LE ELEZIONI IN UK E IN FRANCIA, MENTRE IN ITALIA C’È IL REFERENDUM CONTRO IL ROSATELLUM

LE ELEZIONI IN UK E IN FRANCIA, MENTRE IN ITALIA C’È IL REFERENDUM CONTRO IL ROSATELLUM

di Giuseppe Gullo

Quando i riti della Democrazia Liberale si compiono secondo le regole stabilite e danno i risultati che la maggioranza degli elettori ha liberamente scelto, la fiducia nel miglior sistema di Stato conosciuto riprende vigore e con esso quella nelle Istituzioni.
Il riferimento è ovviamente alle elezioni inglesi e  a quelle francesi, nonostante le molte ed evidenti differenze che vi sono tra esse.
La Democrazia inglese – la cui origine si fa risalire alla Magna Charta Libertatum concessa nel 1215 dal re Giovanni Senza Terra – dopo 14 anni di Governo ininterrotto dei Conservatori ha segnato la netta vittoria del Partito Laburista con un programma sostanzialmente socialdemocratico. Il nuovo Primo Ministro si è già insediato insieme al suo Governo ed è forte di una maggioranza alla Camera dei Comuni di oltre 200 deputati. A tal proposito è utile qualche riflessione sul sistema elettorale che ha prodotto questo risultato. L’affluenza è stata del 59,9%, inferiore a quella italiana del 2022, 63,91%, e a quella francese del 30 giugno scorso che è stata di oltre il 65% e del 7 luglio ancora più alta. I laburisti per effetto del sistema uninominale secco col 33,69%% dei voti hanno ottenuto 412 seggi su 650 rispetto ai 121 seggi dei Conservatori, che hanno avuto il 23,70%, e ai 72 deputati dei Liberal democratici col 12,22%. Un dato balza agli occhi in modo evidente. L’uninominale secco ha fatto sì che Conservatori e Liberal democratici, che insieme hanno preso più voti dei Laburisti, hanno meno della metà dei seggi del Partito di maggioranza relativa; insomma, un sistema elettorale assolutamente disproporzionale che garantisce la stabilità dei governi ma impedisce la rappresentatività della Camera di Comuni.
L’osservazione che viene fatta dai sostenitori del sistema inglese è che questa “anomalia” è il “prezzo” che si deve necessariamente pagare alla stabilità e alla governabilità.   Resta tuttavia il fatto nella sua realtà e la conseguente opportunità di adeguare i giudizi su parametri che si scontrano pesantemente con la forza granitica dei numeri. Più chiaramente: stabilità e governabilità richiedono obbligatoriamente che la volontà dell’elettorato sia tenuta in conto così poco da dovere accettare tout court risultati tanto confliggenti con le percentuali di consenso? O non sarebbe più giusto, rispettando la volontà di chi vota, introdurre un meccanismo che temperi la logica dell’uninominale secco inserendo la classica soglia del 50% + 1 al di sotto della quale si debba procedere a un secondo turno (non un semplice ballottaggio) tra i candidati più votati? Una seconda osservazione a corollario della prima: i sovranisti di Farage, eletto dopo otto tentativi falliti, hanno preso 2,8 milioni di voti e il 14,3%, ma solo 5 deputati su 650, meno cioè dei liberali, i cui voti sono più concentrati e quindi più capaci di vincere seggi uninominali. Con il sistema, pessimo, vigente in Italia e che è necessario cambiare, la Lega al proporzionale, con circa 2,5 milioni di voti e meno del 10%, ha preso 23 deputati su 400. È evidente una discrasia profonda. Due sistemi elettorali diversi di due Paesi democratici entrambi con un notevole numero di elettori, economie avanzate ed elevate livelli di benessere, hanno forme e livelli di rappresentanza molto differenti tali da legittimare la domanda di quale tra essi sia la più vicina ai canoni classici della Democrazia liberale.
La differenza diventa abissale se si mettono a confronto i risultati inglesi con quelli francesi, maturati  appena tre giorni dopo i primi, con esiti profondamente diversi. Se la Francia avesse avuto lo stesso sistema elettorale della Gran Bretagna il 30 giugno scorso i lepenisti avrebbero avuto la maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea Nazionale. Poiché invece la legge elettorale d’oltralpe prevede il doppio turno, sono stati eletti nel primo turno solo poco più di 70 deputati su 577 e nel secondo turno, una settimana dopo, l’esito è stato del tutto diverso, il fronte popolare è diventato il primo partito per numero di seggi, relegando la destra al terzo posto dopo la formazione del Presidente Macron. È stato l’effetto delle desistenze di tanti candidati che si sono ritirati a vantaggio di quelli meno incompatibili, consentendo agli elettori di fare una “seconda scelta” che ha finito per proporzionalizzare il sistema, dando a ciascuno il suo. Si apre adesso a Parigi la fase delicata e difficile della formazione del Governo, a conferma del fatto che nessuna legge elettorale può garantire la stabilità e la durata dei Governi.
Insomma, due risultati opposti come effetto di una diversa legge elettorale. Se volessimo radicalizzare il ragionamento, dovremmo affermare che uno dei due esiti elettorali non corrisponde all’effettiva volontà del corpo elettorale.
L’analisi qui svolta prende spunto dai diversi effetti del mezzo attraverso il quale vengono perseguiti gli obiettivi democratici. I principi fondamentali della Democrazia liberale vengono certamente garantiti da ogni legge che rispetti e tuteli il suffragio universale, la libertà e la segretezza del voto, la divisione dei poteri, l’integrità dei diritti di libertà personale, di manifestazione del pensiero, di stampa, di riunione, di religione. È innegabile, tuttavia, che una Democrazia nella quale una minoranza di elettori ottiene la maggioranza assoluta degli organi rappresentativi è una forma imperfetta di espressione della volontà del popolo. La tendenza a dare sempre maggiore spazio alle c.d. forme verticali di democrazia può trasformarsi in patologia e mettere in moto meccanismi di distacco o disaffezione del corpo elettorale. E’ questa la ragione fondamentale per cui il problema della legge elettorale deve essere affrontato con grande cautela per evitare che modifiche costituzionali del sistema producano danni molto rilevanti alle istituzioni.
Ed è proprio questo l’obiettivo del referendum promosso dal Comitato Referendario per la Rappresentanza che propone di abrogare le parti peggiori della vigente legge elettorale italiana che impediscono la scelta degli eletti, l’eliminazione delle soglie di sbarramento per partecipare alla ripartizione dei seggi e la raccolta delle firme nonché le pluricandidature. Se con animo sereno si valutano i pro e i contra dei diversi sistemi elettorali, sulla base di esperienze maturate in vari Paesi, compreso il nostro ante 1994, è difficile negare che il proporzionale con preferenza è quello che meglio riflette la volontà dell’elettorato nella composizione degli organi rappresentativi.

 

Fonte foto: Wikimedia CommonsAdrian PingstonePublic domain

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