IL LUNGO PERCORSO DEL POST-FASCISMO: DALL’MSI, AD AN, SINO A FdI
di Giuseppe Gullo
Ha fatto discutere e ha diviso i commentatori di politica il fatto che il Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, abbia partecipato alla commemorazione del 75 anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano, partito dichiaratamente ispirato dal fascismo il cui acronimo, secondo alcuni, significa Mussolini sempre immortale. Confesso che non trovo nulla di scandaloso o d’inquietante in quanto è avvenuto e nel fatto che l’attuale Presidente del Senato, a lungo militante di quel Partito di cui è stato rappresentante in Parlamento, abbia ritenuto di ricordare la data della sua fondazione. Molta acqua è passata sotto i ponti, il MSI non esiste più da molti anni e di esso, oltre alla memoria di ciò che fu, resta la fiamma tricolore nel simbolo di FdI.
La così detta svolta di Fiuggi voluta fortemente da Fini e realizzata nel 1995, decretò la fine del Partito post fascista e la nascita di un nuovo soggetto politico, Alleanza Nazionale, che poneva la propria candidatura alla guida del Paese recidendo anche formalmente i legami con il regime mussoliniano. L’attuale Presidente del Consiglio, allora appena diciottenne, e il più maturo odierno Presidente del Senato, fecero parte del gruppo dirigente che operò quella svolta, alla quale dobbiamo guardare come ispirata da sinceri sentimenti di adesione ai principi costituzionali che reggono la Repubblica. Quell’atto politico chiuse definitivamente la politica dell’arco democratico che fu per decenni il credo politico e l’espediente tattico con il quale veniva escluso il MSI dalla gestione della cosa pubblica.
Per la verità, in passato le eccezioni c’erano anche state, e di esse hanno responsabilità o merito, a seconda del punto di vista, i partiti maggiori: la DC che chiese e accettò i voti dei parlamentari missini per eleggere Segni nel 1955 e Leone, nel 1971, oltre che per sostenere la breve vita del Governo Tambroni nel 1960, e il PCI che fu artefice della Giunta Milazzo, ottobre 1958, che in Sicilia per una breve stagione lo vide alleato del MSI per estromettere dalla guida della Regione la DC. Questi avvenimenti consentirono al MSI di mantenere un proprio ruolo politico e una rappresentanza parlamentare che il suo leader riuscì a utilizzare con abilità e spregiudicatezza. Nel sud del Paese, in Sicilia in modo particolare, il Movimento Sociale mantenne a lungo una consistente presenza all’interno della quale esisteva e operava attivamente una componente militarizzata costituita da picchiatori il cui compito era quello di intimorire le organizzazioni giovanili e studentesche della sinistra impegnate, tra la fine degli anni 60 e la metà del decennio successivo, a sostenere le giuste rivendicazioni degli studenti soprattutto nelle Università. Quest’ organizzazione parallela, che aveva piena copertura dal FUAN con il quale spesso si identificava, era certamente antidemocratica, ma negli anni esaurì il proprio ruolo fino a non essere più riconosciuta dallo stesso partito di riferimento. Molti dei dirigenti di FdI hanno avuto periodi più o meno lunghi di militanza in quelle organizzazioni e oggi si trovano a ricoprire incarichi ai vertici dello Stato.
E’ vero che vi sono ancora frange di ultrà della destra che sognano i pestaggi e le purghe, ma mi sembrano piuttosto isolate e circoscritte. Probabilmente lo stesso fenomeno esiste nell’estrema sinistra c.d. antagonista che non ha più un Partito di riferimento, né probabilmente un’organizzazione strutturata, ma che sogna egualmente la rivoluzione e “il potere al popolo”. Sono entrambi, a mio avviso, fenomeni fisiologici in qualunque società libera nella quale sopravvive in forma molto primordiale il mito di passati regimi che la Storia ricorda per i milioni di morti che hanno causato e per la negazione dei diritti fondamentali dei cittadini.
Il pericolo che la nostra società corre realmente è un altro e cioè quello dell’omologazione, della realtà indifferenziata nella quale tutte le vacche sono nere. Destra e sinistra non si distinguono, tutto paradossalmente diventa dello stesso colore e solo qualche lieve sfumatura, talvolta difficile da individuare, fa la differenza. E’ così? E’ impossibile individuare le differenze? In fondo c’è chi celebra l’anniversario della fondazione del Partito neo-fascista e chi quello del Partito post-comunista, chi si appella ai principi delle grandi democrazie liberali e chi strizza l’occhio ai regimi autarchici e populisti; ma, alla fine, la barca è la stessa, gli scandali riguardano tutti in Italia e in Europa, e si finisce col dovere sperare che sia un ministro conservatore o un ex magistrato a porre argine allo strapotere dell’ordine giudiziario.
Ma non è così. Occorre che chi crede nelle grandi battaglie civili e sociali si riappropri di quelle bandiere e le porti avanti senza tentennamenti e incertezze. I valori dell’Occidente, e ciò che essi hanno rappresentato negli ultimi settant’anni, non sono rinunciabili e/o negoziabili perché sono alla base del progresso e del benessere di cui godiamo, i diritti civili per tutti coloro che vivono o vengono nel nostro Paese debbono essere riconosciuti, le donne debbono essere tutelate e valutate per le qualità che hanno, una più equa distribuzione della ricchezza deve essere perseguita con azioni serie e mirate nei confronti delle grandi rendite soprattutto finanziarie, l’equilibrio tra i poteri dello Stato è irrinunciabile così come il primato della Politica nella gestione dello Stato.
Non siamo tutti uguali e tali non dobbiamo apparire. Chi è diverso da coloro che celebrano l’anniversario della fondazione del MSI non deve indignarsi ma piuttosto spiegare le ragioni per le quali non condivide affatto le ragioni di un ricordo che per tanti versi non rappresenta i valori e i principi sui quali si fonda la nostra Repubblica.