindacati, ormai con la maggior parte degli iscritti fuori dal mercato del lavoro, sono lobby che esercitano forme di pressione politica in difesa di interessi di categoria sempre circoscritti e settoriali.
Il mandato di Trump avrà un andamento imprevedibile che dovrà essere giudicato volta per volta. Stracciarsi le vesti prima del tempo non ha senso.
Fonte foto: Flickr.com – Gage Skidmore – CC BY-SA 2.0