LA RIFORMA DELL’ORDINE GIUDIZIARIO VA BENE, MA LE ALTRE NO!
di Giuseppe Gullo
Dopo poco più di un anno e mezzo dal suo insediamento, il Governo Meloni ha approvato e trasmesso al Parlamento il ddl costituzionale che riforma l’ordine giudiziario. Sicuramente si tratta della proposta più organica e profonda che sia stata presentata in questa materia negli ultimi decenni. Di ciò, obiettivamente, bisogna dare atto al Governo e alla maggioranza che lo sostiene.
Esso introduce la separazione delle carriere tra giudicanti e requirenti e istituisce due separati CSM, uno per ogni ruolo. Istituisce inoltre un’Alta Corte con competenza disciplinare eliminando l’anomalia esistente che prevede che un organo di alta amministrazione, qual è il CSM, sia anche investito del potere giurisdizionale. I nuovi CSM avranno la stessa composizione di quello attuale con la rilevante novità che i suoi componenti saranno estratti a sorte per evitare il condizionamento correntizio per nulla eliminato dalla riforma Cartabia. È facile prevedere che il fuoco di sbarramento contro questo ddl sarà fortissimo e avrà i suoi centri con maggiore potenza di fuoco nell’Anm e nei partiti appiattiti sulle posizioni dei magistrati sempre e comunque. I giustizialisti nostrani non avanzano critiche nel merito della riforma. Gridano al lupo, al lupo, senza che vi sia nessun reale pericolo e senza che l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario siano messi minimamente in discussione. Parlare di pericolo di” mordacchia” ai magistrati è pura fantasia, come anche quella di adombrare derive autoritarie inesistenti.
Più incomprensibili le prime reazioni del PD ancora una volta al traino del populismo giustizialista, il quale, smentendo posizioni di cui è stato alfiere negli anni passati, assume le vesti del difensore dello status quo sebbene esso sia oggettivamente indifendibile. Le dichiarazioni ufficiali dei democratici ripetono il ritornello del tutto infondato e immotivato di un attacco all’indipendenza della magistratura. Parole senza senso, se si legge con attenzione il contenuto del ddl rispetto al quale un’opposizione responsabile dovrebbe avanzare proposte migliorative sulle quali aprire un confronto invece di stracciarsi le vesti per difendere uno stato di fatto che ha portato la condizione del sistema giustizia allo sfascio e al degrado nel quale si trova. Hanno dimenticato i democratici ciò che è emerso nell’indagine Palamara? Non ricordano più il verminaio dell’inchiesta sul dossieraggio? Non hanno nulla da dire sugli abusi delle carcerazioni preventive e delle inchieste a strascico? Niente, neppure sulle notizie filtrate da uffici blindati relative anche a persone del tutto estranee all’inchiesta? Eppure, in un passato ormai lontano la difesa delle garanzie costituzionali dell’indagato e la presunzione d’innocenza sono state bandiere sventolate dalla sinistra con orgoglio e convinzione. Occorre tristemente prendere atto di un’involuzione radicale, la cui unica motivazione è quella di un appiattimento sulle posizioni delle procure ritenute amiche e sulla difesa ad oltranza delle invasioni di campo dell’ordine giudiziario nella politica. È doloroso riconoscere, da parte di chi ha sempre difeso i principi costituzionali e la dignità del cittadino indagato, che questi valori, un tempo patrimonio dei progressisti, vengono oggi concretamente fatti propri e attuati da forze conservatrici.
In realtà, volendo allargare lo sguardo alla situazione attuale delle proposte riformatrici nel nostro Paese, si deve riconoscere che il Governo Meloni ha utilizzato il breve tempo nel quale ha governato per proporre riforme che, se approvaste, modificherebbero profondamente il nostro sistema istituzionale. L’introduzione del Premierato e la c. d. Autonomia differenziata potrebbero dare un diverso assetto al Paese. Sia l’uno che l’altro prestano il fianco a critiche profonde e motivate e sicuramente chiameranno gli elettori a pronunciarsi su di essi con il referendum oppositivo il primo, e con un probabile referendum abrogativo la seconda.
Ddl costituzionale quello sull’elezione diretta del Primo Ministro dal contenuto molto controverso sul quale si è aperto un confronto molto serrato in sede politica e scientifica. Su di essi, tuttavia, l’opposizione parlamentare non può sottrarsi al diritto-dovere di fare controproposte serie e motivate limitandosi ad invocare scenari golpisti alquanto inverosimili. Deve dire chiaramente ciò che vorrebbe, incominciando dalla legge elettorale e proseguendo con la forma di Governo. Così anche per l’autonomia differenziata che potrebbe essere il colpo mortale per le regioni meridionali. Idee e proposte concrete, quindi, non solo allarmi politici generici. Se qualcuno ha cose da dire parli con chiarezza e ci metta la faccia, altrimenti la strada è segnata. Al tentativo di Meloni di costruire una destra aperta alle novità e alle necessità dei tempi che viviamo, pure se in modo contraddittorio e frammentario, è necessario rispondere con proposte innovative che siano davvero nel solco del progresso e della giustizia sociale. Se così non dovesse essere le parti si invertirebbero con la conseguenza che la confusione dei ruoli farebbe perdere identità a coloro che storicamente si sono collocati sul fronte del cambiamento nella Democrazia. Sarebbe un triste declino verso posizioni di pura conservazione.
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