Il PNRR deve abbattere gli squilibri territoriali tra Nord e Sud. Ma è proprio così?
di Giovanni Mollica
Responsabile Nuovo Meridionalismo
Come Nanni Moretti in “Palombella rossa”, Democrazia liberale sostiene che “Le parole sono importanti”. Ma non per tutti.
Non ci riferiamo a vocaboli banali ma a un termine “pesante”: quel principio di “eguaglianza” intrinseco al DNA del partito e citato nell’Art. 3 della Carta costituzionale: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Che l’Unione europea consideri l’eguaglianza un valore fondante del Next Generation Plan EU (NGP) – e della montagna di miliardi che esso porta con sé – dovrebbe dare modo ai governi italiani di attuare (finalmente!) alcuni tra i più trascurati obiettivi indicati dalla Costituzione.
Lo stesso Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR) nasce allo scopo di “combattere le diseguaglianze tra i Paesi e gli squilibri tra regioni … in termini di distribuzione del reddito e della ricchezza ..”. Ne deriva che le risorse concesse al nostro Paese devono essere utilizzate per porre rimedio al drammatico squilibrio tra Centro-Nord e Sud e non dirottate ad altri fini e ad altri territori, in spregio al fatto che il Mezzogiorno italiano è l’area dell’intero continente col reddito più basso e la più alta disoccupazione.
Lo stesso Commissario europeo per l’Economia, Gentiloni, ha riconosciuto che “L’Italia ha ottenuto una sommatoria di risorse così rilevante grazie (si fa per dire!) allo stato di arretratezza infrastrutturale del Mezzogiorno e quindi obiettivo primario e fondamentale deve essere quello di garantire davvero la realizzazione di interventi organici proprio in tali aree”.
Appare sempre più evidente che parole come “eguaglianza” e “squilibri tra le Regioni” non hanno per tutti lo stesso significato. Solo così si spiega perché l’originario 70% destinato al Meridione è sceso al 29% nell’interpretazione del Governo e delle Camere. E, molto probabilmente, scenderà ancora.
Senza entrare puntigliosamente nel merito delle ragioni – alcune obiettive, altre indifendibili – che stanno all’origine della distrazione di risorse operata nei confronti del Mezzogiorno, va rilevato che non sarebbe difficile porre rimedio a questa rozza eterogenesi dei fini se solo vi fosse la volontà di farlo.
Volontà che le istituzioni dell’ex Bel Paese non mostrano di avere, pur nella consapevolezza che la definizione di una metodologia per la rendicontazione della spesa sociale – prevista dall’articolo 29, paragrafo 4, del Regolamento del PNRR – potrebbe causare una richiesta di restituzione delle somme erogate. O la loro trasformazione da erogazioni a fondo perduto in prestiti onerosi. Rischio ancor più grave in quanto le indicazioni specifiche saranno rese note soltanto dopo l’approvazione dei PNRR stessi.
Perché accade tutto ciò? Perché una persona di grande qualità – pur nella scarsa attenzione mostrata, fino a oggi, verso i problemi del Sud – come il Premier non si accorge che l’Italia sta venendo meno agli impegni assunti con l’Ue? Chissà che Draghi non ci dedichi quell’attenzione che i partiti non ci hanno ancora concesso.
Secondo Democrazia Liberale, però, c’è un’altra ragione: l’ormai cronica scarsa sensibilità dei partiti – maggioranza come opposizione – alle istanze sociali che vengono dal Paese. Dediti solo a tutelare gli interessi immediati delle realtà economiche e geografiche di riferimento, restano sordi davanti alle richieste provenienti dagli “ultimi”, parola che ormai va declinata in senso geografico. Per poi meravigliarsi dello straordinario successo ottenuto da movimenti che si appellano alla giustizia sociale, come accaduto al M5S alle ultime politiche.
Una ventennale e colpevole “disattenzione” confermata dalle risposte non date alle precedenti note del nostro giovane Partito. Democrazia Liberale si augura che il Presidente Draghi – anche sulla scia di quanto detto dal Capo dello Stato nel discorso di insediamento -, abbia la forza di ridare alle parole il significato originario.