IL PONTE DI MESSINA VOLANO PER LO SVILUPPO DELL’AREA DELLO STRETTO
di Giuseppe Gullo
Il dibattito infuocato sulla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina è stato ed è uno degli argomenti di maggiore interesse nel panorama politico italiano. La Lega e il suo leader hanno puntato sulla costruzione di quest’opera, unitamente alla c.d. autonomia differenziata, le loro carte più importanti. Una parte della città si è mobilitata contro il ponte con manifestazioni abbastanza numerose anche in rapporto alla tradizionale “pigrizia” che contraddice gli abitanti del versante siciliano dello Stretto. Il Sindaco del capoluogo si è dichiarato favorevole alla realizzazione dell’opera Non risulta , invece, che i cittadini della sponda calabrese abbiano assunto iniziative analoghe a quelle dei no-ponte messinesi.
Le motivazioni di questi ultimi sono varie ma sostanzialmente riducibili a tre. La prima fa leva sul danno ambientale e paesaggistico che la realizzazione di una grande opera come il ponte apporterebbe in un’area di eccezionale bellezza che ha ispirato grandi artisti nei millenni da Omero a D’Arrigo, a Guttuso, a Quasimodo, per non dire di molti altri. A quest’osservazione un illustre giurista messinese, il prof. Michele Ainis, ha aggiunto un rilievo di natura giuridica sostenendo che il manufatto violerebbe l’art. 9 della Costituzione che tutela l’integrità del paesaggio. Altri sostengono la non fattibilità tecnica a causa della sismicità della zona e della natura geologica del territorio. Da ultimo vi è chi sostiene l’inutilità o dannosità del manufatto in rapporto agli elevati costi di costruzione e di manutenzione.
Non ho competenza per pronunciarmi sulla fattibilità tecnica del ponte. Ovviamente se dovesse emergere che la costruzione è impossibile o altamente rischiosa, il problema non si porrebbe e la questione dovrebbe essere archiviata almeno fino a quando l’evoluzione delle conoscenze tecniche non dovesse consentire di realizzarlo.
Sulla questione costi-benefici ho letto un articolato intervento dell’ex Vice Sindaco della Giunta Accorinti, il prof. Signorino, il quale ha sostenuto che vi sarebbe un elevato costo non compensato da corrispondenti entrate. In linea tecnica non sono in grado di confutare quanto affermato dall’ex amministratore, componente autorevole della Giunta presieduta da un accanito esponente del fronte no-ponte. Dal punto di vista politico-sociale vi sono molti argomenti e molti esempi a sostegno della tesi che lo Stato, nella realizzazione di grandi opere che segnano la Storia dei popoli, non può limitarsi a calcoli matematici ma deve avere la capacità di guardare lontano in una prospettiva storica che si proietta almeno nell’arco di alcune generazioni. Se così non fosse stato non solo il Belpaese ma tutto il mondo non avrebbe visto nascere grandi opere come l’attraversamento della Manica, i trafori delle Alpi, il collegamento della Danimarca alla Svezia, il ponte sui Dardanelli e molto altro. La Politica è progettualità e scelte per le future generazioni.
Sul danno ambientale e paesaggistico il problema è diverso. Tutto il territorio direttamente interessato all’eventuale costruzione del ponte è stato massacrato da una speculazione selvaggia negli anni 50/80 del secolo scorso. E’ sufficiente alzare gli occhi e guardare le colline e il litorale nord di Messina per rendersene conto. Non c’è un mq non edificato, il verde è scomparso del tutto, la viabilità è disastrosa soprattutto in estate, lidi e lidini hanno invaso le spiagge, il frastuono notturno è assordante. Si osserva, giustamente, che ciò non può giustificare la costruzione di un’opera che potrebbe aggravare notevolmente la situazione. Certamente no, ma occorre intendersi. È il ponte sospeso sullo Stretto, a circa 70 metri dal mare, che creerebbe il vulnus ovvero le opere sulla terraferma necessarie per costruirlo e collegarlo? Se si fa riferimento alla prima osservazione mi chiedo se la Tour Eiffel abbia deturpato con migliaia di tonnellate di ferro i Campi di Marte o se il Bay Bridge abbia sfregiato la baia di San Francisco o se lo farà il ponte in Cina progettato da Zaha Hadid per attraversare la west line road di Chengdu? Nella storia del mondo l’uomo è sempre intervenuto per modificare la natura talvolta danneggiandola ma, spesso, superando ostacoli che sembravano insormontabili per migliorare le condizioni di vita e quelle economiche di milioni di persone. Ovviamente ciascuno vede le cose dal suo punto di vista. A me pare ragionevolmente che non vi sarebbe alcun aggravamento di ciò che è stato in precedenza danneggiato senza che nessuno invocasse la violazione della Carta.
I problemi sono altri. Data per acquisita la fattibilità, ovviamente da verificare, è necessario superare la difficoltà di garantire l’attraversamento del ponte con i treni. Tutte le opere che sono state realizzate anche recentemente non prevedono il passaggio dei treni. Per il ponte sullo Stretto è un elemento dirimente: se non potessero passare i treni, l’infrastruttura perderebbe gran parte del suo interesse politico, sociale ed economico. Alcuni dei maggiori esperti in materia, tra i quali un ingegnere di origine messinese, dubitano che il ponte ad unica campata possa consentire l’attraversamento ferroviario. Lo consentirebbe, invece, il manufatto a tre campate. La soluzione tecnica di questo problema è propedeutica ad ogni ulteriore sviluppo del progetto. Detto questo, è necessario fare un’osservazione di enorme importanza per tutto il meridione e per l’area dello Stretto in particolare.
Per fortuna del centro calabrese, a disdoro delle capacità delle classi dirigenti messinesi, il porto di Gioia Tauro è il maggiore centro di transhipment del Mediterraneo, cresciuto di un formidabile 25% anche durante il periodo di lockdown. Il porto calabrese ha un movimento annuo di 3,6 milioni di container mentre quello di Messina non è tra i primi 20, superato da Catania e Palermo geograficamente di più difficile accesso. Chi ha letto qualcosa sulla falce del porto messinese sa che fino al terremoto del 1908 quello di Messina è stato il più importante porto commerciale del Mediterraneo, mentre Gioia Tauro era un puntino sulle carte nautiche. Questo dato di fatto significa che le potenzialità dell’area dello Stretto sono enormi se si riesce a collegare con l’alta velocità il porto di Messina con il nord Europa. Non solo, vi è una questione altrettanto rilevante. Ciò che più conta per il trasporto e lo smistamento delle merci provenienti dai grandi produttori mondiali (Cina, India e Asia) è la velocità di carico e scarico, la seconda trasformazione, la certificazione, il packaging e la ripartenza. La struttura che garantirà le migliori condizioni sarà vincente. In questo quadro incombe un altro fattore: se Francesi e Spagnoli decidessero di realizzare una struttura stabile di attraversamento dello stretto di Gibilterra verso l’Africa, l’Italia e la Sicilia in particolare resterebbero tagliate fuori dai flussi commerciali per decenni almeno. E allora?
Fonte Foto: Wikimedia Commons – Xxlstier – CC BY 4.0