IL CONGRESSO DELL’ANM, UN POTERE CHE SI AUTOGIUDICA E AUTOASSOLVE
di Giuseppe Gullo
Sono pochi i magistrati che prendono posizione pubblica in favore della separazione delle carriere tra inquirenti e giudicanti. Tra questi, sebbene ormai in pensione, vi è un alto magistrato ex Procuratore Generale della Cassazione che ha fatto parte della commissione che varò la riforma del codice di procedura penale che introdusse nel nostro sistema il processo accusatorio. Il dottor Esposito ricorda benissimo le discussioni che avvennero nella commissione di cui faceva parte ed in particolare la posizione del Ministro Guardasigilli dell’epoca, il professor Giuliano Vassalli, il quale sosteneva che prima di introdurre la separazione delle carriere occorreva avviare la riforma dell’ordinamento giudiziario in modo da creare due ruoli distinti e separati così che non vi fosse nessuna commistione tra coloro che svolgono l’attività di indagine e i giudici che debbono verificare la fondatezza degli addebiti mossi e pronunciarsi nel merito dei fatti contestati. La proposta Vassalli su questo punto importantissimo non fu accolta e prevalse la tesi di coloro i quali sostenevano di introdurre il processo accusatorio, come è poi avvenuto, senza che fosse preliminarmente effettuato la riforma dell’ordinamento giudiziario per adeguarlo alle grandi novità introdotte dal codice di procedura penale. Il Portogallo, che ha adottato un codice in gran parte simile al nostro, ha proceduto invece diversamente adeguando l’ordinamento prima di procedere alla separazione delle carriere. Nel Paese iberico il risultato è stato di gran lunga migliore e più efficiente di quello conseguito in Italia, dove il sistema è fortemente in crisi e travolto dagli scandali. La stessa cosa è avvenuta in Francia dove l’ufficio del pubblico ministero fa capo al Ministro di Grazia e Giustizia nonostante non sia stato introdotto oltralpe il sistema accusatorio.
L’obiezione di fondo che viene avanzata da chi si oppone alla separazione delle carriere è che essa potrebbe rappresentare l’anticamera dell’asservimento dell’ordine giudiziario all’esecutivo. Il rilievo è del tutto infondato, se si considera che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura sono garantite dal CSM che regola l’attività dei magistrati fin dal momento in cui sono ammessi a svolgere funzioni giurisdizionali. Questa garanzia è confermata in tutti i progetti di riforma della giustizia penale nei quali è prevista l’istituzione di un consiglio superiore della magistratura per la funzione inquirente con gli stessi poteri e le stesse prerogative che sono date all’attuale CSM.
Qual è allora il vero timore di una parte consistente della magistratura? La risposta precisa e documentata l’ha data Palamara nei libri che ha scritto dopo lo scandalo dell’hotel Champagne, caduto nel dimenticatoio prima di quanto si potesse pensare. Scrive l’ex Presidente dell’Anm che il procuratore di una città importante, che disponga di un paio di sostituti svegli che operano in sintonia con lui e di alcuni ufficiali di polizia giudiziaria che sanno fare il loro lavoro, con gli opportuni agganci con giornalisti e media, è arbitro dei destini di chiunque, Governi e Primi Ministri compresi. Lo stesso Palamara riferisce episodi bipartisan, dalla caduta di Prodi per l’indagine Mastella alle inchieste contro il Cavaliere. Si potrebbero aggiungere molti altri casi, dall’inchiesta open su Renzi e i renziani alle inchieste milanesi di ultima generazione che hanno portato alla condanna di Davigo e al crollo dell’inchiesta Eni-Nigeria fino ad arrivare al “verminaio” dell’inchiesta sul dossieraggio sulla quale è calato un silenzio che può preludere ad un’imminente tempesta o a una bonaccia causata da forti venti che hanno portato una sabbia che nasconde tutto o quasi.
Il potere delle procure è enorme, esagerato, non commisurato alle funzioni svolte sulla base della legge. Un grande occhio e un orecchio sensibilissimo che tutto vedono e ascoltano quando è utile all’indagine e anche, più spesso, quando non lo è. Secondo il principio che guardando e ascoltando viene fuori sempre qualcosa di interessante. Le regole del processo non sono queste. Il principio di non colpevolezza viene ignorato, lo schermo dell’obbligatorietà dell’azione penale serve solo a dare motivo ai PM di stabilire chi indagare, come novelli Caronte che scelgono coloro che possono salire sul traghetto. Conferma di questo atteggiamento della magistratura è data dal documento che ha chiuso il congresso della dell’Associazione Nazionale Magistrati nel quale, per la parte relativa alla separazione delle carriere ,si afferma perentoriamente che non può essere oggetto di discussione e di trattativa: ”Quanto alle riforme costituzionali in materia di ordinamento giudiziario e di governo autonomo della magistratura, che hanno costituito tema del dibattito congressuale, l’Associazione Nazionale Magistrati ribadisce la propria intransigente contrarietà alla separazione delle carriere e al complessivo indebolimento del CSM che ne costituiscono il contenuto principale”.
La mozione finale del congresso dell’ANM è una lettura consigliata a tutti coloro che desiderano avere un quadro preciso dell’attuale condizione dell’amministrazione della Giustizia nel nostro Paese. Un’esaltazione smisurata e senza pudore del ruolo e dell’importanza dell’Ordine Giudiziario; l’autoriconoscimento del grande lavoro svolto anche come supplenza ai gravi limiti del Legislatore; la rivendicazione di un ruolo politico pieno e senza limiti; la piena consapevolezza di essere un contropotere e, se vogliamo essere più precisi, il Potere che si auto giudica e auto assolve, che può distruggere vite pubbliche e/o private sulla base di teoremi che nella stragrande maggioranza dei casi, a distanza di molti anni quando il danno è stato irrimediabilmente fatto, si saranno risolti con l’assoluzione degli indagati ormai prostrati e resi inoffensivi dall’onda di veleno mediatico riversato contro di loro. Non un rigo sulle tempeste che hanno scosso la credibilità dell’intero ordine giudiziario; nessun riferimento critico e tantomeno autocritico alle spartizioni dei posti direttivi, al manuale Cencelli delle correnti che sono organizzate all’interno della magistratura e che ne condizionano il funzionamento, nulla sulle ragioni che hanno causato le dimissioni di cinque componenti togati del precedente CSM.
L’Ordine Giudiziario è talmente compiaciuto di sé stesso e di ciò che rappresenta da vivere in un mondo diverso da quello reale nel quale la maggioranza ampia dei cittadini è convinta che una grande iattura che possa colpire chiunque è quella di dovere ricorrere per qualunque ragione, dallo sfratto al procedimento penale, a una Giustizia che si avverte come ingiusta e la cui immagine è stata molto deturpata da chi aveva istituzionalmente il dovere di difenderla e preservarla.
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