IL FANTASMA DI DALLA CHIESA EVOCATO DALLA FIGLIA CONTRO ANDREOTTI

IL FANTASMA DI DALLA CHIESA EVOCATO DALLA FIGLIA CONTRO ANDREOTTI

di Giuseppe Gullo

L’on. Rita Dalla Chiesa è membro della Camera dei Deputati eletta nelle liste di Forza Italia. Dopo una lunga carriera come conduttrice di programmi Televisivi sulle reti Mediaset e un matrimonio col compianto e rimpianto Fabrizio Frizzi conclusosi con un divorzio, ha abbracciato in età matura, è nata nel 1947, l’impegno politico in precedenza limitato ai problemi ambientali e animalisti.
Qualcuno, fondatamente, ha ritenuto che alcuni figli e parenti prossimi di personalità vittime di organizzazioni criminali mafiose abbiano avuto dalla politica una sorta di “risarcimento” per le tragiche perdite che li hanno colpiti. Così è stato per i Dalla Chiesa – anche Nando, il fratello di Rita, è stato deputato ma nelle liste di sinistra – e anche per Chinnici e Borsellino con esperienze non esaltanti. Quanto accaduto e accade ha un senso soprattutto in rapporto a quanto avvenuto con la Salis e con Vannacci che, sulle ali di una notorietà costruita su vicende personali molto discutibili, hanno varcato le porte del Parlamento di Strasburgo.
Nessuno stupore, pertanto, se la settantasettenne figlia del Generale ucciso dalla mafia abbia pensato di fare un gradevole giro a Montecitorio con annessi e connessi.
Ciò che meraviglia è l’accusa che lancia addebitando al Presidente Andreotti la responsabilità dell’omicidio del padre. A distanza di 42 anni dai fatti, dopo inchieste, processi, indiscrezioni, presunte verità dette a mezza bocca o a voce alta, la figlia della vittima, deputato in carica, dichiara che il vero e unico mandante è stato il Divo Giulio per il quale alcuni avevano immaginato e tentato di realizzare il ruolo di artefice di tutti i mali della Repubblica e vero capo dei capi della Mafia con tanto di maiuscola. Sarebbe stato naturale aspettarsi che la signora fosse in possesso di prove nuove e inedite alle quali non sarebbe stato possibile obiettare alcunché.
Nient’affatto. La terribile accusa rivolta al sette volte Presidente del Consiglio, morto undici anni fa, si basa su una confidenza che il Generale avrebbe fatto alla figlia relativa ad un avvertimento in puro stile “corleonese” fatto da Andreotti a Dalla Chiesa alla vigilia del suo insediamento come Prefetto di Palermo. Il Prefetto non ne avrebbe parlato con nessun altro sebbene si trattasse di un fatto che, se fosse stato vero, avrebbe imposto al destinatario della minaccia di renderlo noto ai vertici dello Stato a cominciare dal Presidente della Repubblica, all’epoca Pertini, e dal Presidente del Consiglio, all’epoca Spadolini. Tranne a non volere pensare al grande complotto con tutti complici dell’eliminazione fisica di Dalla Chiesa. Si va veramente molto oltre il consentito infangando le Istituzioni e coloro che le hanno rappresentate.
Viene naturale chiedersi quale può essere la ragione che spinge una persona che ricopre un’importante carica pubblica a fare affermazioni di gravità eccezionale senza alcuna base e senza il minimo riscontro. Il dolore di chi ha perduto tragicamente il padre rende lecita qualunque affermazione? Non valgono a nulla le verità giudiziarie, o hanno peso solo quelle personali e quando fanno comodo? Qualcuno in buona fede potrebbe mai credere che un politico navigato e lungimirante, formatosi nei palazzi vaticani, avesse potuto usare frasi di quella violenza? O siamo a un ‘altra puntata successiva a quella del bacio mafioso?
L’on. Dalla Chiesa ha lavorato per decenni nelle televisioni di proprietà di Berlusconi, accusato mille volte di collusione con la mafia con cui avrebbe avuto rapporti diretti e mediati da Dell’Utri. Accuse mai provate e sempre ripetute ancora oggi, a due anni dalla morte del cavaliere. E’ presumibile che la signora in questione non abbia mai creduto a queste infamie e abbia giustamente continuato il suo lavoro nelle reti Mediaset; nel caso del padre invece ha un comportamento del tutto diverso.
Sembra un’affannosa ricerca del colpo di scena a tutti i costi in un periodo nel quale tutto viene messo in discussione, proprio a Palermo dove niente è mai certo e periodicamente vengono fuori, a tempo ampiamente scaduto, fatti prima ignorati che riguardano i vertici della Polizia, la Procura di Palermo e quella di Caltanissetta, i Servizi Segreti, presunte trattative con i mafiosi e amicizie inconfessabili. L’unica certezza è il sangue dei morti ammazzati sui quali ancora oggi scorre un fiume melmoso di parole in libertà.

 

Fonte foto: Wikipedia CommonsCamera deputatiCC BY 4.0Wikipedia CommonsPublic Domain

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