L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE FA PASSI DA GIGANTE, MA QUELLA UMANA REGREDISCE
di Roberto Tumbarello
Si sta per celebrare il primo anno di governo senza grandi traguardi. Hanno fatto del loro meglio. Non si può pretendere di più in così pochi mesi. Neppure la destra ha la bacchetta magica. Tanto ha altri quattro anni per realizzare il programma. Del resto, gli elettori percepiscono certamente le difficoltà che Meloni & C hanno incontrato: la benzina alle stelle, l’inflazione che ha fatto lievitare i prezzi, la crisi economica, gli ostacoli che ci rendono più complicata l’elaborazione della manovra finanziaria e soprattutto l’anomala invasione dei migranti.
Aveva ragione Giorgetti, bocconiano ed esperto economista. Il governo annuncia che cambia il decreto sulle banche, per non dire che viene praticamente annullato il prelievo sugli extra profitti. Male fece la Premier, che di economia ne sa quanto me, a metterci la faccia. Aveva dimenticato che gli eredi di Berlusconi, proprietari per un terzo della Banca Mediolanum e più influenti, ci avrebbero perso la faccia essendo pure azionisti del governo.
Apparentemente un bilancio negativo, ma trasformato in successo dal legittimo ottimismo di essere arrivati finalmente al potere. Chi lo avrebbe mai detto!
Forse sarebbe stato più opportuno che la Premier si recasse subito a Lampedusa, dove la situazione era drammatica, anziché andare prima a Budapest per abbracciare Orban, un sedicente amico che, però, oltre a simpatizzare con Putin, rinnega il Patto sui migranti, e quindi è palesemente contro l’Italia. Ma l’attrazione per il dittatore è più forte del dovere e del patriottismo. Per fortuna l’Europa sembra essersi resa conto che non è giusto lasciare l’Italia da sola nel dramma dell’esodo africano che coinvolge tutti i paesi. Ma le parole di circostanza sono facili da pronunciarsi. Adesso bisogna attendere i fatti. Ursula von der Leyen – anche lei in campagna elettorale – si è mossa perché spera nel voto italiano per la sua riconferma alla guida dell’Unione e si è recata anche lei nell’isola che è sull’orlo dell’esplosione avendo il numero di migranti superato quello della popolazione. Ma nessuno finora – né il governo, né la sinistra e neppure l’Europa – si è reso conto che non si tratta più di emigrazione, ma di un esodo biblico da un’Africa in guerra e in miseria dove non si può più vivere. La povera gente preferisce affrontare i rischi della traversata e le eventuali persecuzioni all’arrivo, piuttosto che l’inferno che non accenna a migliorare in nessuno dei paesi sotto dittatura o nell’assoluta carestia e siccità. È necessario, quindi, un intervento radicale per aiutarli a restare. Non bastano gli accordi con i paesi di provenienza, che, come si è notato, non servono a niente. Non serviranno neppure i blocchi navali. Tutto il nostro continente è destinato a essere invaso da milioni di africani se non si rimedia ai danni provocati dal colonialismo che adesso si ritorcono contro l’Europa. Salvini, pur convinto che il sodalizio con Fratelli d’Italia al governo durerà almeno dieci anni, si schiera con la Le Pen e l’AFD filo nazista contro l’Europa. La leader di estrema destra francese contesta il proclama di Ursula von der Leyen: “Chi entra in Europa lo decidiamo noi”. Secondo lei a deciderlo deve essere ogni paese, senza cedere la propria sovranità all’Europa. Invece, di prendersela con l’alleato e la sua aggregata francese, la Meloni accusa la sinistra di remare contro perché vorrebbe fare entrare tutti i migranti in Europa e in Italia. A onor del vero, durante i governi di sinistra o in cui il PD partecipava – da Minniti a Lamborgese al Viminale – gli ingressi erano minimi. È che la Meloni deve sempre colpevolizzare la sinistra, cui attribuisce responsabilità anche quando non ne ha, per mascherare le proprie.
Il piano europeo in difesa delle nostre coste è racchiuso il 10 punti. Più sorveglianza navale e aerea, persecuzione degli scafisti, distruzione di barchini e gommoni, velocizzare i rimpatri e invocare più cooperazione da parte dell’ONU. È una formula che esprime l’intenzione dell’UE di non lasciare l’Italia sola con un problema che, in realtà, riguarda tutti i paesi. La Premier dimentica che criticava l’incapacità dei governi precedenti di contenere i flussi migratori irregolari, che ora, col suo governo, sono più che raddoppiati. Nonostante il fallimento degli accordi con libici e tunisini, la Meloni continua a sostenere che bisogna bloccare i migranti prima della partenza o rimpatriarli in modo massiccio. In sostanza vuole dimostrare che gli attacchi alla sua politica non sono fondati. Non tanto quelli dell’opposizione, quanto dell’alleato leghista, che è diventato una spina nel fianco.
Ma il blocco navale che l’Italia vuole attuare è illegale. In realtà, si tratta di un’azione militare inutile che impedisce l’accesso e l’uscita di navi da un paese, mentre gommoni e barche minuscole sfuggono ai radar. Inoltre l’art. 42 dello statuto dell’ONU e il diritto internazionale prevedono l’istituzione del blocco solo in caso di legittima difesa. Ma l’Europa non è in guerra con l’Africa. La Meloni crede di giocare a Risiko.
L’ultimo blocco lo istituì nel 1997 il governo Prodi. Nonostante l’accordo con le autorità albanesi, fu dichiarato illegale e si concluse con la perdita di decine di vite umane. Del resto noi non siamo nemmeno capaci di frenare l’aumento della benzina, figuriamoci l’esodo dall’Africa.
Intanto, Draghi ha accettato l’offerta della von del Leyen di scrivere un rapporto sulla competitività europea nel futuro. Lei l’aveva chiamato dopo aver letto il suo articolo sull’Economist, nel quale si suggeriva di non tornare alle regole del passato, ma scriverne di nuove più compatibili con le esigenze attuali e del futuro. “Tutti pensano di avermi tolto finalmente dai piedi”, ha commentato Draghi con la solita ironia, ma precisando di non essere in corsa per la guida della Commissione né del Consiglio Europeo, anche perché per accedere a quei ruoli bisogna essere prima designati da un governo. Secondo Draghi la pandemia e la guerra hanno prodotto la fine di un’era. L’Unione Europea di prima non c’è più, dice e spiega che hanno ceduto i pilastri su cui si reggeva la nostra prosperità: l’America per la sicurezza, la Cina per l’export, la Russia per l’energia. Il problema è che non abbiamo ancora progettato l’Unione del futuro. La prospettiva di un allargamento ai Paesi dei Balcani e all’Ucraina, senza aver proceduto alle opportune riforme, secondo Draghi, potrebbe aprire una fase problematica di rapporti con i nuovi paesi. Provvidenziale fu la lettura di quell’articolo da parte della von der Leyen e il ricorso a uno dei pochi italiani capaci. L’Italia – quella che non dipende dalla cultura del cellulare – ha sempre personaggi e risorse miracolose. Anche il governo Meloni, un po’ geloso di tanta devozione a Draghi, però, gioisce per la scelta che le risolve un problema drammatico quando il banchiere aggiunge che sono necessarie nuove regole e più sovranità condivisa per continuare a competere a livello globale. E se la vecchia Unione non c’è più, non si può nemmeno tornare al Patto di Stabilità che ormai è superato. Quindi, l’Italia – se si applica sin d’ora questo principio – potrà sforare il debito pubblico oltre il 2% del PIL che le regole attuali, ormai superate stabiliscono. Ma non si capisce ancora se Meloni, un tempo euroscettica, preferisca la sovranità dei popoli, che Salvini e Le Pen accusano di asservimento a Bruxelles, o quella di Draghi. È evidente che certi problemi, come l’immigrazione non possono essere risolti a livello nazionale. Infatti, la Premier preme continuamente sulla von del Leyen perché ci aiuti nell’arginare gli sbarchi. Anche tasse, sicurezza, ambiente e soprattutto economia sono temi che solo l’Europa ci può aiutare a risolvere. Draghi si è impegnato a redigere il rapporto in vista della prossima legislatura europea, che si preannuncia decisiva per il destino dell’istituzione, anche se nessun paese vuole più lasciarla, in una società ormai globalizzata, in cui nemmeno gli Stati Uniti e la Cina da soli possono prosperare. In questa nuova veste, Draghi tornerà a viaggiare per le cancellerie europee per far capire ai paesi dell’Unione che senza un rafforzamento di regole e istituzioni, il Vecchio Continente non potrebbe più reggere le sfide globali e diverrebbe marginale e irrilevante nello scenario mondiale. Sarà difficile farlo capire al nostro amico Orban il cui scopo è di contrastare l’Europa ma beneficiando dei prestiti e delle regalie. Chi mai di noi sarebbe in grado di preparare le basi di una tale riforma?, si è chiesta la von der Leyen. Meno male che abbiamo, almeno in Draghi, ancora una risorsa nazionale.
Non si può governare a dispetto dell’opposizione che rappresenta milioni di italiani, magari più patrioti di noi. Invece, riteniamo quelli di sinistra pericolosi, quindi nemici da evitare. Però, senza di loro non si possono fare le riforme radicali di cui il Paese ha bisogno per progredire. Per esempio, ci sono problemi che, con la collaborazione del PD e del M5S, potremmo risolvere subito. Ma noi ci incaponiamo a fare il contrario perché – ammettiamolo – l’intento non è di governare bene, ma di gestire il potere da soli. La politica, come la interpretiamo noi al giorno d’oggi, è una gara a chi si impadronisce dell’intero jackpot. Questo non è un modello democratico, ma un facsimile piuttosto stupido. Per affrontare il dilagare della corruzione, il potere della criminalità organizzata, la diffusione della delinquenza minorile, l’evasione fiscale e tanti altri guai che ostacolano la nostra capacità di governare sarebbe opportuna un’intesa con la sinistra. Moro, che era un vero statista, e non certo di sinistra, fece addirittura un accordo con i comunisti, non un’alleanza, per risolvere assieme alla Democrazia Cristiana alcuni problemi in cui gli interessi di entrambi i partiti convergevano. Può darsi che anche il PD sia d’accordo a istituire una legge speciale per combattere la criminalità organizzata. Mussolini mandò il prefetto Mori in Sicilia con pieni poteri e in pochi mesi neutralizzò la mafia.
Ma tra la nostra destra e la sinistra c’è un vecchio rancore, un’inimicizia che risale a 80 anni fa quando l’Italia ebbe la fortuna di perdere la guerra, ma fu poi ammessa al tavolo dei vincitori. Se avessimo vinto veramente, come molti post-fascisti rimpiangono, saremmo stati schiavizzati dai nazisti, cui durante la Repubblica di Salò i fascisti non poterono impedire di fare in Italia stragi di una crudeltà inaudita. Già allora avevano preso il controllo del nostro Paese. Persino Ciano, genero di Mussolini e ministro degli Esteri era indeciso se all’Italia convenisse vincere o perdere la guerra. Ed è anche per questo, oltre che per la seduta del 25 luglio, che fu poi accusato di alto tradimento e condannato a morte. A differenza di altri, non posso perdonare questo assassinio al Duce. Rendere vedova la figlia e orfani i nipoti – con uno dei quali, Marzio, sono stato amico – non fu un atto di giustizia ma di crudeltà e anche un grave errore, che poi si è portato nel cuore facendogli sbagliare tutte le decisioni successive. Infatti, scappare con una divisa tedesca addosso non era da Mussolini. Fu come la ricerca di un martirio e penitenza per i propri errori. Ciano, che era un genio della politica estera, era stato per anni contrario all’alleanza con i nazisti, ma dovette, poi, cedere alla volontà del suocero, che non fu altrettanto lungimirante.
Definimmo guerra civile quella che seguì l’8 settembre. Invece, io credo che sia stata una debolezza che ebbe come conseguenza la vendita del Paese ai tedeschi. Non ci fu nessun patriottismo, anzi una cessione della nostra identità che oggi crediamo di difendere dal contagio delle migrazioni, che ci creano molti altri gravi problemi, ma non quello della sostituzione etnica. I nazisti ce l’avrebbero sostituita per pareggiare il conto con le invasioni di Augusto che portò i confini dell’impero romano al di là del Reno, sottomettendo i germani, che da allora sono nemici di Roma e quindi dell’Italia. Ciano conosceva la storia, il Duce, invece, come molti di noi, no.
Anziché convincere l’Europa che i trattati vanno cambiati all’insorgere di nuove situazioni, come adesso sostiene Draghi, piagnucoliamo e pestiamo i piedi, come i bambini che pretendono il gelato. Mentre non ci accorgiamo che lo stato è assente e non facciamo nulla per restituirgli il legittimo potere. Se fossimo statisti e non politicanti capiremmo che la democrazia è debole perché protegge anche i diritti dei criminali. Quindi, non può risolvere certi problemi. Noi, anziché cercare la complicità del PD, che non è più comunista, come noi crediamo, ma composto da cattolici e persino da qualche liberale, gliene diamo la responsabilità. Alcuni giornali che si dichiarano indipendenti, ma appartengono alla cricca che li finanzia, sin dalla prima pagina elencano ogni giorno tutte le colpe della sinistra, che, come si sa, non ha il minimo potere, quindi non può nemmeno avere responsabilità. Io vorrei che la destra fosse più onesta per esserne orgoglioso, come quando, col MSI di Giorgio Almirante prendeva pochi voti, ma non parlava a slogan e godeva di grande rispetto e prestigio che tutti gli riconoscevano.
Abbiamo svalutato la dignità di valorosi professionisti che per lavorare debbono qualificarsi legisti, sovranisti e forzisti. Così tra loro si infiltrano arrivisti mediocri. Nessuno può essere indipendente come un tempo. In realtà, oggi rivendichiamo un’ideologia che crediamo opposta a quella comunista. La condanniamo senza renderci conto che è l’altra faccia della nostra stessa medaglia. Un’ideologia opportuna un secolo fa, ma superata al giorno d’oggi. Spesso si sente dire sono fascista – o comunista – perché mio padre lo era e io sono fedele alle tradizioni di famiglia. Ma il padre viveva in un’altra epoca dalle esigenze diverse. La mancanza di cultura ci fa credere che conservatore voglia dire mantenere le abitudini del passato. Invece, significa adeguare nel progresso sociale ciò che di buono c’era anche prima. Bonaccini, post-comunista, si crede più progressista della Schlein, come Alemanno, Storace e altri, si ritengono più progressisti di Meloni perché più fascisti. Da ammiratore di Mussolini fino al 1936, sono convinto che neppure lui oggi sarebbe fascista perché, da uomo intelligente, vorrebbe una politica di destra più evoluta per l’Italia di oggi, come l’intramontabile liberalismo. Per esempio, sostituirebbe le parate ginniche con conferenze, concerti e centri di studio, che aveva già cominciato a istituire quando prese l’infelice iniziativa di allearsi con un criminale, di cui era facile capire l’indole e prevedere il disastro. Eppure ci sono anche i nostalgici del nazismo, nonostante le tragedie che ha procurato. Sembra che stia risorgendo proprio in Germania un partito in crescita esponenziale – nel 2021 era al 2%, oggi è al 6% – che ha gli stessi programmi, persino lo stesso antisemitismo, in versione apparentemente democratica. Ecco perché, di destra o di sinistra, la società dovrebbe progredire anziché ritornare al passato nonostante le orribili visioni che emergono parlandone.
Della settimana lavorativa di quattro giorni si tratta, però, in Germania con insistenza. La proposta di quei sindacati non è ancora rimbalzata da noi, impegnati come siamo nella battaglia per il salario minimo, ma presto se ne parlerà anche qui. L’ostacolo da superare è la diminuzione dell’orario di lavoro da 35 a 32 ore la settimana. Sembra che le aziende ci rimettano tre ore di lavoro, invece, anche per loro i vantaggi sono tanti, non solo per il benessere dei lavoratori e delle famiglie, ma per la produttività e il benessere dell’intera società. A cominciare dalla possibilità di dedicare maggiore tempo al coniuge e all’educazione dei figli, oltre che al riposo personale e, quindi, a un migliore rendimento nel lavoro. Noi di destra, però, dobbiamo superare la diffidenza nei riguardi del sindacato, che, chissà perché, consideriamo di sinistra, anzi comunista. Mentre in realtà è un’organizzazione che tutela gli interessi dei lavoratori, che sono anche di destra, come quelli della Mirafiori di Torino e di altre zone d’Italia. Forse perché noi, a differenza di Mussolini, oggi proteggiamo il capitale, anziché il lavoro.
Con la solita irruenza e clamore Salvini ha giustamente inasprito le norme del codice stradale, che è andato in vigore in questi giorni, ma poi, come in tutte le sue iniziative, se n’è disinteressato. Il traffico è lo specchio del paese, come lei sa, Signora Premier, ed è abulico, disordinato, aggressivo, arrogante e anche pericoloso, com’è l’Italia da un po’ di tempo. Avrà certamente appreso dalle cronache che sulle strade, sia in auto che a piedi muoiono anche i più prudenti, investiti da chi si mette alla guida dopo avere bevuto o essersi drogato o entrambi i vizi. Tanto, i controlli avvengono solo dopo le disgrazie e ognuno fa come gli conviene. Si guida anche senza patente e a velocità proibitiva. Ragazzi che si definiscono influencer, la nuova attività che consente anche a chi non studia né lavora di racimolare quattrini per le spese voluttuarie quotidiane – ma c’è anche chi si arricchisce – guidano senza rispettare le regole né la vita degli altri e neppure la propria. Colpa anche degli sponsor, che, per un minimo di pubblicità, finanziano irresponsabilmente questi personaggi mediocri e dannosi alla società. Dovremmo vietarglielo, ma crediamo che sia una limitazione della libertà. Invece, consentiamo il libertinaggio. Muoiono a decine e uccidono anche chi non c’entra. L’ultima trovata, che nessuna autorità cerca di bloccare, consiste nel guidare in città a 100 km/h e contemporaneamente fotografare il tachimetro per dimostrare la velocità raggiunta. Gli ultimi due incoscienti hanno travolto auto con bimbi a bordo, per fortuna sopravvissuti ma finiti in ospedale. Non si vede mai una pattuglia della polizia né una guardia municipale. Disatteso anche il divieto di parlare al telefono alla guida e addirittura filmare le proprie bravate, talvolta mortali. Qualche giorno fa sull’Olimpica, la tangenziale di Roma, sono stato tamponato, per fortuna leggermente, da un signore di una certa età che si era distratto pure lui leggendo e inviando messaggi. Milioni di automobilisti parlano al cellulare mentre sono alla guida, compresi gli autisti degli autobus del servizio pubblico. Quanti ne vengono sequestrati ogni giorno in Italia? Credo nessuno perché non ci sono controlli. In Cina computer e cellulari si possono usare solo per tre ore al giorno. Non perché sia una dittatura, ma abbrutiscono la gente ed è saggio e giusto limitarne l’uso. Assieme alle piattaforme sociali potevano essere la grande risorsa del secolo. Ci facilitano la vita e agevolano il dialogo, ma sono diventati una calamità sociale per l’uso esagerato. Sono un incubo di cui non possiamo fare a meno, tra poco, neppure mentre dormiamo. Ci hanno privato della creatività che era caratteristica del nostro popolo, alimentato l’ignoranza e creato tanti inconvenienti psicologici. Ringraziando Salvini per avere lanciato l’iniziativa di migliorare la circolazione, può ora prenderne lei, onorevole Premier, il controllo? Quanti altri innocenti debbono morire per la guida spericolata di chi si mette in macchina con l’intenzione di dimostrare ad altri idioti la propria abilità? Ormai la lotta alla cocaina è inutile. Peggio ancora per quelle sintetiche che costano molto meno ma bruciano il cervello. La nostra lotta alla droga e agli spacciatori è all’acqua di rose. Si sente ogni tanto l’arresto di un pusher, ma mai di un boss. E me ne vergogno per la Premier in cui riponevo molta fiducia.
Gentilissima Signora, ricordo il suo diritto di educare la figlia come lei decide. Però, essendo una madre intelligente e saggia, dopo l’Indonesia e le critiche che piovvero, ha capito di non essere stata opportuna e da allora non la porta più con sé in viaggi così lunghi. Adesso che siete state assieme a New York e le ha fatto perdere preziosi giorni di scuola, mi permetto di ricordarle che, oltre ai legittimi diritti, lei ha soprattutto il dovere di dare l’esempio. Se per gli altri è reato non mandare i figli a scuola, per lei deve essere un impegno sacro. Soprattutto in prima elementare, bambini e genitori debbono capire che la scuola è l’impegno più importante e inderogabile nella vita. Se no, scava davanti a Ginevra e ai suoi coetanei il precipizio dell’ignoranza. La porti dove vuole per Natale, per Pasqua, durante le vacanze estive. Si serva pure dell’aereo militare anche per uso personale per arricchire la bimba di utili e piacevoli esperienze, ma non nei giorni di scuola. Gli italiani pensano che, se è vero che era stata invitata alla cena ufficiale alla Casa Bianca, ha fatto male a rinunciarvi. Poteva rimandare la pizza all’indomani. Si ricordi che il mondo la osserva e vorrebbe essere orgoglioso di lei, ma spesso incontra difficoltà.