L’INDAGINE DI PERUGIA, UN TERREMOTO DEVASTANTE

L’INDAGINE DI PERUGIA, UN TERREMOTO DEVASTANTE

di Giuseppe Gullo

Non era difficile prevedere che l’inchiesta della Procura di Perugia sul dossieraggio relativo agli accessi abusivi nel SOS (segnalazioni operazioni sospette), trasmesse dalla Banca d’Italia alla Direzione Nazionale Antimafia, potesse avere due opposti sviluppi. Avrebbe potuto avere un “andamento lento”, tanto da diventare quasi immobile fino ad arrivare all’oblio, o sarebbe potuta diventare un’inchiesta con tutti i requisiti per causare un terremoto devastante. La richiesta di misure cautelari della Procura di Perugia misure cautelari nei confronti dei due indagati eccellenti – l’ufficiale della GdF distaccato alla Procura Nazionale Antimafia e il sostituto delegato dal Procuratore Nazionale alla gestione dei dati sensibili – fa pensare che i titolari dell’inchiesta intendono andare avanti nella ricerca e nell’accertamento di comportamenti delittuosi. Sulla base degli atti resi pubblici a seguito del rigetto da parte del Gip delle misure cautelari, emerge che gli indagati hanno sicuramente effettuato alla Banca dati un numero abnorme di accessi, circa 5000, nei confronti di personalità politiche, imprenditori, uomini di spettacolo, calciatori, 172 in tutto, al solo fine di entrare in possesso di notizie riservate trasmesse successivamente a terzi per finalità illecite. Questi fatti sono confermati dal Gip che ha scritto, secondo Repubblica, che “Nell’elenco figurano, oltre al ministro Guido Crosetto dal cui esposto è partita l’inchiesta dopo che l’importo delle sue consulenze con Leonardo era finito sulla stampa, praticamente tutti i ministri dell’attuale governo, più Renzi, Conte, Cristiano Ronaldo, Massimiliano Allegri, Fedez e tanti altri. L’accusa sostiene che Striano, in autonomia ma in alcuni casi su input di Laudati che era il coordinatore dell’Ufficio SOS, abbia estratto documenti contabili e finanziari confidenziali «in favore non solo di numerosi giornalisti (sono indagati tre cronisti del Domani, ndr), ma anche di privati e soggetti organici all’interno di organismi istituzionali». Insomma, l’intero Governo in carica!! Cose da Kgb, CIA e Mossad prima della disfatta dell’attacco di Hamas.
Come in ogni Spy story che si rispetti viene fuori un militare distaccato ai Servizi segreti, indagato, che non avrebbe avuto incarichi operativi secondo l’Aise e un potente Monsignore con alti incarichi in Vaticano, non indagato, ai cui movimenti bancari era interessato lo 007. Alcune conversazioni telefoniche tra quest’ultimo e il Tenente Striano, esecutore materiale degli accessi, oltre a fornire la prova di una consuetudine di rapporti consolidata, conferma una prassi antica le cui finalità non possono non creare inquietudine. Il GIP, nonostante il quadro accusatorio sia pienamente confermato e sicuramente gravido di molti punti oscuri, non ha ritenuto che vi fosse il pericolo di inquinamento delle prove e pertanto ha rigettato l’emissione della misura cautelare. La decisione del giudice si fonda sul fatto che Laudati è in pensione e il tenente Striano è stato trasferito ad altro servizio dal quale non avrebbe la possibilità di interferire con le indagini. L’applicazione rigorosa della legge in materia di provvedimenti cautelari è molto apprezzata da chi crede, come chi scrive, che il ricorso alla privazione e/o limitazione della libertà personale debba essere limitato ai soli casi di comprovata necessità, e che la presunzione d’innocenza sia un caposaldo a tutela dei cittadini. Non si può tuttavia astenersi dal considerare che quella che dovrebbe essere una regola è invece un’eccezione, come hanno dimostrato casi anche recenti, come quello del Presidente della Regione Liguria, nei quali gli arresti sono stati utilizzati come un formidabile strumento di pressione per ottenerne le dimissioni. Ben venga una scelta garantista se non pregiudica lo sviluppo delle indagini.
Resta il dato che i fatti contestati sono interamente confermati e che la Procura ha proposto appello al Tribunale del Riesame contro il rigetto della misura cautelare. L’inquirente sostiene che l’inquinamento potrebbe avvenire attraverso “contatti” degli indagati, liberi cittadini, con i destinatari dei file acquisiti in modo illegale, alcuni dei quali “soggetti istituzionali”, e con altri giornalisti peraltro indagati. Non solo. Il Procuratore capo di Perugia ha deciso di trasmettere il fascicolo, ormai non più coperto dal segreto istruttorio, alla Commissione Parlamentare antimafia. È questa una decisione a un tempo innovativa e inquietante. È il seguito della richiesta dello stesso Procuratore e di quello della DNA di essere ascoltati su questo tema dalla Commissione con l’inversione della prassi che prevede solitamente la convocazione dei soggetti che debbono essere auditi. In quell’occasione i magistrati titolari dell’inchiesta definirono come un “verminaio” quello emerso dalle prime  indagini.
La trasmissione del fascicolo, con le ulteriori indagini svolte, porta a ritenere che siano emersi fatti che potrebbero rientrare nella competenza della Commissione. La legge istitutiva prevede tra l’altro che la Commissione  abbia in particolare il potere di “indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio, negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, sia riguardo a quelle sue manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso; accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi, le forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali
Gli atti trasmessi – che molto presto saranno di pubblico dominio essendo a conoscenza dei 50 componenti della Commissione –  a giudizio del Procuratore di Perugia contengono fatti che possono rientrare nella competenza dell’organo parlamentare di cui è vicepresidente il senatore de Raho, Procuratore Nazionale antimafia all’epoca dei fatti, già chiamato in causa dal suo sostituto il quale ha dichiarato di avere sempre riferito al Procuratore capo. Alla stessa stregua, è anche possibile, e va verificato, se il tenente Striano abbia anche riferito ai suoi superiori le notizie relative agli accessi effettuati.
Il 23 settembre il Tribunale del Riesame delibererà sull’appello della Procura. Qualunque sia l’esito dell’impugnazione, l’inchiesta è destinata, al pari di quella di Caltanissetta, a tenere alta la tensione per molto tempo ancora.

 

Fonte Foto: Wikimedia CommonsKristianpotCC BY-SA 4.0 Deed

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