IL PROCESSO DAVIGO
di Giuseppe Gullo
Il processo a carico di Piercamillo Davigo procede speditamente davanti al Tribunale di Brescia nell’assoluto disinteresse dei media, tranne qualche limitata eccezione. Questo mentre alcuni dei protagonisti diretti e/o indiretti della nota vicenda, e che ne sono stati all’origine, tornano ad occupare le prime pagine dei giornali. L’ultima notizia è quella che riguarda il Procuratore aggiunto di Milano De Pasquale, capo del dipartimento reati finanziari internazionali, già componente del gruppo che a suo tempo gestì la stagione dell’inchiesta c.d. “Mani Pulite”, in assoluto la più nota ed anche quella che ha prodotto gli effetti più dirompenti sugli assetti istituzionali ed in definitiva sulla Storia della Repubblica.
De Pasquale ha chiesto di essere confermato nel suo incarico e, prima della decisione del CSM, sulla domanda ha dovuto esprimere il proprio parere il Consiglio giudiziario milanese. Vi era attesa per questa decisione in quanto il candidato, oltre ad essere imputato a Brescia per l’ipotesi di omissione in atti d’ufficio, è sottoposto a procedimento disciplinare per avere mantenuto un comportamento contrario ai suoi doveri quale PM del processo Eni/Nigeria occultando prove che riteneva potessero essere favorevoli agli imputati. Com’è noto il processo ENI si è concluso con la piena assoluzione dei vertici del colosso energetico e la completa disfatta dell’ipotesi accusatoria.
Problema non semplice quello che si è trovato davanti il Consiglio Giudiziario milanese, dovendo esprimere una valutazione di adeguatezza professionale per un incarico di grande rilievo e importanza nei confronti di un magistrato di provata esperienza il quale, come titolare della pubblica accusa in un processo di altissimo impatto mediatico con riflessi nazionali e internazionali di eccezionale esplosività, ha cercato di modificare l’esito del giudizio.
Il genio italico, dopo lunga meditazione, ha tirato fuori dal cappello la soluzione. È vero che il comportamento di De Pasquale nell’occasione del processo ENI è stato censurabile, ma l’intera sua carriera è stata così prestigiosa e colma di successi che un incidente di percorso non può offuscarne l’immagine e la professionalità. Sarebbe come dire, mutatis mutandis, che un marito fedele e devoto alla moglie per trent’anni che viene colto in flagrante adulterio una sola volta deve essere perdonato per non averlo fatto mai prima d’allora. Non oso neppure pensare che nella formulazione di un tale giudizio assolutorio possa avere avuto un peso la beltà dell’oggetto del desiderio che, trasposta dalla realtà processuale a quella umana e coniugale, potrebbe far pensare ad un incontro con miss Africa. Vedremo quale sarà la valutazione del CSM che se ne occuperà a breve.
Per tornare al processo Davigo, i testimoni eccellenti si susseguono. La parte civile Ardita ha citato l’ex Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato, Santoro, ora in pensione, il quale ha riferito di due cene organizzate a casa sua a Roma nel 2019 e nel 2020, alle quali ha partecipato il dott. Davigo insieme al Presidente della Sesta Sezione del Consiglio di Stato e, alla prima di esse, anche il Procuratore Nazionale Antimafia, oltre ad una signora che non faceva parte del mondo giudiziario e che forse era stata invitata a fini ”decorativi”. Le cene erano state fatte per discutere, in vista dell’imminente compimento dell’età della pensione da parte di Davigo, di eventuali iniziative da prendere per ottenere di innalzare l’età pensionabile.
Dalle dichiarazioni sono emersi fatti di un certo rilievo. Santoro era indagato dalla Procura di Roma per corruzione a seguito di una denuncia dell’imprenditore Calafiore, amico e sodale dell’avv. Amara. L’indagine venne archiviata ma l’ex Presidente aggiunto del CdS. rimase nell’occhio del ciclone in quanto inserito nell’elenco degli affiliati alla Loggia Ungheria. Circostanza quest’ultima nota a Davigo, che all’epoca aveva già avuto i verbali dal PM Storari. Non solo. Il Presidente del collegio giudicante ha chiesto chiarimenti sulle ragioni della presenza del Presidente della Sesta Sezione del CdS alla quale erano assegnati i ricorsi contro le delibere del CSM. Nessun problema replicò Santoro la competenza per il caso Davigo sarebbe stata del giudice ordinario! E allora? Una cena tra amici prossimi alla pensione per discutere di come trascorrere il tempo da ex magistrati tra una partita a bocce e qualche chiacchiera da salotto.
Ancora più interessante la deposizione del giornalista del Fatto Quotidiano Massari, teste della parte civile Ardita, che ha riferito di avere ricevuto dal suo giornale la copia della deposizione di Amara resa ai PM di Milano Pedio e Storari. Ha precisato che il plico anonimo era giunto nella redazione romana del quotidiano e il contenuto gli era stato trasmesso in quanto si era occupato in passato delle vicende giudiziarie nelle quali Amara era stato coinvolto. Massari, dopo qualche giorno, consegnò il contenuto del plico ai due PM di Milano che avevano raccolto la deposizione ed ebbe subito la sensazione, sulla base della loro reazione, che il contenuto fosse quello autentico. Ovviamente non ha indicato possibili fonti né la ragione per la quale il plico fosse stato indirizzato al Fatto. Il Presidente del Tribunale, ascoltando queste dichiarazioni, si è lasciato scappare: ”l’ha portato la corrente, come è stato per Mosè”. Mai affermazione fu più pertinente e più adeguata ai contorni incerti e fumosi che coprono tutta la vicenda. Solo l’immaginazione riesce a spiegarla!
Che dire poi della testimonianza del Procuratore aggiunto di Milano Pedio, contitolare del fascicolo Amara con il collega Storari. La teste ha negato l’esistenza di qualunque contrasto nella conduzione dell’indagine e ha affermato che la collaborazione e la fiducia tra lei e Storari erano totali, tanto che ogni atto dell’inchiesta è stato fatto a firma congiunta. Perché allora vi è stata la richiesta di aiuto fatta a Davigo da Storari, giustificata dall’impossibilità di svolgere indagini su quanto dichiarato da Amara? La Pedio non sa trovare una risposta e non comprende come sia potuto accadere. Mistero nel mistero e a fine mese renderà le sue dichiarazioni l’imputato eccellente.