LA LUNGIMIRANTE PRUDENZA DI BIDEN DINANZI ALLA TRAGEDIA  MEDIORIENTALE

LA LUNGIMIRANTE PRUDENZA DI BIDEN DINANZI ALLA TRAGEDIA MEDIORIENTALE

di Giuseppe Gullo

Il Presidente degli Stati Uniti, di ritorno dalla visita lampo in Israele, ha pronunciato un importante discorso alla Nazione. Il suo contenuto merita un esame approfondito sia per l’importanza degli argomenti affrontati sia per la gravità e la complessità della situazione mondiale che Biden, giustamente, non ha sottaciuto.
Un primo elemento è rappresentato dal ribadito impegno dell’Amministrazione USA a sostenere Israele e Ucraina “per non minare la stabilità democratica del mondo”. La difesa della Democrazia, ha affermato il Presidente, è interesse preminente degli Stati Uniti per garantire la sua sicurezza nazionale ed evitare i costi molto più alti che causerebbe un mancato sostegno a quei Paesi da parte della più grande Nazione del mondo occidentale retta da un sistema democratico. A questo fine ha annunciato che chiederà al Congresso di stanziare 100 miliardi di dollari. Prima facie, le dichiarazioni di Biden potrebbero sembrare riduttive rispetto alla dimensione della posta in gioco. La difesa della Democrazia, tout court, dagli attacchi di chi intende sovvertirla dovrebbe essere la ragione fondamentale per agire. Evidentemente l’Amministrazione democratica ha il timore che eventi tragici, ma relativamente lontani dal punto di vista territoriale, possano non essere intesi in tutta la loro drammaticità da una parte dell’opinione pubblica americana. Da qui il particolare e insistito riferimento a garantire la sicurezza nazionale verso la quale vi è un’eccezionale sensibilità negli States. Non si tratta peraltro di evocare fantasmi bensì di ricordare che il terrorismo di matrice islamica ha colpito duramente ovunque, e il ricordo della tragedia delle torri gemelle è ancora ben presente nella memoria collettiva mondiale.
La salvaguardia della sicurezza nazionale è un problema planetario che coinvolge tutti gli Stati e di cui anche il nostro Paese è testimone con l’adozione della sospensione del trattato UE di libera circolazione nella frontiera est, il cui valore simbolico va ben oltre il provvedimento in sé. Biden, nel rivendicare il ruolo di Paese guida degli USA, con riguardo a Israele ha messo in evidenza la necessità di agire con ponderatezza e di evitare le reazioni di pura rabbia, riconoscendo che gli USA, non avendolo fatto dopo l’11 settembre, hanno proprio per ciò commesso errori che avrebbero potuto e dovuto evitare.
Ha poi fatto riferimento alla grande solidarietà internazionale all’Ucraina che ha visto ben 50 Paesi impegnati concretamente a sostenere quel popolo aggredito dalla Russia. Questo esteso sostegno, il maggiore mai avvenuto, dà la misura della capacità di mobilitazione e di collaborazione degli Stati democratici nel momento in cui uno di essi è aggredito con il rischio che sia travolto il sistema che si regge sul libero consenso dei popoli. Biden ha confermato la validità e l’importanza strategica dell’alleanza Nord Atlantica, confermando l’assoluta intransigenza nel garantire l’integrità territoriale di tutti gli Stati membri con particolare riferimento alle minacce più volte pronunciate dall’ex premier russo Medvedev, di fatto numero due del regime di Mosca. Le mire espansionistiche della Russia e l’idea di ricostituire l’URSS non potrà essere consentita e la NATO sarà ancora di più la garanzia che ciò non accada.  Leggendo il discorso del Presidente Biden non si può fare a meno di pensare cosa sarebbe potuto accadere se a quel posto vi fosse stato il suo predecessore, la cui elezione venne salutata come una svolta epocale nella storia dell’Occidente dai leaders di alcuni dei partiti oggi al governo. Per fortuna non sapremo mai cosa sarebbe potuto avvenire e se una situazione di grandissima tensione qual è quella attuale avrebbe potuto rapidamente degenerare in un conflitto ancora più ampio. L’azione risoluta ma prudente consigliata da Biden è saggia e merita sostegno e condivisione.
La Presidente del Consiglio italiana, che sostanzialmente gestisce in prima persona la politica estera del Governo, si è mossa tempestivamente e in coerenza con il sistema di alleanze di cui facciamo parte, sia per quanto riguarda la questione Ucraina, sia per l’aggressione scatenata da Hamas contro Israele. Intanto la realtà drammatica della guerra va avanti con la sua carica di morti e di distruzione e con le dichiarazioni folli di Netanyahu che “promette” altre migliaia di morti e la distruzione di Hamas e di tutto quanto si riferisca al mondo palestinese. Altri segnali di grande preoccupazione arrivano dal vicino oriente. Il leader turco Erdogan accusa esplicitamente Israele e il suo Governo di crimini di guerra e chiama a raccolta il mondo islamico per sostenere la Palestina. La Turchia fa parte della Nato e la sua posizione netta contro Israele, ampiamente condivisa in tutta l’area mediorientale, deve fare riflettere e non può essere sottovalutata. Purtroppo gli organismi internazionali sono del tutto incapaci d’interventi efficaci e perfino le dichiarazioni sicuramente non rivoluzionarie del Segretario Generale dell’ONU sono contestate aspramente. La risoluzione presentata dai paesi arabi alle Nazioni Unite per una tregua umanitaria è stata bocciata dagli USA, che hanno votato contro, mente Italia, Germania e GB si sono prudentemente astenute. Essa, approvata a maggioranza, in sostanza non produrrà alcun risultato a riprova dell’assoluta ininfluenza delle NN.UU.
Il nostro posto è al fianco degli alleati con i quali condividiamo i valori della Democrazia, della legalità e dell’autodeterminazione. Atteggiamenti ambigui o incerti sarebbero esiziali e ci farebbero perdere ogni credibilità nei rapporti internazionali. E’ giusto avere rispetto e solidarietà nei confronti del popolo palestinese, né è possibile negare la situazione di grande difficoltà e di sfruttamento nella quale esso si trova da decenni. Non si può tuttavia accettare e/o giustificare l’attacco terroristico che ha provocato la morte di migliaia di civili inermi e innocenti, né si può contestare il diritto di chi è stato attaccato di difendersi e, a sua volta, contrattaccare senza lasciare nulla di intentato, nello stesso tempo, per arrivare ad una tregua giusta e garantita. Chi abbandona la strada del negoziato e della diplomazia e affida le sue ragioni solo alle armi diventa oppressore e perde in un momento tutte le ragioni che sono alla base delle giuste rivendicazioni.
Chi agita le piazze, anche al di fuori del mondo islamico, dovrebbe tenere presenti questi fatti prima di lanciare slogan che servono solo ad alimentare un fuoco che è già molto forte e che rischia di travolgere e bruciare ogni cosa.

 

Fonte Foto: Wikimedia CommonsGage SkidmoreCC BY-SA 2.0 Deed

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