IL VOTO GIOVANILE E IL MERCATO DEL LAVORO

IL VOTO GIOVANILE E IL MERCATO DEL LAVORO

di Giuseppe Gullo

Con il passare dei giorni l’analisi del voto scende in profondità e diventa occasione di esame più puntuale. Come hanno votato gli elettori più giovani? Una società che studia i flussi elettorali pubblica i risultati di questa indagine suddivisa tra la fascia 18/24 e 24/35. L’esito è molto indicativo. Nella fascia più giovane i maggiori consensi sono andati ai 5S, che hanno avuto una percentuale di oltre il 18% e cioè di tre punti superiore a quella delle elezioni. Ancora di più Azione, che ha avuto nella prima fascia l’11,4%; FdI invece annaspa e perde consensi rispetto alla percentuale conseguita. Il PD è sotto di circa il 2,5% in entrambe le fasce, come la Lega. Stazionarie sulle loro percentuali le altre formazioni maggiori. FdI riconquista il primato nella seconda fascia 24/35 seguita dai 5S e da Azione. Il PD è il primo partito tra gli elettori con più di 64 anni, a riprova del fatto che è percepito come una forza politica sostanzialmente conservatrice.
I dati che ho appena riferito sono tratti da Repubblica per la quale sono stati elaborati da una società, la “Opinio”. Contemporaneamente, il Sole 24 ore e l’on. le Marattin, presidente uscente della Commissione Finanze della Camera e Professore di Economia dell’Università di Bologna, hanno pubblicato i dati che mettono a confronto il numero dei percettori del reddito di cittadinanza con il numero di voti conseguiti dai 5S in ogni singola Regione. I risultati sono sorprendenti: oscillano tra il 34,7% della Campania, il 29,3 della Calabria, il 27 della Puglia e della Sicilia. fino al 7% del Veneto, ultima Regione in questa particolare classifica. Capisco che il dato può essere frutto di un caso, della particolare capacità di penetrazione dei Grillini in queste Regioni, dell’interesse che la proposta politica dei 5S suscita a Scampia e dintorni, ma resta un dato certo e incontrovertibile.
Qualcuno sostiene che – al netto degli imbrogli, delle separazioni fittizie, dei lavori in nero, dei rifiuti di essere assunti secondo legge – il RdC ha svolto un’importante funzione sociale di sostegno alle classi più disagiate e contestualmente ha disinnescato tensioni sociali sempre latenti. Prendiamo per buone queste ragioni. Mi chiedo: perché non pretendere che il beneficiario svolga un’attività lavorativa continuativa con orario sindacale nel settore che l’ente pubblico, il Comune in primo luogo?
Potrei riferire con prove documentali che in molti casi, di cui sono personalmente a conoscenza, il beneficiario viene utilizzato pochissimo, in lavori assolutamente marginali senza alcun reale beneficio per la collettività. Il Lazio ha oltre 231000 percettori di RDC dei quali, immagino, la massima parte nell’area urbana di Roma che è la più popolosa. Tutti sanno che la Capitale ha un drammatico problema di raccolta dei rifiuti e pulizia delle strade, dei giardini, dei viali tale da rendere la città quasi invivibile. L’immissione di qualche migliaio di persone a lavorare stabilmente in questo settore non migliorerebbe la situazione? Per l’anno in corso il costo complessivo del RdC  sarà di 8,6 miliardi di euro, una somma molto consistente a fronte della quale non viene fornito alcun servizio. A questo deve essere aggiunto il costo stratosferico di 52.000 euro per ciascun posto di lavoro nuovo creato nel pubblico a fronte di un costo di 25.000 euro nel privato (dati ufficiali INPS).
La maggior parte del costo pubblico viene raccolta con ulteriore indebitamento dello Stato. Il peso di tutto questo ricadrà sulle nuove generazioni e non è certamente una bella prospettiva. Potrebbero essere utilizzati meglio, questi quasi dieci miliardi di euro, o rischieremmo le barricate nelle strade e le molotov contro la Polizia? Sarebbe male se la metà fosse investita nella scuola e l’altra nella sanità?
Personalmente sono dell’opinione che confondere lo Stato sociale con l’assistenzialismo indiscriminato non serve a creare un vero sistema di sostegno per le reali situazioni di bisogno e invece consente a chi non vuole cercare un lavoro di essere mantenuto per poltrire. Non è una fantasia quella di dovere constatare che molti lavori vengono rifiutati dai nostri compatrioti perché ritenuti troppo pesanti e mal retribuiti. I collaboratori familiari e i badanti sono tutti provenienti da altri Paesi, e non c’è ristorante, bar, pizzeria, panineria e simili in cui i lavapiatti e spesso chi serve al banco non siano immigrati. Nelle grandi città i muratori, gli elettricisti, gli idraulici, i calzolai sono tutti comunitari o extra comunitari ma non italiani. Questo è un fatto. La conseguenza è quella di cui parlano chiaramente i numeri.

Commenta questo articolo

Wordpress (0)
Disqus ( )