BELLO NON ESSERE RICATTABILI, MA ATTENZIONE!
di Giuseppe Gullo
La gestazione del nuovo Governo è stata complicata soprattutto in questi ultimi giorni a causa delle “bizzarrie” del Cavaliere. Confidenze fatte in un’assemblea alla presenza di decine di persone con la presunzione che restassero riservate in un Paese, il nostro, in cui perfino le discussioni in camera di consiglio vengono registrate e diffuse alla bisogna. Nonostante questi siluri probabilmente teleguidati, Giorgia Meloni è divenuta la prima donna a capo dell’Esecutivo nella storia italiana. Il voto del 25 settembre scorso ha legittimato questo risultato in modo inequivocabile.
Al riguardo scrive Giuliano Ferrara sul Foglio del 19 Ottobre scorso:“Probabilmente la legittimazione è nel fatto che è una (Meloni ndr) fuori dal giro ma ha fatto pratica della politica fin dalla tenera età. Ma la legittimazione non basta, come non basta una certa dose di fortuna. Bisogna farla valere. E qui Meloni sfida la mia legge o costante machiavellica, spesso enunciata spero senza spocchia, in base all’esperienza più umile del mestieraccio: per contare in politica non devi avere tanto la capacità di ricattare gli altri quanto la certezza degli altri che puoi essere ricattato, questo vuol poi dire far parte del giro. Meloni afferma il contrario con baldanza: non sono ricattabile. Mi auguro per lei che non sia così vero, perché il guinzaglio collettivo può essere corto o lungo, il profilo di autenticità e autonomia ideologica può essere un circolo largo o più ristretto, ma fuori dai confini della politica come vincolo non privo di opacità e connivenza è difficile abitare e vivere a lungo, è lì la differenza tra l’egemonia e l’avventura solitaria. Se è valida la legge della ricattabilità come requisito per il potere, Meloni affetta un virtuismo che per sua fortuna non ha, è un essere fragile come gli altri, abitante le stesse stanze, e qui è parte della sua forza potenziale, anche nella condizione di outsider; fosse un vero campione di trasparenza assoluta, un distillato di purezza metapolitica, mi comincerei a preoccupare per lei e, naturalmente, per la validità della mia legge.”
Ho letto più volte con attenzione le affermazioni del famoso giornalista che è stato Ministro, consigliere autorevole e ascoltato di Berlusconi, fondatore del Foglio e protagonista di mille altre cose e che quando scrive lo fa, oltre che con una prosa che a me sembra la migliore in circolazione, soppesando i concetti e valutando in pieno la portata di ciò che sostiene.
La legge di Ferrara in poche parole può essere enunciata così :”Se non sei ricattabile, e quelli che contano lo sanno, non vai da nessuna parte e se dovessi andarci è pronto “ l’incidente” che ti mette fuori gioco”.
La prima cosa che mi è venuta in mente è stata : e se avesse ragione? Se il “mestieraccio”, nel quale l’elefantino primeggia, lo avesse portato a vedere cose che un non addetto ai lavori non vede e neppure immagina? Se la lunga frequentazione di Palazzo Chigi, ironicamente chiamato dallo stesso “Palazzo Gigi” in conversazioni private e un poco sfottenti, unitamente a una grande intelligenza, a un intuito sopraffino e all’appartenenza a un’importante famiglia di intellettuali sempre molto vicini alle stanze del Potere reale gli avesse consentito non solo di capire, ma anche di potere dire ciò che scrive senza che nessuno , per quanto mi risulti, abbia avuto nulla da eccepire, compresa l’interessata Capo del Governo?
Non ho nessuna difficoltà a confessare che queste domande mi frullano in testa da giorni e pur non essendo, per età ed esperienza, di primo pelo, mi inquietano. Mi sono tornate in mente cose vecchie e fatti più recenti i quali, se considerati alla luce della legge dell’Elefantino, assumono un diverso significato e un altro rilievo.
Pensieri appunto, nulla di più. Ho pensato al caso Montesi e ai suoi sviluppi ancora oggi misteriosi nell’Italia appena emersa dal secondo dopoguerra, all’incidente che portò alla morte di Enrico Mattei e ai sospetti sempre ricorrenti sulla sua politica energetica come causa dell’incidente, alla controversa e misteriosa figura del Generale De Lorenzo e al piano “Solo”, alle vicende che interessarono Eugenio Cefis, la Edison, e Gardini , al caso Sindona e al fatale caffè in carcere, alla morte di Calvi a Londra e alla scandalo del Banco Ambrosiano, ai finanziamenti della CIA e dell’Unione Sovietica rispettivamente alla Dc e al Pci, a Gelli e alla P2, al delitto Ligato, al caso del Pio Albergo Trivulzio e alla grande offensiva giudiziaria partita dalla Procura di Milano che nell’arco di pochi mesi cancellò tutti i Partiti che avevano governato l’Italia dal dopoguerra fino al 1992.
Poi mi sono fermato in quanto mi è capitato sotto gli occhi la notizia delle dimissioni del Primo Ministro inglese dopo soli 44 giorni dal suo insediamento. Vuoi vedere che la legge della ricattabilità ha superato i confini del Belpaese?