DALLA TURCHIA A CUTRO, BYPASSANDO LA GRECIA

DALLA TURCHIA A CUTRO, BYPASSANDO LA GRECIA

di Giuseppe Buttà

La distanza da Smirne alla costa italiana è di circa 1000 Km; il caicco che ha fatto naufragio, a Cutro in Calabria, dopo avere imbarcato circa 200 persone trasbordandole in mezzo al mare da un’altra imbarcazione, ha viaggiato per quattro giorni lungo le coste della Grecia. È molto strano che nessuno – nemmeno Frontex che ronza in cielo per tutto il giorno – l’abbia visto; ma, se l’ha visto, non ha dato l’allarme del pericolo di naufragio che una tale imbarcazione, sovraccarica, evidentemente poteva correre già quando era in prossimità della Grecia.
Ci chiediamo se, per dare un tale allarme, occorra il verificarsi di condizioni tali da renderlo necessario. Se è vero che la prima segnalazione di questa imbarcazione è stata data da Frontex 20 ore prima che giungesse quella dal suo avvistamento a 40 miglia dall’Italia, bisogna pensare che, in quel momento, essa si trovasse molto vicina alla Grecia: perché, se la segnalazione corrisponde a un allarme come sostengono gli accusatori del governo italiano, non è stato disposto il soccorso? Forse la Grecia e Cipro – che sono a un tiro di schioppo da Smirne – non offrono porti sicuri? O, forse, per segnalarne la presenza in mare, Frontex ha aspettato che l’imbarcazione giungesse in vista dell’Italia? Forse qualcuno pensa che debba essere solo il ‘Bel Paese’ ad accogliere rifugiati e migranti di tutto il mondo?

Ma questo è solo un antefatto.

Il caicco è stato segnalato a 40 miglia dalla nostra costa senza che si desse l’allarme di pericolo imminente; due vedette della Guardia di Finanza sono comunque uscite per rintracciarlo ma, non avendolo incrociato, sono rientrate in porto anche perché non adatte a reggere il mare che si stava ingrossando sensibilmente; la Guardia costiera pare sia stata allertata solo dopo il rientro delle due vedette. Alla fine, il caicco è naufragato a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Cutro.

Sappiamo che sono innumerevoli le imbarcazioni che, non viste, raggiungono Lampedusa, Pozzallo, la Calabria: la storia degli ultimi 10 anni è piena di naufragi, avvenuti in vista della costa, che hanno provocato migliaia di vittime. Per citare solo un caso, nel 2013 – al governo non c’era Meloni né Salvini – un barcone libico colò a picco a qualche miglio da Lampedusa: morirono centinaia di migranti (Il numero esatto non si conosce: forse 800) ma nessuno aveva segnalato che questo barcone in avvicinamento potesse avere bisogno di soccorso. Perché in quell’occasione Frontex o gli altri ‘vigilanti’ non lanciarono allora l’allarme avendo avvistato una simile imbarcazione? La risposta potrebbe essere che l’allarme viene lanciato appunto solo quando si rileva un pericolo imminente.

Ovviamente, quando viene avvistata una di queste imbarcazioni, l’intervento di salvataggio non può avvenire in modo così automatico come si vuole far credere nel caso del naufragio di Cutro. Infatti, se si volesse prevenire questi pericoli, bisognerebbe tenere permanentemente in mare navi di soccorso e in numero tale da poter raggiungere rapidamente e tempestivamente qualunque punto in cui una di esse si trovasse in pericolo: infatti i naufragi avvengono in pochi minuti, come a Cutro, come a Lampedusa, e le loro conseguenze sono tanto più gravi quanto più tardi arrivano i soccorsi e tanto più nefasti quanto più mano libera si è prima lasciata agli scafisti.

Molti, senza averne le prove, accusano il governo e i vari organi dello Stato competenti, dai ministri in giù, di avere omesso scientemente il soccorso e, addirittura, di averlo ostacolato per ragioni ideologiche.

La nuova segretaria del PD, con gli ‘occhi di tigre’ ereditati da Letta e scuotendo la sua propria criniera di leonessa, ha chiesto le dimissioni del Ministro degl’interni per le sue dichiarazioni che, mettendo in rilievo la pericolosità di questi viaggi avventurosi, segnalavano anche la necessità che i migranti ci pensassero due volte prima di salire su barche fatiscenti e sovraccariche.
Non v’è dubbio che il ministro, nel dar conto dell’evento tragico del naufragio, abbia scelto un modo di esprimersi piuttosto goffo. Che Piantedosi non sia Demostene lo sappiamo da quando, da ministro, ha aperto la bocca per la prima volta. Ma si può chiederne le dimissioni perché ha usato una sintassi discutibile e citato Kennedy a sproposito? In questo caso dovremmo incolpare chi l’ha nominato ministro – compreso il Presidente della Repubblica che ‘vigila’ sulla ‘qualità’ dei ministri – per non avergli fatto prima l’esame di retorica.

Si può certo discutere della sua opinione sulla ‘responsabilità’ di chi è salito con i suoi figli su una barca priva di ogni requisito di sicurezza. Io credo che se non avessi alternative, per sfuggire agli aguzzini, per sfuggire a tirannidi tra le peggiori che la storia abbia mai conosciuto, non esiterei un attimo a lanciarmi dal quinto piano come facevano i Berlinesi dell’Est o a imbarcarmi anche su una zattera fatta di noci di cocco come quella di Papillon.

Ma, queste persone morte nel naufragio di Cutro non erano più in Afghanistan, Iran, Siria, Russia, etc.; erano già arrivate in Turchia dove avrebbero potuto chiedere asilo anche presso le ambasciate del mondo libero. Perché invece hanno pagato somme spropositate agli scafisti invece di cercare altri mezzi per raggiungere Roma, Parigi o Berlino? Perché molti, pur sapendo di trovare i lager ad attenderli in Libia, vi si recano dal Pakistan, dall’Egitto, dal Ghana, etc., e si avventurano poi per mare con i trabiccoli degli scafisti?

Mattarella parla di un diritto a migrare e, se si riferisce a chi è costretto a fuggire a causa di guerre o tirannidi, certamente nessuno dubita che debbano essere accolti; ma egli non parla anche del dovere degli Stati di controllare gli ingressi nel proprio territorio, sia dei richiedenti asilo che dei migranti cosiddetti ‘economici’; il Papa si è infine convinto che, per evitare queste stragi, bisogna fermare gli scafisti e i loro datori di lavoro. Ma, per fare ciò, è necessario istituire e fare funzionare i controlli. Non è quindi sensato pensare – cosa che pare Piantedosi volesse dire – che sia più utile avvisare i migranti dei pericoli cui vanno incontro affidandosi ai trafficanti?

Frontex è l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera fondata nel 2004 per assistere gli Stati membri dell’UE e i paesi associati Schengen nella protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione dell’UE: bene! Bisognerebbe anche fondare un’agenzia che governi il flusso migratorio, organizzare corridoi umanitari che partano, per esempio, dalla Turchia e dalla Libia verso tutti gli stati dell’UE, e istituire, negli Stati da cui proviene la gran parte dei migranti non aventi diritto all’asilo, agenzie europee di collocamento e di rilascio dei visti in modo da controllare i flussi migratori in ragione delle effettive capienze e necessità di ciascuno stato.

Quello che si è sino a ora omesso, e si continua a omettere, non è il soccorso in mare bensì una politica seria che regoli il movimento migratorio: inarrestabile per quanto si voglia, esso non può essere lasciato incontrollato.

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