E’ MORTO UN RE, MA NON SE NE FA UN ALTRO
di Roberto Tumbarello
È morto il re, ma non c’è un successore cui augurare lunga vita. Berlusconi non ne ha lasciati perché non c’è nessuno capace di proseguire il suo progetto politico. Non è un leader che si può rimpiazzare. C’è già il fuggi fuggi senza dignità da Forza Italia – alcuni non aspettarono nemmeno il funerale per cercare un altro padrone – che altri mediocri accolgono, pur sapendo che i transfughi portano con sé solo il proprio voto. Mentre altri tentano l’arrembaggio a una nave senza carico, che va alla deriva. Seppure da un po’ di tempo molto malandato, la sua dipartita è dispiaciuta anche agli avversari perché senza di lui il quadro politico sarà peggiore. Almeno, era generoso e non violento, bugiardo ma non razzista.
Morto il re, non c’è nessuno che porterà equilibro
Ormai superata l’età del bunga bunga aveva acquisito una saggezza che mancherà nei rapporti tra partiti anche all’interno della maggioranza. Era un avversario cui, pur avendone combinate di cotte e di crude, ormai la livella concede l’onore delle armi. È stato uno dei pochi ad avere fatto politica, dopo avere raggiunto un alto successo professionale e imprenditoriale. Mentre oggi, per lo più si dà alla politica, dove basta ubbidire, chi non sa fare nulla, non ha un titolo di studio né un mestiere. Lui si è servito di queste persone per formare una classe dirigente che gli serviva da claque ma non danneggiava il Paese, neppure il suo partito, perché lui era tutto. Morto il re, c’è un forte rischio che si ribaltino gli equilibri politici.
E seppure Forza Italia si fosse ridotto notevolmente col tempo e l’età, aveva ancora un peso politico notevole. Tanto che, quando non diede i voti a La Russa per l’elezione a presidente del Senato, Fratelli d’Italia si rivolse allarmato al terzo polo, per fortuna loro sempre disponibile per piaggeria a rendersi utile. Berlusconi ci rimase molto male perché “non è così che si fa politica”. Lui la sapeva fare e, pur attorniato da mezze calzette che trasformò in dignitosi governatori e ministri, gestì la morale e la politica italiana degli ultimi trent’anni. E probabilmente, finché non si troverà un assetto agli equilibri che la sua partenza ha scomposto, continuerà a condizionarla anche dall’aldilà.
Quel re morto che comunque si è fatto da solo
Si legge spesso, anche in biografie di personaggi di alto livello: “Ha abbandonato gli studi per dedicarsi interamente alla politica”. Come se avesse fatto un salto di qualità o un grosso sacrificio per occuparsi dell’umanità dimenticata. È stata solo pigrizia, perché, se non c’è curiosità e amore per il sapere, lo studio è faticoso. Invece, è proprio nella funzione politica che servono studi più approfonditi che aprano la mente a ricerche economiche e sociologiche sempre nuove. Non s’impara su internet. Si può smettere di studiare perché non se ne hanno le capacità o le possibilità, per doversi mettere a lavorare per mantenere la famiglia, per accudire genitori non più autosufficienti, per dedicarsi a opere sociali o di volontariato, per occuparsi di barboni o piccoli orfani o altri casi di solitudine e povertà, ma non se si vuol fare politica.
Chi intende intraprendere la complessa e delicata attività da cui dipende la vita di milioni di persone e il futuro dei loro stessi figli deve avere studiato, persino molto più di altri. Lo raccomandavano già Socrate,+ nel quarto secolo avanti Cristo, e persino Confucio dall’altra parte del mondo cento anno prima. Nel dopoguerra e certamente anche prima, i leader dei partiti erano tutti sapienti e molti di loro docenti universitari. Anche durante il fascismo – Mussolini aveva appena un diploma magistrale, i picchiatori neppure quello – i ministri erano personaggi eminenti di altissimo profilo cultuale.
Poteva non piacere ma il re morto sapeva cosa fare
Invece, in questo scorcio d’inizio di terzo millennio, la cultura sembra essere un optional o addirittura un impedimento perché produce uomini e donne che pensano e quindi vengono evitati. La cultura produce anche onestà che spesso dà fastidio. Perché chi ha studiato sa che al giorno d’oggi prima o poi chi ruba viene scoperto e chi mente smascherato. Gli ignoranti sono più malleabili e accomodanti, quindi ricercati. Perché sanno voltarsi dall’altra parte quando è opportuno. È una convenienza reciproca, sia per i leader che per i gregari, perché senza studio né specializzazione sarebbe pure difficile trovare un altro posto di prestigio e sbarcare il lunario.
È quello che sta succedendo in questo momento. Ecco perché tanti problemi sono irrisolti e, seppure l’economia ogni tanto si salvi, la morale e l’educazione lasciano molto a desiderare, tanto che la corruzione sta dilagando a discapito della giustizia sociale e dell’evoluzione del Paese che ci ostiniamo a chiamare nazione, pur non avendone alcuna caratteristica necessaria, non anteponendo nessuno l’interesse della comunità al proprio tornaconto.
Qualcuno insegni ai politici come comportarsi negli incontri ufficiali ora che il re è morto
Come mai non c’è un cerimoniere a Palazzo Chigi che suggerisca alla Premier come ci si porge incontrando un Capo di Stato o di Governo o un’alta personalità come il Papa. Ricordo una scenata che a Londra fece il capo del Cerimoniale della Repubblica a un ministro italiano che aveva tentato con insistenza di baciare la mano alla regina Elisabetta. Ci fu una sorta di prova di forza tra la sovrana, che cercava di sottrarsi a quel gesto considerato inopportuno dal protocollo di Stato, e l’inesperto ministro. Perché la regina non si tocca. Vinse, purtroppo, il ministro che era più e forte. Davanti a tutti il cerimoniere, che era un ambasciatore, apostrofò il ministro con un’accusa che si avvicinava alla maleducazione: “Non ci si mette le dita nel naso, né i gomiti sul tavolo – disse – non si sputa per terra, né si bacia la mano alla regina”.
Forse il re morto non aveva imparato il bon ton ma sapeva trattare
Non è necessario fare una scenata come questa, ma col garbo che merita una Premier, le si spieghi come si incontra una personalità e tanti altri atteggiamenti che una persona normale può non sapere. Anche Grace Kelly, quando divenne Principessa di Monaco, si sottopose a un corso di bon ton, pur essendo sempre vissuta nell’ambiente dell’alta società. Non c’è bisogno di baciarsi, se non c’è una vecchia amicizia e familiarità, per non millantare una confidenza che non ci può essere. Si stringe la mano, con una sola mano, non con tutte e due. Meglio avere un atteggiamento fermo e dignitoso perché dal confronto si ricavi il migliore accordo per l’Italia.
Al recente G7 di Hiroshima, durante l’incontro col Presidente canadese – non so se lo abbia baciato – ricordo l’imbarazzo della Premier quando quello le disse che non condivideva la politica del nostro governo nei riguardi di gay ed emigranti. Siamo il Paese che protegge più i ricchi che i bisognosi, che sacrifica la sanità pubblica per quella privata, che conta il maggior numero di evasori fiscali al mondo e i più fedeli utenti dei paradisi fiscali dove inviamo capitali di cui non si conosce l’origine.
Sono probabilmente soldi riciclati da imprese criminali o sottratti al fisco, che persino le persone per bene definiscono vorace e reo di appropriazione indebita. Non esiste altro paese occidentale con tanti pregiudicati in Parlamento e persino nelle alte cariche. Ma vengono difesi perché delinquenti sono solo gli avversari. Come pure le colpe sono sempre degli altri. Quel che è più grave è che ladri, ignoranti e corrotti non vanno al potere con un colpo di stato, ma col voto degli elettori che chissà perché, si sono adattati a quest’andazzo e li apprezzano.
Il padre indiano e l’intelligenza artificiale
Achtung! Achtung! Arriva l’intelligenza artificiale che migliorerà i rapporti umani, la creatività, le arti e la qualità del prodotto. Ma già nei prossimi quattro anni fagociterà migliaia di posti di lavoro. Vedremo diminuire la domanda di ruoli d’ufficio e di segreteria, cassieri di banca, impiegati delle poste e non ci saranno più edicole di giornali. Andando avanti nell’utilizzo di quest’intelligenza, l’attività dell’uomo, tranne quella creativa, che, quindi, necessità di particolare formazione, sarà sempre meno necessaria. Brutte notizie per i pigri. Ci sarà un assalto alla politica, che sarà il rifugio di chi verrà privato del lavoro. Sono le conseguenze del progresso tecnologico, che non va mai in soccorso della povera gente, ma fa arricchire ancora di più chi è già molto benestante, come industriali, imprenditori e banchieri.
Il re morto l’avrebbe fatto?
In un libro di Jhumpa Lahiri, scrittrice indiana, si racconta di un artigiano che impose enormi sacrifici alla famiglia per consentire al figlio maggiore di studiare economia negli Stati Uniti. Sembrava che ne fosse valsa la pena perché, tornato a Calcutta, era conteso da tante aziende, che richiedevano l’applicazione delle tecnologie che il giovane aveva appreso in America e gli consentivano di guadagnare tanti quattrini. Solo dopo essersi accorto che il figlio aveva imparato a come ridurre i posti di lavoro, il padre si rese conto che quegli studi erano stati una disgrazia.
Erano a discapito di tanta povera gente che perdeva il lavoro. “Abbiamo fatto tanti sacrifici perché convinti che, con la tua intelligenza. studiando, avresti aiutato il popolo a progredire e migliorare le proprie condizioni – gli disse – se no, ti avrei avviato a una dignitosa e nobile attività di operaio o artigiano, come i tuoi fratelli di cui siamo orgogliosi”. La storia non è più magistra vitae o non lo è mai stata. Siamo noi che ci illudevamo che lo fosse.
Chi serve lo Stato non può umiliare i più deboli. Ora che il re è morto, chi medierà?
Tentiamo ancora di nascondere la verità di cui ci vergogniamo, non rendendoci conto che con i potenti mezzi di oggi tutto si viene a sapere. Pensavamo che dopo le varie sentenze di condanna dei carabinieri che seviziarono Stefano Cucchi provocandone la morte, e anche dei superiori che cercarono di coprire le loro malefatte, nessuno ci provasse più. Invece, la violenza e la viltà sono anche proprio nelle persone che dovrebbero proteggere i deboli. Qualche giorno fa è stata la volta di cinque poliziotti, arrestati a Verona e altri 17 indagati.
Si divertivano a seviziare nei locali della Questura stranieri in difficoltà e senzatetto, costringendoli a rotolarsi nell’urina, spruzzandogli negli occhi spray al peperoncino e percuotendoli. Poi, grandi risate per telefono con commilitoni, amici e fidanzate, cui inviavano i filmati delle loro bravate. Tutti trovano divertente prevaricare chi non può difendersi. Per ora fingiamo di scandalizzarci, ma se non ci sarà un’altra sorella come Ilaria Cucchi, complice la politica, che ce l’ha con i poveracci, questi mascalzoni troveranno il modo di farla franca.
La diga ucraina e l’aumento inevitabile del grano eppure il re morto non ha mai rinnegato la sua amicizia con Putin
Chiunque sia stato a far saltare l’enorme e preziosa diga di Nova Kakhovka, sul fiume Dnepr, in Ucraina, è un criminale, non un combattente. Seppure quella zona sia controllata dall’esercito russo, Mosca accusa i sabotatori di Kiev. Però, i danni più gravi li ha subiti l’Ucraina, quindi sarebbero troppo stupidi se avessero creato loro stessi tanto danno al proprio territorio e all’economia del paese, oltre che gravi disagi alla popolazione. Tanto più che le acque hanno spostato le mine dal luogo dove i russi le avevano piantate e le sta trasportando nelle zone abitate. La situazione per gli agricoltori era già complicata prima dell’inondazione.
Ora l’intero raccolto per centinaia di ettari è compromesso. È già sensibilmente aumentato il prezzo del grano. Un atto di terrorismo, non di guerra. È un crimine contro l’umanità che accresce la crudeltà di questa guerra insensata di cui la storia avrà difficoltà a spiegare le ragioni ai nostri posteri. La diga era indispensabile per approvvigionare la vasta pianura agricola e anche per raffreddare l’uranio e il plutonio nella centrale nucleare di Zaporizhzhya, la più grande d’Europa. Migliaia di persone che vivono nei villaggi invasi dalle acque sono senza tetto.
Una catastrofe
Questo sabotaggio, che ha già ucciso molte persone, è una catastrofe ambientale perché l’enorme quantità di acqua non ha solo invaso i campi ma ha gonfiato il Dnepr anche con 150 tonnellate di sostanze inquinanti che sono sfociate nel Mar Nero, con conseguenze inquinanti imprevedibili. La città di Kherson è stata per diverso tempo sotto tre metri d’acqua devastante. La diga, alta 30 metri e lunga più di tre chilometri, aveva un bacino idrico di 18 milioni di metri cubi e riforniva acqua potabile e agricola, oltre che elettricità, per un raggio di 20 km fino alla penisola di Crimea, che è quasi sprovvista d’acqua.
La distruzione rappresenta una grave escalation del conflitto. L’Agenzia Atomica rassicura sulle condizioni della centrale nucleare che finora non è stata danneggiata dalle acque. Le evacuazioni continuano. Siamo al 16° mese di guerra e non ci sono spiragli di tregua. Persino la Cina, pur minacciando apertamente Taiwan e simulando anche di recente l’invasione dell’isola, è seriamente preoccupata, oltre che per la distruzione della diga, soprattutto per l’impatto umanitario, economico ed ecologico. Finalmente chiede alle parti in conflitto di rispettare il diritto umanitario internazionale e proteggere la sicurezza delle strutture civili e delle popolazioni. È, anche per i cinesi, il momento di trovare congiuntamente una soluzione politica alla guerra, che loro, per non contrariare la Russia, chiamano crisi ucraina.
Quel partito nazionalsocialista che preoccupa la Germania ci sarebbe stato se ci fosse stato il re morto nella nazione tedesca?
Non è solo il lupo a perdere il pelo ma non il vizio. Anche i tedeschi, che, se oggi ci fossero elezioni politiche, il 19% di loro voterebbe per l’AFD, partito di estrema destra di ispirazione nazionalsocialista, che nello statuto prevede la distruzione dell’ordine democratico e la cancellazione del primo articolo della Costituzione che garantisce l’inviolabilità della dignità umana. L’istituto tedesco per la tutela dei diritti umani sostiene che il partito per le sue posizioni razziste e antisemite debba essere considerato eversivo e di alta pericolosità sociale. Va, quindi, vietato e sciolto dalla Corte Costituzionale federale. Anche l’intelligence antiterrorismo, già da due anni, classifica il partito come un caso sospetto di estremismo anticostituzionale. In Italia il re morto fungeva da ago della bilancia. E ora?
È probabile, quindi, che l’AFD – negli ultimi tempi ha visto aumentare i consensi anche per la sua posizione filo russa – verrà sciolto, ma sarà difficile convertire alla democrazia un quinto della popolazione dalle sue simpatie naziste. È un problema ricorrente in Germania, dato che nel 1933 Hitler fu eletto democraticamente dalla maggioranza degli elettori. I tedeschi hanno dimenticato come finì quell’esperienza. L’Europa, Italia compresa, dovrebbe ricordarglielo in qualche modo e non fingere che si tratti di problema interno alla Germania, perché è un problema di tutti, anche nostro. Non dimentichiamo che l’uomo – animale dotato d’intelligenza e coscienza, addirittura creato da Dio – è il solo a uccidere per motivi ignobili, per rapina, per gelosia, per passioni sessuali, per brama di potere, per odio etnico o religioso. È pure il solo animale a fare la guerra.
L’Europa deve poter decidere senza veti. E se il re è morto, orfana del suo fondatore, adesso il partito va dalla parte di Orban
Finalmente qualcuno ha capito che l’Unione Europea deve abolire l’unanimità che ne paralizza l’attività. Infatti, basta che uno dei 27 paesi aderenti non sia d’accordo – il più delle volte ungheresi e polacchi – per bloccare qualsiasi iniziativa. A proporlo è stato Scholz. L’Italia sembrava d’accordo e ha aderito alla saggia iniziativa tedesca. Ma proprio durante la visita del Cancelliere in Italia la scorsa settimana, Tajani ha frenato definendo la questione non prioritaria e rivelando, così, di essere anche lui e Forza Italia, perché ormai orfana del fondatore, dalla parte di Orban.
Invece, non esiste problema più prioritario e urgente che sostituire l’unanimità col voto a maggioranza qualificata, come in tutte le altre assemblee istituzionali. Sembra che a Lussemburgo si sia finalmente trovato un accordo onesto e si sia deciso di non lasciare l’Italia sola col problema di primo sbarco dei migranti. Ma nemmeno Meloni e Von del Leyen hanno capito che è impossibile frenare l’emigrazione dai paesi in guerra o che vivono nella miseria. È inutile fare accordi con la Turchia, la Libia e ora con la Tunisia – soldi buttati – e nemmeno mettere una taglia sugli scafisti. Tanto è vero che, i clandestini, sognando libertà e benessere, affrontano la morte molto probabile nella traversata. Il re morto questa cosa l’aveva intuita.
Per di più il presidente tunisino Saied, che ha già incassato 150 milioni dall’Europa, che è pronta a versarne altri 900 per rafforzare il controllo delle frontiere, dice chiaramente che “non faremo la guardia di frontiera ad altri paesi”. Infatti, il FMI, che non abbocca facilmente, prima di elargire il prestito di quasi due miliardi di dollari, vuole garanzie su diritti umani e democrazia, che il dittatore non è in grado concedere.
Perché si parla tanto delle dimissioni del Papa?
Da Celestino V – 192° Pontefice della Chiesa di Roma dal 29 agosto al 13 dicembre 1294 – ci eravamo dimenticati che un papa potesse abdicare. Ce lo ha ricordato nel 2013 Benedetto XVI che lo ha imitato. Adesso, ogni volta che a Francesco fa male un ginocchio, si parla di dimissioni, seppure lui stesso ricordi che il papa non gestisce la Chiesa con le gambe ma con la testa. Il fatto è che ormai le notizie normali non sono più considerate interessanti se non c’è un po’ di sensazionalismo, cioè se non accompagnate da motivazioni roboanti.
Nell’Italia del terzo millennio un Papa non può essere semplicemente influenzato o avere problemi al menisco, né servirsi del bastone o della sedia a rotelle, come tanti ministri e personalità a una certa età. Non può neppure essere in fin di vita perché anche morire è troppo comune e banale per un pontefice. Deve potere abdicare, che è più sorprendente. Infatti, ogni volta che viene ricoverato in ospedale, il Vaticano è in fermento e si fanno ipotesi su un futuro pontificato. Quindi, quando Francesco esce dal Gemelli in piena forma i vaticanisti restano con un palmo di naso.
L’anomalia che più impressiona è che il sant’uomo – lo conobbi 40 anni fa a Buenos Aires quand’era semplicemente provinciale dei gesuiti – è un Papa amato e rispettato da milioni di laici e atei in tutto il mondo. Mentre è contestato da frange cattoliche oscurantiste e da una parte dell’establishment ecclesiastico di cui ha smascherato i vizi e ai quali ha tolto potere e privilegi. Lui dà l’esempio, rinunciando a qualsiasi forma d’inutile lusso, e si sposta a bordo di un’utilitaria, con una croce di metallo che gli ciondola sul petto.
Quei figli abbandonati in macchina e la legge diversa
Nella sconvolgente tragedia di un’altra bimba deceduta per abbandono del genitore, in auto al sole cocente – deve essere una morte atroce – tutti si prodigano a giustificare il genitore, che, in effetti, soffre già della propria dimenticanza ed è inutile che la legge infierisca ulteriormente con un’inchiesta che non può non sancire la sua colpevolezza, negligente ma involontaria. Nessuno si è cimentato nel suggerire come evitare una tragedia che da un po’ di tempo, per fortuna raramente, sta accadendo.
Nessuno andò incontro qualche anno fa, a una coppia di genitori, lui anziano, cui tolsero la patria potestà, e la bambina, che aveva tre o quattro anni e non le era successo niente. Non l’avevano nemmeno dimenticata nell’auto al sole, ma lasciata in macchina per pochi minuti mentre scaricavano i pacchi della spesa. Vicini di casa crudeli chiamarono la polizia, che arrivò quando i genitori erano già tornati a prendere la figlia che non era più nell’auto.
Il processo per un caso senza morto
Ma il giudice dei minori istruì lo stesso un processo con cui la bimba venne affidata ad altri genitori, facendo morire di disperazione e crepacuore poco dopo padre e madre e certamente soffrire la bambina. A pensarci bene, queste tragedie non accadevano quando le auto si chiudevano con la chiave e se c’era un essere vivente nell’abitacolo si notava subito e non si poteva dimenticare. La colpa è del telecomando con cui oggi l’auto si chiude a distanza e nessuno si perita di guardarci dentro, tanta è la fretta cui ci obbliga questa società irrefrenabile.
Non sempre il progresso tecnologico, latore di grandi comodità, assicura sicurezza e buona salute. È vero che una legge del 1° ottobre 2018 impone l’installazione di un dispositivo di allarme per chi ha bimbi inferiori ai 4 anni, in modo da prevenire i casi di abbandono. Ma talvolta ci si dimentica di inserirlo. Perché non promulgare una legge che vieti la chiusura col telecomando ai genitori di figli piccoli?
Come finirà il grande processo “Rinascita Scott”? E anche qui il re morto non può più intervenire
È in dirittura d’arrivo il maxi processo storico di Vibo Valentia chiamato Rinascita Scott, dal nome di un grande investigatore dell’FBI americana, l’ufficiale dei Marines Sieben William Scott. Oltre a famiglie mafiose, sono imputati imprenditori, professionisti, sindaci, ex consiglieri regionali, carabinieri, agenti dei servizi segreti e personaggi infedeli dello stato chiamati Colletti bianchi. Sono in tutto 322 per i quali il PM ha chiesto 4744 anni di carcere per concorso mafioso esterno con la Ndrangheta, di cui 17 per l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli. Per contenere tutti gli imputati, i loro difensori, giudici e testimoni è stato necessario costruire un’aula apposita. Purtroppo col problema di dover cercare il consenso degli elettori, i governi pensano più ai propri interessi elettorali che a quelli del paese e dei cittadini.
La costruzione del Ponte sullo Stretto è uno di questi, bocciato anche dall’Autorità contro la Corruzione che, oltre a ritenere il progetto obsoleto perché risale a più di dieci anni fa ed è molto dispendioso, rileva che c’è uno squilibrio tra il concedente pubblico e i privati. Cioè la maggior parte dei rischi ricadono a danno del pubblico e i vantaggi sui privati. Ma nessuna osservazione dissuade la Lega che ritiene che col Ponte possa recuperare i voti perduti. Il fatto è che quando comincia la discesa non si può fermare con semplici provvedimenti i cui benefici vanno al partito in auge, per ora a Fratelli d’Italia, anziché al proponente. È necessario un cambio radicale di politica, che non è facile individuare e meno ancora da applicare. Ecco perché la cultura è indispensabile in politica.
Non basta essere furbi e saper criticare gli avversari
Non basta essere intelligenti o scaltri, creare trappole e sapere criticare gli avversari. Gli errori sono la causa principale dell’inversione di tendenza. Per la Lega fu la crisi che Salvini creò nel 2019 chiedendo le elezioni anticipate, che non ottenne perché non si era accorto che in Parlamento c’era la possibilità di un’altra maggioranza, oltre a quella giallo-verde che lui fece cadere. La sua sprovvedutezza lo condannò a stare per più di un anno all’opposizione da ministro degli Interni che era. Per il M5S la crisi cominciò con le continue liti e polemiche a mai finire e soprattutto a causa di tanta incompetenza, ignoranza, presunzione e arroganza.
Per il PD fu fatale la disastrosa gestione Renzi, terminata col suo referendum distruttivo. Anziché criticare e accusare la Schlein, che non è Maga Maghella e non può fare miracoli in tre mesi, né li potrà fare in tre anni, si mettano tutti a studiare una nuova politica, più liberale che socialista. Basta dare un’occhiata alla Storia che nessuno studia più, né sa interpretare. Crollarono la Democrazia Cristiana e persino il Partito Comunista, che assieme costituivano l’80% del parlamento. Sono scomparsi i partiti laici e addirittura il potente Partito Socialista di Craxi.
Tutto passa, anche il re morto
Tutto passa prima o poi perché si evolvono i tempi e le esigenze della gente, cui i partiti non sanno adattarsi. Ecco perché, nonostante vivano nella libertà e nel benessere, gli elettori scelgono sempre coalizioni nuove nella speranza che siano migliori. Persino il M5S ebbe un exploit di consensi; sorse da un giorno all’altro e con grande successo Forza Italia, miracolo di Berlusconi, che, prima di andarsene, traghettò la destra ora emergente, che infatti è considerata una novità. Un giorno toccherà anche a loro ridimensionarsi se, anziché governare bene, cercheranno di occupare più potere possibile e sovvertire la Costituzione credendo che, così, si sopravviva più a lungo. Il segreto della longevità in politica è risolvere i problemi della gente che sembra impotente e non contare nulla.
Invece, come un granello di sabbia può fare inceppare il meccanismo più sofisticato, così il povero elettore, finché ha diritto di voto, può fare crollare il partito più forte. Se, invece, tutti si comportassero bene, schierassero i migliori e agissero per il bene del Paese e dei cittadini, non ci sarebbe molta differenza tra destra e sinistra. Non ci sarebbe neppure odio tra maggioranza e opposizione e neppure razzismo. Nessuno dovrebbe nascondere né rinnegare le proprie origini culturali – post -fascisti o post-comunisti – perché ognuno applicherebbe il meglio di quelle culture aggiornato a cento anni dopo, biasimando le storture del passato. Tenendo conto che sia l’uno che l’altro regime nacquero nel periodo storico in cui erano necessari.