LA POLITICA PARLA SOLO DI ALLEANZE, IGNORA I PROBLEMI E OSCURA IL REFERENDUM SULLA LEGGE ELETTORALE
di Giuseppe Gullo
I risultati delle elezioni Europee dello scorso giugno, per quanto riguarda l’Italia, hanno dato alcune indicazioni di grande rilievo. I partiti che compongono la coalizione al Governo hanno confermato grosso modo le percentuali sulle quali si erano attestati nelle legislative del 2022 con FdI che da sola prende dieci punti in più del totale dei suoi alleati. La Lega che veniva dal clamoroso risultato di cinque anni prima, quando aveva superato il 30%, ritiene soddisfacente il quasi 9% venuto fuori dalle urne che le consente di avere un ruolo al tavolo dell”esecutivo, mentre FI sfiora il 10%, diventa secondo partito della coalizione e allontana il timore di non potere sopravvivere alla scomparsa del suo fondatore. Sull’altro versante il PD supera il 24%, diventa di gran lunga il primo partito dell’opposizione con un numero di consensi più che doppio rispetto ai 5S, scesi sotto il 10%, e triplo rispetto a Verdi -Sinistr che pure superano il 7%.
È al centro che si è consumata la tragedia in qualche modo preannunciata e favorita da un clima litigioso e di risentimento personale. I due partiti che si sono sfidati in quell’area sono entrambi rimasti sotto la soglia dello sbarramento del 4%, dividendosi il 7% complessivo che avevano preso alle politiche di due anni prima. L’effetto, a meno di due mesi dal voto, è la decisione ufficializzata da Renzi, in modo molto teatrale com’è nella sua natura, di volere fare parte del campo largo tornato in auge dopo la sconfitta elettorale dei grillini. Calenda invece affida ad un’intervista una serie di condivisibili obiezioni relative al valore politico di un’operazione di puro schieramento che non tenta neppure formalmente di approfondire le questioni sul tappeto e trova unità solamente nella contrapposizione frontale nei confronti della destra, del Governo e della Presidente del Consiglio. Sembra che nessuno abbia memoria del fatto che un analogo atteggiamento, nella seconda metà degli anni 90 del secolo scorso, ha consentito a Berlusconi di essere protagonista assoluto della politica italiana per vent’anni col breve intermezzo dell’Ulivo di cui non si vede in lontananza la possibilità di rinascita, né si vede tantomeno la presenza di un federatore quale fu Prodi.
E’ sufficiente la sacrosanta opposizione al Governo di destra per formare una coalizione in grado di succedere all’attuale esecutivo senza sfaldarsi davanti alle prime difficoltà in politica interna e internazionale? Ovviamente no. La mediazione tra le diverse posizioni politiche è necessaria ma ha limiti evidenti oltre i quali non è possibile andare senza snaturarsi e andare incontro ad atteggiamenti contraddittori che alla fine farebbero il gioco degli avversari.
In concreto, in politica estera è possibile conciliare la posizione pro-Ucraina al fianco della Nato e l’impegno di aiuti militari ed economici con il “pacifismo” dei 5S e AVS? Si può manifestare al fianco dei movimenti pro-Palestina e dimenticare che Hamas ha attaccato Israele con un’azione militare che ha colpito contemporaneamente venti diversi obiettivi uccidendo 1.200 israeliani e prendendo centinaia di ostaggi? In politica interna è possibile tornare alla scelta dei bonus e dei soldi distribuiti senza controlli che hanno causato alle casse dello Stato un buco di 250 miliardi? E’ accettabile la posizione giustizialista di chi è schierato sempre e comunque in difesa dell’Ordine giudiziario anche quando vi è la prova certa di prevaricazioni, violazioni delle tutele costituzionali degli indagati e di fughe pilotate di notizie? Può esserci una comune posizione tra chi intende abrogare il Jobs act e chi lo ha voluto fermamente e lo difende tuttora? È conciliabile la posizione di chi è contro la ricerca di fonti di energia nei nostri mari, la costruzione di termovalorizzatori e coloro che sostengono la necessità opposta?
Si potrebbe continuare a lungo. Nessuno parla di legge elettorale né dell’urgenza di cambiare quella attuale e del contenuto di quella che verrà. È tutto tattica e posizionamento, il resto poi si vedrà. Le alleanze per governare e destinate a durare, se vittoriose, però non si fanno così.
La Politica è una cosa seria e deve dare risposte positive ai bisogni dei cittadini, deve ampliare l’area dei diritti individuali, deve garantire al maggior numero possibile di cittadini e in primo luogo ai meno abbienti il diritto alla salute, l’accesso gratuito all’istruzione di ogni ordine e grado, un lavoro dignitoso e corrispondente alle proprie capacità, un sistema giudiziario giusto e uguale per tutti. Tutto questo non si ottiene con le chiacchiere bensì con provvedimenti che vadano in questa direzione e che siano specificamente indicati insieme alle coperture finanziarie necessarie per realizzarli concretamente. La sanità, ad esempio, ha subito negli ultimi vent’anni tagli di molti miliardi, ad opera di tutti i Governi che si sono succeduti, con una differenza marcata tra il sud e il centro-nord e tra le stesse Regioni a seconda della capacità degli amministratori che si sono succeduti. Le scelte miopi sul numero chiuso delle facoltà mediche e dei corsi per paramedici, tecnici, fisioterapisti e simili ha costretto molte Regioni a cercare personale all’estero e spesso a lasciare scoperti molti posti soprattutto nella medicina di base. Si intende invertire la rotta? Occorre dire con quali provvedimenti e quali risorse finanziarie. Si pensa di intervenire sull’apparato amministrativo di Stato, Regioni e Comuni? Occorre farlo in contraddittorio con gli organismi interessati indicando provvedimenti e denari funzionali all’obiettivo perseguito. Si punta a rinnovare l’istruzione universitaria pubblica per elevarne il ruolo formativo? Allora bisogna rivedere profondamente la stessa esistenza delle Università telematiche che certamente non contribuiscono ad aumentare il livello qualitativo dei nostri laureati e studiare a fondo il sistema di reclutamento dei docenti puntando su merito e produttività.
Ciò che è certo è che su nessuno dei problemi enunciati vi sarebbe la possibilità di trovare soluzioni condivise dai singoli gestori del campo largo. Assisteremmo ad un copione già visto, le cui conclusioni sono state già messe in scena con i vari attori che recitano a soggetto a beneficio del proprio pubblico e non degli interessi generali. I fautori del campo largo ragionano prendendo le mosse dalla necessità di contrapporre uno schieramento con chiunque ci stia purché si opponga a quello che si è formato intorno a FdI. È così? È effettiva questa necessità? Tatticamente si, praticamente e politicamente no, per la semplice e decisiva ragione che è necessario un programma condiviso, impegnativo per chi lo sottoscrive e le cui indicazioni debbono essere precise. In mancanza la contrapposizione sarà solo strumentale e non in grado di governare. Alla prima occasione impegnativa si sfalderà.
Esempi ve ne sono a iosa. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo dopo il risultato del secondo turno delle legislative francesi, nelle quali le desistenze dei partiti contrari al RN hanno consentito al fronte popolare di avere la maggioranza relativa dei seggi sebbene la destra abbia avuto un maggior numero di voti. Subito dopo è iniziato un vero e proprio duello tra le varie anime del fronte incapace di trovare punti di contatto e perfino di indicare un candidato accettato da tutti come primo ministro. Senza considerare il fatto che se la legge elettorale francese avesse adottato lo stesso meccanismo del Rosatellum, il giovane Bardella avrebbe già varcato il portone dell’Hotel Matignon. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà la soluzione della crisi francese e soprattutto come opererà il nuovo Governo che stenta a trovare una comune piattaforma programmatica.
È dalla legge elettorale che bisogna partire tenendo ben presenti le peculiarità del nostro Paese e la sua storia almeno dalla nascita della Repubblica. Il dato certo da tutti formalmente condiviso è che il Rosatellum è un pessimo sistema elettorale. Le ragioni di un tale giudizio sono state chiarite molte volte ma l’unica iniziativa concreta per andare oltre quella legge è la raccolta delle firme per il referendum abrogativo promossa dal Comitato per la Rappresentanza. Da tutte le altre parti nulla di nulla, tanto che trova conferma l’idea che in fondo non dispiace a nessuno dei capi partito di potere gestire le candidature e di conseguenza gli eletti. Lo stesso ddl costituzionale sul premierato non contiene alcuna indicazione in merito al sistema per eleggere il Parlamento.
La stabilità è un falso mito, come ha dimostrato l’elezione francese dove l’uninominale a doppio turno ha creato le premesse di un vertice bicefalo almeno fino alle presidenziali del 2027. Molto più stabili furino certamente i Governi di coalizione che hanno retto l’Italia per oltre quarant’anni dalla liberazione fino al 1994, con una sostanziale unità di indirizzo politico. Il sistema proporzionale con preferenza e senza soglia di sbarramento consentirebbe a tutte le forze politiche e in particolare a quelle che si richiamano alla tradizione della cultura cattolica, liberale, socialista, repubblicana, azionista di concorrere ad avere una propria rappresentanza nelle Istituzioni elettive e partecipare alla formazione dei Governi di coalizione che si formeranno all’esito delle elezioni. I programmi di Governo saranno la sintesi delle proposte di ognuno dei Partiti che accetteranno di fare parte della maggioranza e sottoscriveranno l’impegno davanti al Paese e al Parlamento. Sono regole chiare che soddisfano pienamente il principio della corrispondenza della rappresentanza al numero dei voti conseguiti e che spingeranno a coalizzarsi i Partiti che hanno una condivisione di fondo dei principi fondanti della Repubblica.
Sarà inoltre possibile la nascita di una formazione politica di centro, progressista, europeista, lealmente sostenitrice dell’alleanza nordatlantica e dei valori delle Democrazie occidentali e delle libertà individuali ed economiche che esse hanno garantito. L’on Bettini rivendica la primogenitura del “campo largo” ed indica la necessità della nascita di un polo liberale. Qualcuno può prendere sul serio un simile appello, considerata la fonte dalla quale nasce? Il polo liberal-democratico nascerà solo con il contributo di coloro che hanno fatto dei principi e dei metodi del liberalismo e del socialismo la ragione del loro impegno politico e tra questi, sinceramente, è difficile annoverare il regista occulto del deserto dei tartari. Ma potrebbe anche darsi che da quell’improbabile pulpito sia forse venuta, per una volta, la predica giusta!
Fonte Foto: Pxhere.com – Mohamed Hassan – CC0 1.0 Deed