LA GIUSTIZIA PENALE SECONDO NORDIO
di Giuseppe Gullo
Il nuovo Ministro di Grazia e Giustizia, dopo il mezzo passo falso del DL “anti rave” e quello del rinvio delle norme che attribuivano al giudice di merito la possibilità di applicare la pena alternativa, ha stupito tutti con le dichiarazioni rese davanti alla Commissione Giustizia della Camera. Quanto ha detto il Ministro è di eccezionale importanza per varie ragioni. Anzitutto per il contenuto riferito allo stato della giustizia penale. In sintesi il Ministro ha affermato che è necessaria la separazione delle carriere di PM e giudici e che vi è un abuso delle intercettazioni telefoniche e ambientali che debbono essere riformate in senso garantista.
Il ministro è stato lapidario: «La diffusione pilotata e arbitraria di intercettazioni è una porcheria. Non è civiltà, libertà, è una deviazione dei principi minimi di civiltà giuridica. Su questo sono disposto a battermi fino alle dimissioni». Ha aggiunto che il principio costituzionale di non colpevolezza non è adeguatamente rispettato e applicato, e che vi è un eccessivo ricorso alla custodia cautelare anche come forma di pressione sull’indagato per ottenere confessioni.
Queste affermazioni programmatiche, chiare e circostanziate, sono state fatte davanti alla Commissione Giustizia della Camera e cioè nella sede dell’organo che dovrà esaminare il pacchetto delle proposte. Non parole in libertà, ma impegni nella corretta sede istituzionale. Nordio sottolinea il fatto che la sua quarantennale esperienza di PM, titolare di importanti inchieste come quella sul Mose, gli consente di esprimere giudizi, valutazioni e proposte conoscendo dall’interno i meccanismi di funzionamento del processo e dell’attività investigativa. Parla della condizione disumana delle carceri affermando il principio sacrosanto che la pena non può consistere solo nella reclusione e non può avere soltanto una finalità afflittiva. Dichiara di volere riformare in senso liberale il codice penale promulgato in epoca fascista e definisce l’ergastolo ostativo una vera eresia giuridica, e l’obbligatorietà dell’azione penale un principio spesso disatteso o utilizzato a fini diversi da quello di fare giustizia.
La reazione dell’ANM è stata immediata e molto critica. Il Presidente del sindacato dei magistrati ha parlato di giudizi ingenerosi e della volontà di subordinare i PM all’esecutivo. Argomenti vecchi, triti e ritriti, in questa occasione molto meno incisivi e credibili a fronte di argomentate considerazioni di un Ministro che proviene dall’Ordine giudiziario e che per 40 anni è stato Pubblico Ministero, e può permettersi di rispondere che tutta la sua vita professionale è stata caratterizzata dalla difesa dell’autonomia della magistratura e che la separazione è altra e diversa cosa. In qualche modo l’opposizione dell’ANM era scontata. La magistratura è contraria da sempre a qualunque riforma che modifichi uno stato di fatto che ha dato vita al Governo dei giudici con tutte le negative conseguenze che esso ha causato.
Molto meno scontata e comprensibile la presa di posizione del PD che ha affidato alla capogruppo alla Camera una dichiarazione ostile al programma illustrato dal Guardasigilli. Vaghe e confuse accuse di contraddittorietà e di punti inaccettabili senza chiarire quali siano e perché non potrebbero essere accolti. Opposizione fatta per dire NO sempre e comunque a quello che propone il governo senza discernere ciò che può essere utile appoggiare e portare avanti nell’interesse del Paese, magari contribuendo a migliorarlo o introducendo altre questioni che non sono state poste. I 5S hanno immediatamente cavalcato il giustizialismo e la difesa ad oltranza della linea dura di chi vuole più intercettazioni, più carcere, più custodia cautelare; in sintesi, meno o nessun garantismo.
Occorre, invece, avere l’obiettività di riconoscere che il Ministro ha posto nel modo giusto e nella sede idonea alcuni reali e annosi problemi della Giustizia italiana, e che questo sforzo, se si tradurrà in atti concreti, merita sostegno e condivisione. E’ necessario inoltre arricchire il quadro complessivo delle questioni aggiungendone alcune che non sono state menzionate e che meritano attenzione ed esame. Mi riferisco al CSM e al suo funzionamento, per quanto riguarda sia le nomine sia i provvedimenti disciplinari, alla valutazione della produttività dei magistrati secondo criteri oggettivi (che dovranno costituire la base per la progressione di carriera che non può essere automatica e fondata sull’anzianità), alla riforma del Ministero di Grazia e Giustizia (per porre fine all’anomalia di magistrati che ricoprono ruoli di vertice nella gerarchia amministrativa del dicastero), al reclutamento e alla formazione dei giudici e al loro aggiornamento, ma anche alla modifica dell’accesso alla professione forense. Questo solo per citare alcuni titoli.
Si deve riconoscere che Nordio ha lanciato un grosso masso nelle acque invero agitate del mare magnum del pianeta Giustizia, attraversato da scandali, conventicole, cordate, ambizioni sfrenate, lotte all’ultimo sangue per il predominio, con sullo sfondo incursioni e indebite ingerenze in campi riservati dalla Costituzione ad altri poteri. Chi ha a cuore il buon e corretto funzionamento dell’amministrazione della Giustizia non può che sostenere questo sforzo e sperare che sia l’inizio di una stagione di reale cambiamento, e non solo di aspro e inconcludente confronto.