LA REPUBBLICA DEI DOSSIER
di Giuseppe Gullo
Un anziano, saggio ed esperto amico, che nella sua vita ha ricoperto incarichi pubblici di grande rilievo istituzionale, discutendo delle vicende politiche del nostro Paese mi ha fatto un quadro della nostra situazione, e lo riporto per come me l’ha descritto.
“Siamo mal messi, tanto che un ottimista come me è seriamente preoccupato. Non penso alla situazione economica che, nonostante l’alto debito pubblico, ha risultati positivi dalla fine della pandemia. La ricchezza aumenta sebbene la sua distribuzione non sia equa e le differenze tra i pochi che sono ricchi, i molti che hanno da vivere dignitosamente e i tanti che non hanno neppure il necessario, non diminuiscono come dovrebbero e anzi nel caso dei tanti poveri aumenta.
Però chi come me ha vissuto gli anni della seconda guerra mondiale e quelli del dopoguerra, ha conosciuto la povertà diffusa, l’analfabetismo di massa, la mancanza di lavoro, l’emigrazione verso le regioni del nord, e verso l’Europa e l’America, e ricorda un Paese arretrato distrutto materialmente e moralmente dalla guerra, sa che c’è stato un vero miracolo. Io stesso per continuare a studiare sono dovuto andare a vivere in una metropoli del nord a casa di parenti. Poi l’Italia è cambiata, è diventata una grande nazione industriale e manifatturiera, le campagne si sono svuotate, le scuole si sono riempite, i rapporti sociali sono mutati. Un mondo che era durato per molti secoli è morto per sempre e con esso l’arretratezza, l’ignoranza e la povertà. Quando sento parlare del “bel tempo andato” penso che chi lo rimpiange abbia forse nostalgia della gioventù e per questo ha ragione. Per tutto il resto no. Il rispetto, l’educazione, i valori della tradizione. Parlano per sentito dire, non sanno come stavano le cose veramente. Tra la qualità della vita degli anni 40,50 e sessanta del Novecento e quella dei decenni successivi non c’è paragone a favore degli anni post boom economico”.
“Chi mitizza quei tempi non ha mai visto le case dei contadini e di gran parte della popolazione senza acqua, con servizi igienici da incubo, con una sola stanza nella quale dormivano adulti e bambini spesso separati da una tenda, con gli animali che giravano per casa, con una mortalità infantile paurosa, con le donne completamente sottomesse al capo famiglia e un analfabetismo generalizzato. l’Italia è diventato un Paese moderno e progredito e questo dopo la fine della guerra e le sciagurate scelte di Mussolini non era scontato per niente”.
“La grande differenza che vedo soprattutto ultimamente è nel livello e nella qualità della lotta politica. Fino a quando mi sono occupato attivamente di queste cose lo scontro era duro, ogni Partito cercava di aumentare i consensi, ma certi limiti non venivano mai superati. Ci sono stati momenti di grande tensione e forse veramente la Repubblica ha rischiato di subire un’involuzione autoritaria. La risposta dei partiti che avevano dato vita allo Stato repubblicano fu forte e concorde. Oggi mi sembra che siano i dossier illegali che dominano la scena e tengono sotto schiaffo centinaia di persone a vario titolo e a diverso livello impegnate in posizioni decisionali. La DNA ha praticato per anni sistematicamente accessi non autorizzati per controllare la condizione patrimoniale di politici, imprenditori, uomini dello spettacolo, campioni dello sport e chissà chi altri. Non sarebbe probabilmente trapelato nulla se un Ministro in carica non avesse presentato una denuncia. Non un qualunque Ministro, quello della Difesa, dal quale dipende l’arma dei Carabinieri. Nessuno si è accorto di migliaia di accessi? A nessuno è venuto in mente che tutto questo avrebbe potuto avere obiettivi non trasparenti? L’unico aspetto che mi era sembrato positivo quando la notizia era stata resa pubblica è che la Banca d’Italia dalla quale provenivano le informazioni sulle operazioni sospette, aveva mantenuto un rigoroso e confortante riserbo. Compiacimento di breve durata dato che poche settimane dopo è esploso il caso degli accessi illegali di un dipendente di Banca Intesa di un’Agenzia pugliese di provincia. Intendiamoci non dieci accessi ma ben settemila nell’arco di due anni e non sul vicino di casa o l’amico che ha comprato il macchinone ma sulla Presidente del Consiglio, Ministri, imprenditori, magistrati, uomini e donne famosi. Ti chiedo: È concepibile che dati relativi ad alte cariche dello Stato siano liberamente accessibili come quelli che riguardano un quilibet? Non scherziamo!”
“E poi, fa ridere poi il comunicato della Banca, la più importante del Paese, che pur rammaricata dell’accaduto, si dichiara compiaciuta per l’efficienza dei sistemi di controllo che hanno fatto emergere il comportamento del dipendente infedele licenziato in tronco! Dopo settemila accessi, due anni e una parte dell’Italia che conta passata al setaccio! Meglio tacere! Come ha fatto Bankitalia che la competenza in materia di controllo sull’attività delle banche l’ha mantenuta.
Insieme a questo ma da esso non separato, vi è il capitolo magistratura e servizi”.
“Da tempo chiunque abbia un minimo di obiettività nel valutare quanto accade nel mondo agitato e complesso dell’ordine giudiziario, è consapevole del fatto che, ad eccezione del rifiuto di accettare la separazione delle carriere e una seria riforma del CSM, su tutto il resto vi è una profonda divisione tra le correnti e al loro interno. È in atto una resa dei conti dagli sviluppi ed esiti imprevedibili. La prima passa lungo l’asse Palermo-Caltanissetta-Reggio Calabria-Roma e vede coinvolti nello scomodo ruolo di indagati pezzi da novanta del calibro di Pignatone e Natoli e di coprotagonisti Scarpinato e De Raho che sono in atto parlamentari del movimento 5S il cui leader da Presidente del Consiglio mantenne a lungo la delega ai servizi, fatto mai accaduto prima né dopo. De Raho, già procuratore di Reggio Calabria dove subentrò a Pignatone e che lasciò per assumere l’incarico di Procuratore nazionale antimafia fino al pensionamento. Proprio durante il suo mandato è avvenuto il “fenomeno” degli accessi illegali nella Banca dati delle operazioni sospette estesi alle situazioni patrimoniali di politici, imprenditori e uomini dello spettacolo ma, pare, non di magistrati. De Raho oggi v. Presidente della Commissione antimafia, dice di non sapere nulla avendo delegato un aggiunto, Laudati, il quale però dichiara di avere sempre riferito al procuratore e di averne avuto il consenso. In ogni caso si trova a giudicare come parlamentare fatti di cui è stato protagonista da magistrato”.
“Ancora più clamoroso il caso Scarpinato -Natoli. Due magistrati in pensione che hanno svolto l’intera carriera di inquirenti tra Palermo e Caltanissetta. Il primo dopo essere andato in pensione come Procuratore Generale di Palermo, è stato candidato dai 5S ed eletto al Senato in Calabria. Considerate le sue competenze è stato indicato come componente della Commissione Parlamentare Antimafia. In questa funzione ha partecipato all’audizione dell’ex collega Natoli indagato a Caltanissetta, insieme a Pignatone, per collusione con esponenti di “cosa nostra”. Scarpinato ha pensato bene di incontrare Natoli e concordare domande e risposte da dare nel corso della seduta. Sarebbe come se il componente di un collegio giudicante si mettesse d’accordo con chi è sottoposto al suo giudizio sulle risposte da dare per giustificare il proprio operato. Siamo ben oltre l’immaginabile ad un livello mai raggiunto prima., almeno per quanto è dato sapere”.
“Di diversa natura ma non di minore rilievo è quello che accade nella procura di Milano. Qualche mese fa la conferma in appello della sentenza che ha condannato Davigo per abuso in atti d’ufficio. Il riconoscimento di un comportamento criminoso compiuto da un ex magistrato simbolo dell’implacabile Forza della Legge contro il malaffare suona come una clamorosa sconfessione di un’attività di contrasto portata avanti con metodi e forzature certamente oltre il limite posto dalla legge a chi indaga. È la fine ingloriosa di una stagione che sarà ricordata molto di più per le ingiustizie che ha causato che per le verità che sono state accertate. Pochi mesi dopo due PM ancora in servizio nella procura meneghina, De Pasquale e Spadaro, sono stati condannati in primo grado per non avere comunicato al Tribunale documenti rilevanti al fine del giudizio sugli imputati nel processo per le presunte tangenti pagate dall’Eni in Nigeria. Il primo grado del giudizio dà agli imputati il diritto di dichiararsi e di essere ritenuti innocenti fino alla sentenza definitiva. Figurati se posso essere io a negare questo sacrosanto diritto. Ma da questo a consentire agli imputati di continuare a rappresentare la pubblica accusa, ne corre!”
Capisco il tuo punto di vista. E ti chiedo cosa avrebbe dovuto fare il CSM?”
“La legge consente al CSM di portare avanti il procedimento disciplinare anche in costanza di pendenza del giudizio penale. Mi rendo conto che è giusta la cautela di chi deve decidere ma sarebbe stato opportuno, intanto, che i magistrati sotto inchiesta si occupassero di altro in attesa che tutto venisse definito. È vero che a De Pasquale non sono state confermate le funzioni semi direttive ma resta in Procura e continua ad occuparsi di indagini nel settore della corruzione internazionale. Questo mi sembra sbagliato oltre che arrogante”.
“Cosa sta succedendo secondo te?”
“Vi è in corso una lotta durissima tra gruppi agguerriti che utilizzano l’arma delle informazioni riservate personali e patrimoniali per minacciare e se necessario colpire persone che sono di ostacolo ai loro disegni. Ho il timore che tutto questo possa portare il Paese ad un punto di non ritorno”.
Derive autoritarie?
” Non credo. Temo di più una Democrazia fragile e ricattabile nella quale il distacco tra il ceto politico e i cittadini aumenti, con i “custodi” dei dossier che decidono chi colpire e chi no, per interesse personale ovviamente”.
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