LE RIFORME DEL GOVERNO MELONI: DUE NO E UN SONORO SI!
di Giuseppe Gullo
Vi sono forti ragioni di dissenso su molti e importanti temi con la maggioranza che regge il Governo del Paese. Il ddl costituzionale che intende introdurre nel nostro sistema il c.d. premierato rappresenta un modo del tutto sbagliato e dannoso di affrontare il delicato tema della stabilità dei Governi perché mette in crisi i principi fondamentali della Democrazia liberale.
Ne sono stata prova in queste settimane le elezioni in Inghilterra e in Francia. Quest’ultime in particolare, nelle quali il sistema Presidenziale avrebbe dovuto essere la garanzia di governabilità, sono state la dimostrazione che non è sufficiente concepire un sistema che abbia tale scopo affinché esso si realizzi concretamente. Anzi è accaduto esattamente il contrario con in più l’ anomalia che il partito più votato, RN, è finito al terzo posto per numero di parlamentari eletti all’Assemblea Nazionale.
Il voto in GB ha effettivamente espresso una maggioranza parlamentare e un Governo che ne è la promanazione, attribuendo al partito laburista, votato dal 33% degli elettori, i due terzi dei seggi alla camera dei Comuni. Se malauguratamente dovesse essere approvato, il premierato italiano, essendo necessariamente di coalizione, restando comunque nella disponibilità del più debole dei partiti coalizzati, non garantirebbe governabilità ma, nel prevedibile caso di contrasti tra i partiti (come già oggi sta avvenendo) finirebbe per precipitare il Paese in una serie di elezioni anticipate, mentre darebbe un colpo tremendo, forse definitivo, all’equilibrio dei poteri concepito e realizzato dai Costituenti.
L’autonomia differenziata, divenuta legge dello Stato, se non sarà abrogata dal referendum richiesto da molte Regioni, sarà causa di un ulteriore aumento delle differenze della qualità dei servizi pubblici tra centro nord e sud del Paese, come è ormai chiaro a tutti, compresi i Presidenti delle Regioni meridionali governate dalla destra, quand’anche ci fosse un massiccio investimento per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP) nelle regioni del centro-sud. Con tutta probabilità, finirà comunque per rappresentare una vera e propria cesura nel tessuto dell’unità nazionale, come ha sostenuto il maggiore quotidiano italiano che notoriamente è molto attento agli interessi delle regioni del nord.
Detto questo, occorre lealmente dare atto al Governo di avere portato a compimento in meno di due anni dal suo insediamento il primo significativo pacchetto di riforme in materia di Giustizia.
La legge appena approvata dal Parlamento abroga il reato di abuso d’ufficio e modifica quello di traffico d’influenze illecite specificando le condotte non consentite, limita l’uso e la pubblicità dei contenuti delle intercettazioni telefoniche, introduce l’obbligo di sentire l’indagato prima della richiesta di misure cautelari e attribuisce la competenza a un collegio per adottare la custodia in carcere e infine limita il potere di impugnazione del PM nel caso di assoluzione per reati di lieve entità.
Si tratta di provvedimenti sacrosanti, in perfetta sintonia coi principi costituzionali della presunzione d’innocenza, del giusto processo e della tutela dell’indagato. Quando magistrati e/o politici, del tutto appiattiti sulle posizioni giustizialiste, affermano che con l’abrogazione dell’abuso d’ufficio si legalizza la corruzione, fanno un’affermazione falsa. L’abuso veniva utilizzato soltanto come “reato spia”, e cioè come punto di partenza per gettare a mare la rete con la speranza che lo strascico consentisse di fare impigliare “pesci” più grandi e andare avanti contestando ben altri reati rispetto a quelli ipotizzati all’inizio. È la teoria secondo la quale è certo che il reato c’è comunque, bisogna solo andare a trovarlo. È questo il modo di amministrare la Giustizia? La lettera e lo spirito della Costituzione sono rispettati da questi pescatori di frodo che ascoltano, violano la privacy, mettono alla gogna persone e intere famiglie senza avere in mano fatti privi di riscontro e/o di rilevanza penale.
Quale norma prevede il reato spia? Chi autorizza a rendere pubblici fatti che non hanno alcuna attinenza con l’indagine e che spesso riguardano terze persone del tutto ignare di quanto sta accadendo?
La riforma Nordio è un primo tentativo, parziale ma significativo, di porre un argine allo strapotere debordante delle procure e al continuo intervento a gamba tesa in ambiti che non competono all’ordine giudiziario.
Purtroppo, su questi temi vi è da parte dell’opposizione politica un atteggiamento preconcetto e un rifiuto pregiudiziale al confronto aperto per migliorare il contenuto della riforma, e ciò anche in presenza di dichiarazioni favorevoli da parte di numerosi loro esponenti che ricoprono o hanno ricoperto l’incarico di pubblico amministratore e hanno verificato sul campo la completa inutilità della norma abrogata e il freno che essa rappresentava per l’intera macchina amministrativa.
Il controllo di legalità è un dovere dell’ordine giudiziario che deve essere svolto nella scrupolosa osservanza delle leggi e col massimo rispetto dei diritti dell’indagato, innocente fino al momento in cui non venga condannato con sentenza definitiva.
Civiltà giuridica e sociale, rispetto del cittadino e riaffermazione del primato della Legge e dei diritti di tutti, sono i principi che ispirano questa giusta riforma.