LE INCOGNITE DI UN GOVERNO DELLA DESTRA

LE INCOGNITE DI UN GOVERNO DELLA DESTRA

di Giuseppe Gullo

Tutti i sondaggi danno la destra vittoriosa nelle prossime elezioni politiche. Ragioniamo su questa ipotesi ben sapendo i limiti di una previsione su intenzioni di voto a poco meno di un mese dalla data fissata.

All’interno di quella coalizione FdI avrebbe da sola una percentuale superiore alla somma di quella che potrebbe essere raggiunta insieme da Lega e Forza Italia, diventando il primo partito italiano. Risultato clamoroso e senza precedenti se si considera che nel 2018 il Partito guidato dalla Meloni ha avuto il 4% dei voti. Quest’ultima, se così fossero i dati reali, diventerebbe la prima donna Presidente del Consiglio. Novità molto rilevante in sé e ancora di più se si considera il fatto che in tutti i partiti la rappresentanza femminile è falcidiata anche per effetto della riduzione del numero dei parlamentari.

In tal caso, che tipo di Governo guiderebbe l’Italia nella prossima legislatura? Il curriculum dell’aspirante premier presenta più di un’ombra. Nonostante la giovane età (45 anni) è un’esponente politico di lungo corso, formatasi e cresciuta nelle organizzazioni giovanili del partito post fascista del quale non ha mai rinnegato l’eredità. Recentemente, la polemica nata dalla richiesta di togliere il simbolo della fiamma dal logo del partito è stata respinta con decisione e, dopo qualche giorno, è caduta nel dimenticatoio.

Distinguerei nettamente due questioni che sono state mescolate forse ad arte, forse per superficialità. Un pericolo neo fascista, a mio giudizio, non esiste per varie ragioni tra cui le principali credo che siano la collocazione internazionale del nostro Paese, il sistema di alleanze e di istituzioni, anche economiche, di cui facciamo parte. Un richiamo ad alcuni “principi” di quel periodo storico che giudico molto inquietanti è invece reale e sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono guardare con obiettività.

Cos’altro significa oggi populismo e nazionalismo? Cos’altro la ricerca di canali preferenziali con Le Pen in Francia e Orban in Ungheria? Cos’altro la prevalenza del diritto interno su quello europeo? Cos’altro la chiusura totale ad una legislazione che favorisca l’integrazione degli extra comunitari, specie di quelli nati e cresciuti in Italia? Cos’altro la chiusura nei confronti della realtà transgender? E’ una visione della società obiettivamente più chiusa e conservatrice nel senso di antica, superata, non attuale. Di tutto questo la Meloni, da giovanissima, è stata sostenitrice come pasionaria delle organizzazioni della destra estrema,poi lentamente e progressivamente avvicinatasi all’accettazione del sistema democratico e delle sue regole. Di questo è l’emblema, avendo ricoperto l’incarico di Segretario Nazionale della Giovane Italia per poi diventare Ministro della Gioventù nel Governo Berlusconi IV.

Un Governo da lei guidato avrebbe questo biglietto da visita in Europa e oltre Atlantico con tutte le prevedibili conseguenze in una fase nella quale guerra, pandemia e inflazione richiedono solidarietà e sostegno internazionali. Sicuramente non è sufficiente imbarcare esponenti di rilievo, alcuni dei quali, come Tremonti, fortemente critici con le decisioni europee in materia economica, per superare la naturale diffidenza delle Cancellerie dei maggiori Paesi.

Gli alleati dell’eventuale Governo sono un altro punto debole. FI segue inesorabilmente la parabola fisica discendente del suo fondatore e dominus. Basta guardare i risultati elettorali: 21,56 nel 2013, con la Lega al 4% e Fratelli d’Italia sotto il 2%, 14% nel 2018 con la lega oltre il 17 e Fratelli d’Italia al 4%, una previsione attuale come ultimo partito della coalizione con FDI al 25% e la Lega al 12/14%. Molto improbabile che possa rappresentare nella coalizione il Partito moderato, garantista, atlantista e europeista di cui parla il cavaliere che compirà 86 anni proprio a ridosso delle elezioni.

La Lega sarà la vera spina nel fianco di un eventuale Governo Meloni. Se la percentuale conseguita alle elezioni sarà, come pare, di 3 o 4 punti inferiore a quella del 2018 cercherà di avere la maggiore visibilità possibile per il suo leader, che farà di tutto per tornare al Viminale, anche per potere sfoggiare le divise che in questi mesi ha sicuramente raccolto e messo da parte a questo fine. Su ogni atto del Governo interloquirà con l’intento di erodere il consenso al partito maggiore e nello stesso tempo fare intendere all’opinione pubblica, e in particolare al mondo imprenditoriale del nord di cui ritiene di essere interlocutore privilegiato, di avere un peso determinante nelle decisioni che saranno prese. Sarà un campo di battaglia la tassa piatta di fatto inattuabile e lo stesso blocco dell’immigrazione che i padroncini del nord, alla ricerca di manodopera a basso costo, temono.

Governare significa scegliere e decidere ed è sempre difficile. Lo è maggiormente quando le condizioni economiche e politiche internazionali richiedono lucidità, fermezza, lungimiranza, affidabilità e credibilità. Le obbligazioni emesse dal Tesoro verranno a scadenza e dovranno essere prorogate. Per quanto e a quali costi? Un’avvisaglia la stiamo vedendo in questi giorni, allorché viene chiesto al Governo, dimissionario e quindi in carica solo per l’ordinaria amministrazione, di adottare misura straordinarie per fare fronte al caro energia impegnando una cifra che viene quantificata in almeno dieci miliardi. Questa richiesta viene con maggiore vigore proprio da chi ha determinato la caduta del Governo ben sapendo che la situazione era al limite del collasso per effetto della guerra in Ucraina. Buon senso avrebbe voluto che la crisi non fosse stata dichiarata ma, una volta aperta, chi dovrà assumere la guida del Paese avrà anche l’onere di fare le scelte necessarie. Una moratoria di un mese non penso che farebbe crollare il sistema. La prospettive realistica è questa e sicuramente non è delle migliori, fermo restando il fatto che ragioniamo su ipotesi che i fatti potrebbero smentire, in tutto o in parte.

In uno scenario simile saprà la Meloni reggere la responsabilità di guidare un Governo che, per quanto detto, non avrà il prestigio e il gradimento di quello presieduto da Draghi? Difficile fare previsioni. Potremmo trovarci di fronte a una personalità politica con doti e qualità ancora inespresse, come fu decenni fa per la Thatcher che si guadagnò sul campo i gradi di lady di ferro; ma potremmo, invece, dovere prendere atto, dopo qualche mese dai risultati elettorali, che la formula Draghi, con qualche necessario aggiustamento, è ancora la migliore per il Belpaese.

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