PREMIERATO ELETTORALE, UNA PESSIMA RIFORMA DA BOCCIARE COL REFERENDUM
di Giuseppe Gullo
Il dibattito che si è aperto sul Ddl di riforma costituzionale presentato dal Governo, che propone di introdurre nel nostro sistema la figura del Primo Ministro eletto direttamente dagli elettori, ha il merito di riportare al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica un tema cruciale per la Democrazia. Non è il caso di ripetere cose già ampiamente dibattute sui grandi ritardi che la politica ha segnato su questo tema fondamentale. Alle cose già note è forse il caso di aggiungere il contributo del ricordo della figlia del Presidente Cossiga, che riferisce che la decisione del padre, in quel momento Capo dello Stato, di uscire da un riserbo quasi assoluto e di manifestare pubblicamente e ripetutamente le sue idee che gli valsero l’appellativo di “picconatore”, fu determinata dal convincimento che a seguito del crollo del muro di Berlino e della frantumazione dell’URSS, fosse necessaria una profonda riforma costituzionale per adeguare le Istituzioni alla nuova realtà internazionale. Come sappiamo non se ne fece nulla ed accadde tutto ciò che abbiamo vissuto compreso il periodo di “supplenza” del potere giudiziario rispetto a quello politico che ci ha portato al punto in cui siamo.
È possibile arrivare ad una riforma condivisa? Sicuramente no. Le posizioni in campo sono talmente diverse e lontane tra di loro da fare escludere una simile possibilità. Vi è la necessità di una riforma costituzionale che garantisca stabilità ai Governi? A parole tutti condividono questo principio tranne a dire poi cose diametralmente opposte.
La Costituzione repubblicana, frutto del lavoro della Costituente e dei necessari compromessi tra le sue diverse anime, ha dettato norme che corrispondevano ad una Democrazia parlamentare nella quale il ruolo degli eletti nel Parlamento era obiettivamente preminente rispetto a quello di altri organi che da essi ricevevano legittimazione. Strada facendo, successivi e sbagliati provvedimenti di modifica hanno appesantito la situazione. Ne cito alcuni: la riforma del titolo V, la riduzione dei Parlamentari e con essa il livello di rappresentatività, l’abrogazione dell’immunità dei membri del Parlamento, l’espropriazione del diritto degli elettori di scegliere i loro rappresentanti. È del tutto inutile cercare i responsabili, ma nessuna forza politica può negare precise corresponsabilità in quanto accaduto.
La strada maestra sarebbe quella di un’Assemblea Costituente o di una Commissione Bicamerale con poteri decisionali. Le “semplici” bicamerali hanno fallito il loro compito formulando solo proposte rimaste tali. Perché istituire una nuova bicamerale con il potere di decidere a maggioranza assoluta? Per l’ovvia ragione che il Parlamento, a maggiore ragione adesso che è a ranghi ridotti, non può essere bloccato per un tempo indefinito sui problemi dell’assetto costituzionale dello Stato, tralasciando la normale funzione legislativa, mentre una commissione potrebbe lavorare di buona lena supportata, come è naturale, da consulenti di primissimo piano scelti sulla base dei curricula e dell’esperienza accademica, politica e professionale per sostenere la delicatissima funzione.
È evidente che non si farà e si continuerà ad andare avanti (per così dire) con l’attuale andazzo. Assisteremo ancora e chissà per quanto tempo a proposte che saranno puntualmente emendate in modo anche significativo e sommerse da un’alluvione di contro-proposte di ogni tipo e contenuto per la massima parte fatte con il solo intento di rendere accidentata una strada che è già impervia di suo. È quanto sta accadendo al Ddl Casellati, partorito dal CdM con gran rumore e già dopo le primissime poppate bisognevole di cure e di assistenza medica continua. Sicuramente assisteremo ad altre terapie che saranno proposte man mano che strafalcioni grandi e piccoli verranno alla luce. La Presidente del Consiglio, che conosce le regole non scritte della politica e che sicuramente ha ben presente quanto accadde al Governo Renzi su una proposta di gran lunga migliore di quella attuale, mette le mani avanti precisando che la sorte del premierato non incide sul Governo e sul suo lavoro mentre la Ministra delle Riforme, anche lei di lungo corso, dichiara la disponibilità a discutere di modifiche che vadano nella direzione del rafforzamento della stabilità dell’Esecutivo. Affermazione quest’ultima talmente generica e onnicomprensiva da sembrare più l’invito garbato a prendere insieme un caffè piuttosto che l’apertura reale a recepire le osservazioni più pregnanti.
Si fa finta, in questo gioco delle parti, di ignorare che oggettivamente l’inserimento di una figura istituzionale legittimata direttamente dal voto modifica ab imis il sistema. Così procedendo è del tutto inutile cercare di rassicurare ciò che in modo automatico e diretto viene modificato, e cioè il ruolo e la funzione del Parlamento e del Presidente della Repubblica. Quest’ultimo a cui viene sottratto il potere di indicare il Presidente del Consiglio incaricato e di sciogliere il Parlamento, essendo un atto dovuto in presenza della richiesta del Premier, diventa de facto una figura istituzionale diversa e minore rispetto all’attuale. Si parla e si legge moltissimo del PdR come arbitro imparziale, con o senza assistenza VAR. Non è così da molti anni, forse già dalla Presidenza Segni, sicuramente da quella Scalfaro, con punte di “sconfinamento” di Napolitano che saranno certamente oggetto di esame accurato in sede storica allorché i tempi saranno maturi per poterlo fare. Il Presidente Mattarella che viene da una scuola politica diversa ed è l’espressione stessa della cautela, nel corso del suo primo mandato ha affrontato passaggi di grande delicatezza nei quali più che da arbitro ha dovuto fare da allenatore e suggeritore, per nostra fortuna c’è da aggiungere, quando la squadra di cui disponi non ha al proprio interno campioni all’altezza del torneo che sono chiamati a giocare.
Se le cose stanno così, vedremo nascere una pessima riforma contro la quale occorrerà mobilitare tutte le forze disponibili perché venga bocciata in sede di referendum confermativo. Politicamente il Paese pagherà un prezzo molto alto in termini di contrapposizione, lacerazione e stallo delle questioni che urgono. Ma sarà inevitabile, tranne che non rinsavisca chi immagina di potere modificare una parte così importante della Carta senza avere in Parlamento un consenso amplissimo. Purtroppo, siamo solo all’inizio!
Fonte Foto: Wikimedia Commons – Carlo Dani – CC BY-SA 4.0 Deed