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EUROPA SOTTO SHOCK*
di Pietro Di Muccio de Quattro
La lezione di Metternich sulla “espressione geografica”
Non è il mondo al contrario. No, è un mondo rovesciato. Un mondo capovolto. Come se i poli fossero invertiti, il nord al sud e viceversa. L’Occidente che abbiamo conosciuto, antinazista, antifascista, anticomunista è solo tramortito o irreversibilmente morto? Cosa resta dei Paesi che l’incarnarono? L’aquila americana vola altrove. L’Europa è a terra come una gallina accovacciata. Dopo gli ultimi fatti russo-americani, Mario Nanni ha detto bene: “L’Europa è un’espressione geografica.”
Quando il Risorgimento veniva insegnato, appreso, giustamente amato come la nostra più grande impresa politica, per mezzo della quale l’Italia venne ricomposta come nazione unita e sovrana dopo circa quattordici secoli dalla caduta dell’Impero romano, suscitando lo stupore del mondo; quando il Risorgimento era il plinto della nostra storia patria, noi educati in quella scuola e formati a quegli insegnamenti abbiamo detestato gli austriaci e quelli che irridevano l’Italia come, appunto, una “espressione geografica.” La famosa definizione di Metternich sta in una sua nota confidenziale del 1847: “La parola «Italia» è una espressione geografica, una qualificazione che pertiene alla lingua, ma che non ha il valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle, e che è piena di pericoli per la esistenza stessa degli Stati di cui la penisola si compone.”
La completa frase di Metternich, non soltanto la denominazione “espressione geografica, è perfettamente riferibile, sovrapponibile, alla situazione odierna dell’Europa. La similitudine appare semplicemente sorprendente. L’Europa di fronte alle potenze di oggi somiglia all’Italia degli staterelli di fronte alle grandi nazioni dell’Europa ottocentesca. Inoltre, l’Unione Europea non ha il “valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari (qui sarebbe da intendere i veri europeisti) tendono ad imprimerle” ed “è piena di pericoli per l’esistenza stessa degli Stati di cui la penisola (qui sarebbe da intendere l’Europa) si compone.” Cosa ci sta ancora dicendo il principe di Metternich? Che l’Europa unita, senza sovranità statuale e senza esercito, permane una “espressione geografica”. Appare un Continente vecchio di nome e di fatto, al quale “non pertiene” neppure “una” lingua, e che, nonostante annosi sforzi dei sostenitori, non ha acquisito “valore politico”.
Il “valore politico”, per Metternich, consisteva nella forza spendibile per mantenere l’equilibrio di potenza tra Stati. Anche prima di lui e dopo di lui è così, ovvio. Come constatiamo, in queste ore, in cui i telefoni dei grandi della terra sono surriscaldati da conversazioni poi sbocconcellate ai governanti degli “staterelli” europei, storditi come asini tra i suoni. Proprio in queste ore, in questi giorni, l’ordine internazionale stabilito dalla Seconda guerra mondiale è diventato virtuale da fattuale che era. Gli Stati Uniti, che ne sono (erano?) il protettore e il garante anche con la Nato, improvvisamente, nel giro di una notte, sembrano diventati indifferenti alle sorti dell’Europa, dell’Europa geografica giacché dell’Unione politica non hanno fatto gran conto in passato né avuta gran considerazione, essendone infastiditi anziché simpatizzanti.
Le fatidiche telefonate del presidente americano al dittatore russo hanno stravolto amicizie e alleanze consolidate con effetti dirompenti sui rapporti politici e le relazioni personali. I trattati che hanno garantito la geopolitica euroatlantica sembrano scoloriti fino a risultare “pezzi di carta”. L’Europa, per decenni sedotta dalla Nato, scopre d’esser stata abbandonata a sé stessa, lasciata sola. Trattata come un paria, non può più confidare sull’alleato sfilatosi senza preavviso.
Lo status quo ante delle telefonate di Trump a Putin è destabilizzato, per gli Stati Uniti, per la Russia, per l’Europa geografica, per l’Unione Europea, e tutto il resto appresso. La “simpatia” politica, mostrata dai governanti americani e russi nelle loro interlocuzioni, ha sconcertato i Paesi della Nato, ed ancor più i Paesi che, terrorizzati dalla brutale aggressione di Putin all’Ucraina, vi hanno aderito da ultimo. Sono state le inequivocabili parole pronunciate da Trump e dai suoi diretti collaboratori a sconvolgere la fiducia degli alleati e metterli di fronte all’inaspettata realtà che li getta nella più profonda preoccupazione, se non nel panico. Infatti, quelle parole hanno già distaccato gli USA dalla UE e distanziato gli Stati della UE.
Anche secondo un altro profilo la lezione ricavabile dalla “espressione geografica” di Metternich è straordinariamente attuale e comprensibilissima non solo da noi italiani ma da tutti i popoli europei. È urgente quanto vitale unificarsi e rafforzarsi, dichiarano a gran voce i governanti dell’Unione Europea. Sì, ma come, dopo anni d’inerzia, incomprensioni, quieto vivere? Appagati di procedere all’unanimità, biasimata a parole ma di fatto coltivata? Soddisfatti di una regola che paralizzerebbe anche un condominio fino a mandarlo in rovina?
Le inerti e divise masse di sudditi, indifferenti al grandioso disegno dell’unificazione italiana che i grandi spiriti e le minoranze attive propugnavano e perseguivano con fervore, non avrebbero mai né aspirato né realizzato l’unità e la sovranità dell’Italia. Fu l’élite versata nell’azione politica e militare; furono le minoranze variamente attive ed encomiabili che trascinarono la riluttante maggioranza a realizzare il progetto che la sovrastava. E tuttavia, anche gli eroici coristi non avrebbero intonato l’opera senza il geniale direttore d’orchestra, Cavour, che divenne l’uomo politico più ammirato in Europa, persino più di Bismark che pure in quegli stessi anni aveva unificato la Germania.
Tutta questa digressione non è fatta per divagare ma per rimarcare che una “espressione geografica” resta tale se vi manchi un pugno di ardimentosi condottieri che trascinino i riluttanti consorti oltre il confine geografico e istituzionale, infrangendolo per segnare una frontiera più ampia e stabilire un presidio più sicuro, fondato sulle forze amalgamate delle nazioni unificate. Se non fosse un’infelice, paradossale, esempio, direi che all’Unione Europea occorrerebbe un leader che sparigli i tarocchi del Vecchio Continente come Trump ha calato gli assi dell’America.
La guerra in Ucraina è diventata un problema ormai solo europeo. Gli Stati Uniti se ne lavano le mani, seppure non del tutto, forse. Tuttavia, l’America è separata e protetta dal “vallo atlantico”. L’Europa invece confina con i campi di battaglia presenti e futuri dove Putin dispiega le sue aggressive forze d’invasione. La salvezza dell’Ucraina deve essere garantita perché rappresenta pure una polizza d’assicurazione per l’Unione Europea. Se la martoriata Ucraina non prevarrà o verrà “pacificata” da accordi presi sulla sua testa, Putin riceverà dalle mani di Trump un premio per averla invasa e i confini dei Paesi europei diverranno più fragili e penetrabili. Trump sta dando ragione a Putin. Trump sta rafforzando Putin davanti all’opinione pubblica interna e internazionale.
La guerra ucraina non deve concludersi con la rovina dell’aggredito. La pace in Europa può essere preservata solo “attraverso l’accumulo di deterrenza contro il nemico” e l’Unione Europea deve abbandonare l’illusione “di chi si mettesse in un secchio convinto di potersi sollevare dal manico.” Parole di Winston Churchill.
*Articolo e Foto tratti da BeeMagazine del 18.02.2025