LE STRANE MANOVRE SUI VERBALI DI AMARA
di Giuseppe Gullo
Nel disinteresse pressoché generale, la stampa ha riferito la notizia che la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale aveva assolto con formula ampia il PM Storari dall’accusa di divulgazione di segreto d’ufficio per aver consegnato al collega Davigo, all’epoca componente del CSM, copia dei verbali delle deposizioni rese dall’avv. Amara alla Procura di Milano.
Il Tribunale ha ritenuto che la mancata conoscenza di una norma non penale abbia indotto legittimamente l’imputato a ritenere che effettivamente Davigo, come componente del CSM, potesse essere messo a conoscenza dei verbali secretati nei quali erano riferiti fatti sui quali sarebbe stato necessario indagare, non essendogli opponibile il segreto istruttorio in ragione della qualità rivestita. Il Tribunale ha ritenuto che Storari fosse in completa buonafede e che volesse veramente tutelarsi davanti all’inerzia del capo della Procura che non intendeva, a suo avviso, portare avanti quell’inchiesta per non compromettere l’attendibilità di Amara teste fondamentale nel processo Eni-Nigeria.
Non conosciamo ancora le motivazioni della sentenza che ha rigettato l’appello dell’accusa e della parte offesa Ardita, anch’egli componente del CSM e avversario di Davigo dopo esserne stato il braccio destro. E’ presumibile che il giudice di secondo grado abbia condiviso le motivazioni che hanno indotto il Tribunale ad assolvere Storari. Quello che è certo è che la versione fornita dal PM milanese ha retto benissimo all’esame dei giudici di primo e secondo grado. Con ogni probabilità sarà la Cassazione a dovere mettere il sigillo finale a questo capitolo di una vicenda per la quale sono ancora in corso ben due processi, uno davanti al Tribunale di Brescia che vede imputato Davigo, e il secondo davanti al Tribunale di Perugia nel quale sono alla sbarra l’ex Presidente dell’ANM Palamara e l’ex PM di Roma Fava.
Contrariamente a quanto si poteva immaginare, i mezzi di informazione hanno dato sporadiche notizie del processo di Brescia. Coloro che hanno avuto la curiosità di sapere quale fosse lo svolgimento del dibattimento, superata la difficoltà di trovare informazioni esaustive, non sono rimasti delusi. Storari ha pienamente confermato la sua versione dei fatti alla quale i giudici hanno creduto precisando che non conosceva personalmente Davigo e che si era rivolto a lui tramite la compagna, anche lei magistrato in servizio alla Procura di Milano.
I fatti più interessanti sono venuti fuori dalle testimonianze di due giudici del Consiglio di Stato, Severini e Santoro, oggi in pensione ma all’epoca dei fatti in servizio sebbene prossimi a compiere 70 anni. Hanno riferito di due cene avvenute nel 2019 e nel 2020 che avevano come scopo quello di individuare quali iniziative sarebbe stato possibile intraprendere per spostare a 72 anni l’età pensionabile. Il consigliere Santoro al momento della prima cena era indagato per corruzione in atti giudiziari a seguito delle dichiarazioni di Amara che lo aveva indicato quale affiliato alla Loggia Ungheria. L’inchiesta è stata poi archiviata. I testi hanno riferito che Davigo conosceva già Santoro e sembrava essere con lui in rapporti molto cordiali. Ciò per dimostrare, secondo l’avvocato della parte civile Ardita, che la possibile appartenenza alla presunta loggia non costituiva affatto un problema per Davigo, che manteneva buoni rapporti con Santoro che all’epoca era Presidente della Sezione che si occupava dei ricorsi CONSIP e che era indicato come referente degli on. li Lotti e Verdini, e che lo scopo di Davigo, secondo quanto riferito da fonti giornalistiche, era quello di utilizzare i verbali in suo possesso “… per screditarlo ( Ardita ndr) e condizionare il CSM”
L’altra circostanza, quanto meno curiosa, è la presenza alla seconda cena dell’ex Procuratore anti mafia De Raho, oggi deputato 5S, anch’egli prossimo a compiere l’età della pensione. Evidentemente i promotori dell’incontro intendevano coinvolgere l’alto magistrato nel tentativo di ottenere la proroga di cui anche lui avrebbe beneficiato.
Molto ”istruttiva” anche la deposizione di Ermini Vice Presidente del CSM: “Venne nella mia stanza (Davigo ndr) e mi chiese di seguirlo in cortile lasciando i telefonini, perché mi doveva dire una cosa importante”. Tutto ciò accadeva a Palazzo dei Marescialli , sede del CSM, nel maggio 2020. Nel cortile l’ex PM del pool di Milano informò Ermini del contenuto dei verbali consegnatigli da Storari, temendo, forse, che se lo avesse fatto nell’ufficio del Vice Presidente le sue “confidenze” potessero essere ascoltate da orecchie indiscrete. In quel luogo così poco adeguato al ruolo e alla funzione di componenti di un organo avente rilievo costituzionale, Davigo lo informò di quanto era venuto a conoscenza sulle dichiarazioni di Amara. Apprendiamo poi dallo stesso Ermini che cestinò la copia di quei verbali senza leggerli, ritenendoli irricevibili. Dopo avere informato il Presidente della Repubblica e avere saputo che il PG della Cassazione era a conoscenza dei fatti, Ermini non assunse alcuna iniziativa aspettando forse che le acque si placassero.
La stessa procedura Davigo seguì per informare la collega del CSM Pepe parlandole nel cortile del Palazzo, eletto a camera caritatis, dopo averle chiesto di lasciare i telefonini e comunicandole che secondo dichiarazioni rese da Amara alla Procura di Milano, due membri del CSM, Ardita e Mencaretti, facevano parte di una loggia coperta chiamata Ungheria. La dott. ssa Pepe davanti al Tribunale ha confermato di avere avuto diversi colloqui con Davigo sull’argomento e di avere visto i verbali pur non avendoli letti. Alla domanda del perché non li avesse letti e non avesse ritenuto di assumere qualche iniziativa in merito, ha risposto di avere pensato che non avrebbe potuto dare alcun contributo alla soluzione del problema e quindi di non avere fatto nulla in quanto chi avrebbe dovuto essere informato lo era già stato e non vi era altro che potesse fare.
Del contenuto dei verbali, Davigo informò anche la sua assistente al CSM indicando anche alcuni nomi in essi contenuti, e in particolare quello del dott. Ardita all’epoca suo collega nel CSM ed ex amico. Questa estensione di conoscenza è meno chiara, trattandosi di una collaboratrice senza nessun ruolo specifico e che ovviamente non poteva in nessun modo influire sull’operato del CSM.
Il 15 novembre prossimo il processo proseguirà e le sorprese certamente non mancheranno.