I SEGRETI DI PALERMO
di Giuseppe Gullo
Il coperchio del vaso di Pandora che racchiude i “segreti “ della Procura di Palermo nella gestione delle inchieste contro la mafia, di tanto in tanto si solleva leggermente inondando di miasmi l’isola fino a raggiungere la Capitale. È accaduto da ultimo a seguito dell’arresto del super latitante Messina Denaro. Un’operazione di questo rilievo ha sempre zone d’ombra e solleva dubbi e perplessità in cui i dietrologi trovano terreno fertile.
Non sono queste però le cose importanti, bensì altre molto più pesanti e oscure. Viene fuori adesso che ben 17 anni fa i ROS erano arrivati molto vicini alla cattura di Messina e che l’operazione saltò per l’intervento di due magistrati della Procura di Palermo, divenuti in seguito capi di importantissimi uffici giudiziari e tuttora sulla cresta dell’onda. Riferisce una fonte attendibile interna al SISDE: “Abbiamo un infiltrato sotto copertura, una fonte interna raggiunta dall’infiltrato, arriviamo a sapere informazioni inedite scritte di suo pugno da Matteo Messina Denaro e la Procura di Palermo che fa? Ferma tutto”.
I Pm della procura di Palermo che si occuparono della cosa sono Giuseppe Pignatone, che allora era il capo reggente della Procura, e Roberto Scarpinato. Da quello che si capisce sembra che fossero più interessati a scoprire se la massoneria c’entrasse qualcosa nella latitanza che a interrompere la latitanza. Sulla massoneria non trovarono nulla, e la latitanza proseguì indisturbata per altri 17 anni.
Sono notizie che lasciano senza parole per quanto si possa essere abituati a sapere che a Palermo oltre agli omicidi di Magistrati che rappresentano gli eroi veri della lotta alla mafia, vi è stata la stagione dei corvi, quella dei delatori dentro il Palazzo, quella delle lotte intestine, delle fughe per viltà e di quelle per necessità, delle contiguità e dei distinguo. L’infiltrato che stava per portare i ROS da Messina è morto da tempo. Resta la sua biografia piena di misteri e di misfatti, ma anche di volontà di riscatto. Ritornano i nomi eccellenti che avevano allora un ruolo importante e che sono stati negli anni protagonisti molto discussi di vicende non sempre trasparenti.
Laura Giuliano, nipote di Boris ucciso dalla mafia quando era capo della Mobile di Palermo, dichiara di avere segnalato alla Procura alcuni anni fa che una fonte attendibile aveva individuato a Castelvetrano il luogo dove si nascondeva il super latitante. Pare che niente sia stato fatto allora per verificare la fondatezza della “soffiata”.
La Sicilia occidentale è un mondo impenetrabile e incomprensibile per chi non ne abbia esperienza e conoscenza dirette. Ad esso è possibile avvicinarsi con la consapevolezza che il limite che divide il lecito dall’ illecito, il bene dal male, il rispetto delle regole e la loro violazione, è labile e non sempre individuabile. È come la città di Palermo, nella quale coesistono e hanno, purtroppo, pari fascino e capacità attrattiva Piazza Pretoria e la Martorana, La Vucciria e Ballarò, la Cappella Palatina e Palazzo Butera, Brancaccio e l’Ucciardone, dove l’onore e la dignità sono ad un tempo qualità di grandi personaggi e marchi della delinquenza organizzata. “Uomini, mezz’uomini, pigliainculo, ominicchi e quaquaraquà” per dirla con Sciascia. Terra bellissima dove può accadere che un assessore regionale che ha sprecato quasi quattro milioni di euro in un investimento poco trasparente viene spostato in un altro assessorato invece di essere mandato a casa di gran premura. Sorpresa? Nessuna! Proteste? Labili! Fantasia? Molta!