SI ESCA DALLE GUERRE CON UNA PACE GIUSTA

SI ESCA DALLE GUERRE CON UNA PACE GIUSTA

di Giuseppe Gullo

La guerra in Ucraina dura ormai da più di due anni e mezzo. Al momento, fatti salvi i contatti riservati della diplomazia mondiale, non vi è un tavolo di discussione per definire una tregua duratura e successivamente le condizioni per la pace. Gli appelli e le pressioni provenienti da tutte le parti per arrivare sollecitamente a una tregua aumentano giorno dopo giorno. Essi, tuttavia, sono in questo momento inefficaci e non sono in condizione di dare una svolta a una situazione stagnante nella quale migliaia di persone perdono la vita e le distruzioni aumentano senza sosta. È trascorso quasi un anno dall’attacco di Hamas nella striscia di Gaza e la violenza terribile della guerra casa per casa prosegue senza sosta e senza che si veda una fine.
Nei primi giorni di settembre l’attenzione del mondo imprenditoriale e di quello politico è stata rivolta al Forum Ambrosetti, che si è svolto come ogni anno sulle rive del lago di Como e che ha visto tra i protagonisti ancora una volta il presidente ucraino che ha avuto un colloquio con la Presidente del Consiglio italiana. Nello stessa sede, un report scritto a più mani mette in evidenza alcuni importanti aspetti relativi agli effetti “positivi“ della guerra in atto. Il primo di essi è costituito dal fatto che tutti i paesi europei, fortemente dipendenti dalla Russia per la fornitura di gas, sono riusciti in breve tempo a superare il temuto blackout energetico ottenendo la quantità necessaria dai paesi africani, dall’America e dall’oriente e perfino dall’Australia. È stato incrementato l’uso dell’energia proveniente dal fossile e sono stati fortemente ridotti globalmente gli sprechi. Tutto questo senza rilevanti aumenti del costo della materia prima e senza che i processi produttivi interni dipendenti dall’energia disponibile subissero contraccolpi significativi. Probabilmente la sola Germania tra i paesi dell’Unione Europea ha pagato un prezzo molto elevato in termini di calo della produttività che ha portato l’economia tedesca in recessione. Gli altri paesi, l’Italia in primo luogo, hanno potuto sfruttare al meglio le risorse comunitarie erogate dal PNRR in modo da dare un impulso all’economia post COVID che ha consentito una straordinaria crescita del PIL. È vero che in questo periodo si sono verificate anche strane manovre attraverso le quali il gas russo ha raggiunto per vie traverse i mercati europei, con sostanziale violazione dell’embargo deliberato nei confronti della Russia. È accaduto anche che grandi raffinerie di proprietà di capitali russi, come quella di Priolo in Sicilia, venissero cedute a società di comodo in modo da potere continuare a produrre senza recare danno economico alla proprietà e nello stesso tempo garantendo forniture a società italiane. L’emergenza non c’è stata e tutti abbiamo preso atto di poter far a meno, in buona misura, del gas russo.
Il secondo aspetto che viene messo in evidenza riguarda il superamento del temuto blocco di fornitura di grano da parte dei paesi in guerra nei confronti dell’Europa e più direttamente, per quanto ci riguarda, verso l’Italia. Com’è noto Russia e Ucraina sono grandi produttori di grano e le loro esportazioni verso l’Europa hanno garantito a lungo la copertura di una buona parte del fabbisogno alimentare dell’Unione Europea. Nonostante la guerra, in modo sicuramente più limitato ma comunque consistente, l’esportazione è continuata senza che la materia prima subisse un aumento spropositato tale da incidere in modo rilevante sui costi dei prodotti che, soprattutto nel nostro Paese, sono di larghissimo consumo. Gli effetti negativi maggiori li hanno subiti i paesi poveri e quelli in via di sviluppo nei quali la crisi agroalimentare ha creato numerosi focolai di ribellione popolare ancora in atto. È sicuramente un problema di grande rilievo che interessa soprattutto l’Africa rispetto al quale l’intero Occidente dovrà necessariamente studiare meccanismi di sostegno e di aiuto.
Un ulteriore aspetto per così dire “positivo”, che viene individuato come conseguenza del conflitto in atto, è la maturata consapevolezza da parte dei paesi dell’Unione Europea di doversi munire di una strategia militare difensiva che sia in qualche modo autonoma rispetto all’alleanza Nato. L’incertezza derivante dalle elezioni americane dei primi di novembre, col timore che l’eventuale vittoria del candidato repubblicano possa rendere incerto il futuro dell’alleanza nord atlantica anche nella prospettiva dell’ingresso dell’Ucraina, ha fatto sì che i Paesi dell’Unione, Italia compresa, siano favorevoli alla istituzione di una forza militare europea che sia di salvaguardia e di garanzia dell’integrità territoriale dei paesi membri e di mantenimento del sistema democratico fondato sui principi liberali che hanno consentito all’Occidente di essere la parte più progredita dell’intero pianeta. La discussione che questo report introduce in una sede non istituzionale ma di grande rilievo internazionale nella quale sono presenti ed intervengono personalità di tutto il mondo, verte sulla necessità di una riflessione seria in ordine al problema cruciale della misura dei “sacrifici“ che i grandi paesi occidentali, USA in primo luogo, sono disposti a fare per arrivare in tempi brevi ad una pace giusta sia per quanto riguarda il conflitto ucraino sia per quanto riguarda quello tra Israele e Palestina.
Il fatto che i paesi più ricchi e militarmente più forti dell’Occidente siano riusciti a porre rimedio ai contraccolpi di natura economica e di natura sociale conseguenti alle guerre in corso fa correre il rischio di perdere di vista un obiettivo che deve essere invece perseguito con grande perseveranza e con la piena consapevolezza che il prezzo che viene pagato dalla comunità mondiale per le guerre in corso è sempre talmente elevato da non poter essere compensato neppure parzialmente da qualunque tipo di “nuovo equilibrio “conseguito in costanza di eventi bellici.
Accettare che la guerra sia una condizione di normalità significa venire meno al primo dovere di una democrazia che è quello di garantire legalità e regole di civile convivenza.

 

Fonte Foto: Flickr.comCT MCC BY-ND 2.0

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