IL NUOVO CSM UGUALE AL VECCHIO
di Giuseppe Gullo
La promessa “rivoluzione” della pseudo riforma del sistema elettorale per l’elezione dei componenti togati del CSM si è risolta in un grande bluff. Il tentativo di eliminare il controllo delle correnti sull’organo di autogoverno della magistratura è fallito miseramente come, peraltro, era stato ampiamente e motivatamente previsto. I risultati parlano chiaro: su venti eletti ben 18 sono candidati ufficiali dei gruppi organizzati e precisamente 7 di Magistratura Indipendente, destra, 6 di Area, centro sinistra, 4 Unicost, centro, 1 Magistratura Democratica, sinistra. Solo due erano candidati non ufficiali con una differenza. Fontana faceva parte di Area con la quale ha rotto per avergli preferito un altro esponente, Palazzi, poi non eletto. Il vero indipendente è solo uno, Mirenda, fustigatore implacabile di malcostume giudiziario e recentemente al centro di polemiche per l’uso di espressioni, diciamo così, forti e colorite. Questi i fatti chiari e documentati. Qualche considerazione deve essere fatta in attesa che il nuovo Parlamento elegga i dieci membri laici i quali, se i sondaggi saranno confermati, saranno in maggioranza di destra e così rafforzando quello schieramento già vincente tra i togati.
Il sistema elettorale venuto fuori dalla riforma Cartabia era un compromesso al ribasso rispetto a posizioni contrapposte. Coloro che si battevano per lo smantellamento effettivo del sistema che aveva dato origine a quello che è oramai noto come il metodo Palamara, proponevano il sorteggio temperato, vale a dire il sorteggio per individuare un’ampia platea dei candidati e poi l’elezione. Solo così sarebbe stato possibile liberare il CSM dal pesante ed esiziale abbraccio delle correnti organizzate che altrimenti avrebbero continuato a praticare la spartizione secondo il metodo dei pacchettoni così tristemente noto. E’ giusto ricordare che un buon numero di giudici del Movimento 101 si erano pronunciati a favore del sorteggio ma la feroce opposizione dell’ANM aveva vanificato ogni tentativo di reale cambiamento, sostenendo e facendo poi approvare, com’è accaduto, una finta riforma che mantenesse le situazione esattamente quale era stata negli ultimi decenni.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti e non potrà che confermare quanto è ormai chiaro, e cioè che la Magistratura associata non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro anche di fronte al marcio che è emerso, ai soprusi che sono stati accertati, alle vendette dirette e trasversali che sono state consumate e alle clamorose invasioni di campo in violazione della Costituzione e delle leggi. Vi è molto diffuso un sentimento auto assolutorio secondo il quale singoli episodi non inficiano l’integrità e la saldezza dell’Ordine. Il fatto che i più importanti uffici giudiziari del Paese siano stati travolti da scandali, molti dei quali in corso e potenzialmente gravidi di novità clamorose, che vi sia la prova non smentita in modo credibile di contrattazione su nomine, promozioni, assegnazioni di Presidenze e di Procure prestigiose, viene classificato come comportamento deprecabile ma pur sempre isolato e non tale da mettere in discussione il prestigio della Magistratura. La verità amara è, a mio giudizio, che ancora una volta il Parlamento ha perso l’occasione per mettere ordine e fare chiarezza su una questione assolutamente fondamentale, e cioè che le regole fissate dal legislatore devono essere attuate e non stemperate sotto la minaccia, com’è avvenuto, dello sciopero o, peggio ancora, del tintinnio delle manette.
La Legislatura che si aprirà tra pochi giorni ha davanti scadenze di eccezionale impegno. Alcune di esse sono frutto di emergenze che nessuno avrebbe potuto prevedere e che, ovviamente, richiederanno un impegno e un lavoro intenso e prioritario dovuto all’urgenza e alla gravità dei problemi. Il nuovo Parlamento e il Governo che si formeranno troveranno, inoltre,anche vecchi problemi mai affrontati, o che hanno avuto soluzioni del tutto inadeguate.Tra questi il pacchetto Giustizia resta tra i più importanti. Il “male oscuro” che ormai da più di trent’anni ha pervaso le Istituzioni ha necessità di essere affrontato con riforme profonde che riconducano la Magistratura a svolgere esclusivamente l’alto compito che le assegna la Costituzione: applicare le leggi in piena autonomia, nel completo rispetto dei limiti fissati dalla Carta e senza invasioni nel campo dei poteri legislativo e esecutivo.
Questo non si ottiene con finte riforme ma incidendo profondamente nel corpo malato con un bisturi usato da mani sapienti. Separazione delle carriere e ruoli diversi ab origine tra inquirenti e giudicanti, modifica sostanziale del CSM con l’introduzione del sorteggio, anche temperato, per la scelta dei membri togati, creazione di un apposito organo con competenza sui provvedimenti disciplinari, eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale e formulazione di linee guida annuali per l’indicazione delle priorità, fissazione di criteri rigidi in materia di graduatorie per il conferimento degli incarichi direttivi, limiti al ricorso alla custodia cautelare, obbligo di ispezione ministeriale nel caso di fuga di notizie e/o documenti secretati, valutazione periodica della produttività dei giudici, introduzione dell’immunità parlamentare, giusto per indicare alcuni provvedimenti urgenti per fare ordine e ricondurre nel naturale alveo l’esercizio della giurisdizione. Il ricorso a false riforme serve solo a mantenere uno status quo che sta contagiando in modo grave tutto il sistema istituzionale.
Quando il male va avanti, è necessario intervenire finché si è in tempo.