L’ALLARME LANCIATO DAL CENSIS E IL DISINTERESSE DELLA POLITICA
di Giuseppe Gullo
Il CENSIS è una fondazione riconosciuta da un DPR del 1973 che svolge attività di ricerca per Enti pubblici e società private sullo “stato di salute” della società italiana. Anche quest’anno ha pubblicato la sua relazione, frutto di un approfondito lavoro e divisa per settori, che ha ufficializzato pochi giorni fa e di cui riporto la sintesi di presentazione : “Ciechi dinanzi ai presagi: crisi demografica, nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% più danni che benefici dalla globalizzazione, e adesso il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente. Ripiegati nel tempo dei desideri minori: non più alla conquista dell’agiatezza, ma alla ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano. L’economia dopo la fine dell’espansione monetaria? record di occupati, ma crescita in rallentamento. Intanto monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie (è favorevole all’eutanasia il 74% dei cittadini). E, nella siderale incomunicabilità generazionale, va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani, esuli in fuga (sono più di 36.000 gli espatriati di 18-34 anni solo nell’ultimo anno)”.
Se al lettore resta la forza di continuare a leggere i singoli capitoli, probabilmente sarà preda di una crisi di sconforto. E la politica? Il problema, con ogni evidenza, non è la reazione o lo stato d’animo del singolo cittadino o di gruppi più o meno numerosi quanto l’atteggiamento, le risposte che le forze politiche pensano di dare a fronte di un quadro che definire allarmante è certamente riduttivo. È questo ciò che manca: le proposte della politica alle singole questioni che vengono poste. Qualcuno ha letto una dichiarazione della Presidente del Consiglio o della Segretaria del PD, solo per citare i maggiori responsabili di chi governa e di chi si oppone, di fronte alla previsione che entro il 2050, cioè nel volgere di una generazione, vi saranno otto milioni di italiani in meno in età lavorativa? Qualcuno ha più sentito parlare dei progetti di legge, non calendarizzati, sul fine vita, posto che il 74% dei cittadini è favorevole all’eutanasia? Qualcuno ha sentito parlare di iniziative serie e credibili per trattenere in Italia gli oltre 30.000 giovani che ogni anno emigrano in altri Paesi? Le stesse domande possono essere poste per tutte le altre questioni importantissime che sono contenute nel rapporto. La parola d’ordine è stata: ignorare, far finta di niente! E’ ciò che avviene puntualmente da tempo e che ha portato a questa realtà di una società di “sonnambuli” come viene definita in modo incisivo e immaginifico dal Rapporto del CENSIS.
L’unica risposta è venuta, certamente non per caso, da un non politico. Il teologo e filosofo Vito Mancuso ha preso le mosse dai dati e dall’analisi del CENSIS per allargare il discorso nel tentativo di individuare le ragioni che producono questo malessere. Il ragionamento che sviluppa il filosofo-teologo è ancora più preoccupante delle conclusioni del CENSIS. Nella sostanza, Mancuso sostiene che le giovani generazioni hanno perduto interesse alla politica, che era invece ben presente nei giovani della seconda metà del secolo scorso, e che oggi dissentono senza lottare e cioè senza far nulla per cercare di cambiare lo stato delle cose avendo perso la speranza che possa realizzarsi qualunque cambiamento. Hanno deposto la speranza e qualunque strumento perché essa possa essere coltivata. Da qui la ricerca del proprio interesse particolare e l’abbandono completo di ogni aspirazione collettiva, condivisa, presupposto necessario per costituire una società. È la mancanza di obiettivi comuni che crea egoismi incontrollati e disinteresse per tutto ciò che supera la stretta sfera personale.
Vi è una via d’uscita? Mancuso ne indica una: un grande sforzo economico a carico delle classi abbienti per migliorare l’istruzione di tutti i gradi come unica possibilità di fare apprendere ai giovani la necessità di tornare ad avere prospettive e fiducia nel futuro. Accanto alla scuola è fondamentale il ruolo delle famiglie nelle quali occorre far ritornare la voglia di confrontarsi e di discutere. Egli invoca un nuovo Robin Hood dell’educazione che tolga a chi si arricchisce per dare a insegnanti ed educatori. È una visione romantica, sebbene affascinante. Basterebbe che lo Stato facesse per bene la sua parte trovando ed investendo risorse nella scuola e nella formazione per incominciare a cambiare le cose. Fa specie però che di questo parli solo chi è lontano dalla politica attiva, nell’assoluto silenzio di coloro che avrebbero il dovere di proporre.
Su un altro versante, diverso ma non distante, il prof. De Rita, Presidente del CENSIS, interviene affermando che occorre ricostruire gli apparati decisionali dello Stato. Lo fa partendo dal ”grillismo” e sostenendo che il disegno politico del movimento fondato dall’attore ha fallito il suo obiettivo. Nello stesso tempo, però, l’ondata populista, peraltro non del tutto finita, ha creato le condizioni per cui i tradizionali centri decisionali dello Stato, dalla Ragioneria Generale alle Segreterie Tecniche ( cita quella di Andreatta , Ministro del Tesoro, nella quale lavoravano Cipolletta, Draghi e Cappugi), ai Dirigenti Generali dei Ministeri che, in virtù dello spoil system, sono oggi sostituiti a loro piacimento da chi governa, spesso con funzionari di non pari qualità, sono tutti venuti meno con la conseguenza di uno scadimento della qualità delle decisioni assunte. Come battuta, forse, il sociologo invoca il ritorno delle oligarchie.
I due ragionamenti hanno in comune un elemento essenziale: individuano precisi fatti che hanno modificato ab imis la natura stessa dei rapporti personali e di quelli tra i cittadini e le Istituzioni. Gli antichi rapporti non ci sono più e i nuovi non sono, in nessun campo, in condizione di sostituirli. Chi avverte questa crisi e lancia l’allarme non ha oggi veri interlocutori. La questione esiste però ed è di un’importanza vitale. Chi ha la responsabilità di doverlo fare deve dare risposte in tempi rapidi e in modo convincente. Chi si attarda sul gossip dei posti nel Palco Reale della Scala non vede o fa finta di non vedere l’incendio che si avvicina. Il rapporto CENSIS è soprattutto un atto d’accusa documentato, circostanziato, drammatico nei confronti della Politica e del suo parlarsi addosso senza conoscere o ignorando consapevolmenente la sostanza vera dei problemi.