CAUSE “POLITICHE” DEL DELITTO CECCHETTIN*
di Pietro Di Muccio di Quattro
Platone è Platone. Il suo non è il pensiero politico di un liberale. Fu totalitario. Nondimeno il celebre passo del Libro VIII della Repubblica resta un esemplare monito perenne contro gli eccessi della democrazia malintesa e gli equivoci della cultura pseudodemocratica, specialmente oggi in Italia:
“Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano a sazietà, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati despoti. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendano gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della libertà, non vi è più riguardo per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia”.
Trovo sorprendente che nel convulso e incontrollato profluvio di analisi, pareri, proposte, opinioni, commenti, conseguente all’orribile assassinio di una giovane donna per mano del suo sedicente innamorato, non sia stato richiamato questo Platone. Egli ha sintetizzato in forma classica e sotto specie generale le principali cause “politiche” di quel delitto esecrabile, le quali troppi hanno invano cercato di spiegare con arzigogoli inconcludenti, fumisterie sociologiche, psicologismi ingarbugliati, balbettii puerili.
Platone dice che in mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa la tirannia, ma pure, osando chiosare il Filosofo ateniese, ne risultano accentuati consimili tipi di crimine, che sembrano inspiegabili se non con la sistematica cancellazione/attenuazione/sottovalutazione della pedagogia civile e dell’educazione familiare sulla necessità d’inculcare nelle persone le remore individuali e sociali, come scolpite da Platone.
A tacere che il male appartiene all’esistenza. L’umanità è un legno storto (Kant) che la stessa umanità non è riuscita a raddrizzare, figuriamoci la sconfinata superbia di certi politici, giornalisti, specialisti, eccetera, eccetera, che si sono avventati ventiquattr’ore al giorno sul doloroso caso meno per compassione che per ostentazione, “anatomizzandolo” senza continenza.
*foto e articolo pubblicati su “L’OPINIONE delle Libertà” del 24.11.2023