POLITICA IN MOVIMENTO, MA VERSO DOVE?

POLITICA IN MOVIMENTO, MA VERSO DOVE?

di Giuseppe Gullo

La situazione politica nazionale è in forte movimento sia sul versante dei partiti al Governo sia su quello dell’opposizione. Gli approdi sono ovviamente imprevedibili e subordinati al verificarsi di alcuni eventi e pertanto aleatori. Alcune osservazioni possono essere fatte senza correre il rischio di sviluppare congetture campate in aria. Lo schieramento che si oppone al Governo assiste alla crisi interna dei 5S, nient’affatto conclusa, tifando silenziosamente pro o contro Conte, consapevole però che una parte dell’elettorato residuo dell’ex corazzata pentastellata andrà al PD, mentre altri ingrosseranno le fila di altre formazioni politiche in cerca di nuovi riferimenti o finiranno per aumentare il numero, già notevole, degli astenuti. In ogni caso il c.d. campo largo è finito anche concettualmente e l’unica prospettiva praticabile è quella di un polo incentrato sul PD aperto a contributi programmatici di forze del centro democratico di ispirazione socialista, liberale, cattolica e repubblicana, oltre a quelli della sinistra antagonista non massimalista, in termine sostanzialmente ancillari.
La scadenza referendaria della prossima primavera che, se la Consulta lo consentirà, sottoporrà al giudizio degli elettori quel che resta della sciagurata legge sull’autonomia differenziata, offre all’opposizione un’occasione unica di infliggere una spallata democratica al Governo. Penso che l’esecutivo non potrà sopravvivere a un risultato elettorale che dovesse abrogare una legge-simbolo della Lega, che tuttavia l’intera maggioranza ha fatto propria. Molti fattori danno una consistente mano d’aiuto ai sostenitori dell’abrogazione. Anzitutto il contenuto della legge e la stessa ratio che ne ha costituito la premessa. Il legislatore ha stravolto il principio di unità del territorio nazionale, ha legittimato e amplificato il dualismo nord/sud, ha discriminato i cittadini scavando più profondamente il solco tra chi vive nelle regioni del centro nord, che usufruiscono di servizi di livello europeo, e quelli del sud, che devono fare i conti con arretratezze e disorganizzazioni. Solo questo argomento è più che sufficiente per chiedere a tutti gli elettori, e in modo particolare a quelli meridionali, di votare SI al quesito referendario abrogativo.
È di questi giorni la pubblicazione della graduatoria delle città con la migliore qualità della vita. Con tutti i limiti di questo tipo di indagine, non vi è dubbio che la differenza tra città meridionali e del centro nord è abissale. Se si aggiunge il dato relativo al decremento demografico e all’esodo dei giovani meridionali, il quadro diventa veramente drammatico. In secondo luogo c’è da considerare che gli stessi governatori di destra delle regioni meridionali, Sicilia, Calabria e Basilicata in testa, avranno difficoltà insuperabili a difendere una legge che per i loro amministrati è fortemente penalizzante.
Da ultimo è bene ricordare tutti i precedenti nei quali coloro che erano contrari ai referendum e che hanno puntato sul mancato raggiungimento del quorum hanno preso una sonora batosta dagli elettori che non hanno accettato l’invito a non votare e hanno partecipato alla consultazione ben oltre le stesse attese dei promotori. Il passaggio elettorale diventa un appuntamento cruciale in grado di cambiare profondamente la situazione politica nazionale. Pare al momento la sola strada praticabile e realmente democratica per mettere in crisi il Governo e creare le condizioni per vincere le elezioni politiche. La strada maestra è quella soltanto.
Vincere le elezioni con un programma chiaro e condiviso, impegnativo per chi lo sottoscrive nel quale sia indicato cosa si intende fare su alcuni punti fondamentali e qualificanti: legge elettorale, diritti civili e cittadinanza, fine vita, scuola e università, sanità, stato sociale, autonomia energetica, atlantismo, rispetto delle alleanze internazionali, giusto per indicarne alcuni senza ordine di priorità. Accanto a questo è necessario un impegno formale a rispettare senza deroghe il principio del rifiuto della lottizzazione e applicare sempre quello del merito e della competenza. Non si può tuttavia gridare allo scandalo per la Rai o per le grandi società controllate dal Tesoro se in passato è stato utilizzato lo stesso metodo.
Insomma, passaggi difficili ma indispensabili se si vuole costruire un’alternativa credibile e vincente. Tranne che la Presidente del Consiglio, preoccupata per il possibile esito del referendum, non rischi il tutto per tutto e punti a elezioni anticipate. Fantapolitica? Forse. Macron lo ha fatto in Francia con risultati non brillanti, e tuttavia  salvando il suo movimento e continuando a dare le carte. Perché non potrebbe accadere nel Belpaese?
Buon anno!

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