L’IMBARBARIMENTO DELLA LOTTA POLITICA
di Giuseppe Gullo
Vi è un imbarbarimento della lotta politica che sta assumendo toni e contenuti preoccupanti.
In tutte le democrazie la libertà di stampa è un architrave del sistema e la garanzia principale della sua sopravvivenza stessa rispetto alla volontà di sopraffazione della forza dei numeri rispetto ai diritti. A conferma di questo principio sacrosanto possono essere portati molti esempi. Alcuni di essi fanno parte della Storia, dall’inchiesta Watergate che portò alle dimissioni del Presidente degli Stati Uniti a quella del presunto arsenale nucleare in Iraq, dal caso Lockeed in Italia a quello Orlandi che nuovamente riempie le cronache dei media.
Si possono citare altri numerosi casi di polemica molto aspra e di uso della stampa e della satira per colpire l’avversario politico. Nei manifesti di una campagna elettorale per le politiche, Almirante venne raffigurato con i baffetti e il ciuffo scomposto alla Hitler per evocare il rischio della dittatura se si fosse dato il consenso al MSI. Craxi, “ il cinghialone” venne rappresentato per anni da Forattini con gli stivaloni e il mento volitivo per attribuirgli disegni politici autoritari sol perché aveva formulato l’idea della Grande Riforma costituzionale per ammodernare lo Stato ed aveva incontrato l’aperta ostilità del PCI e di buona parte dell’intellighenzia di sinistra. Andreotti fu per decenni oggetto di satira feroce, rappresentato come un quasi demone racchiuso in un corpo storpio. I servizi segreti spesso hanno fatto attività di dossieraggio nei confronti di personaggi pubblici sicuramente per fini non nobili. Berlusconi e i festini di Arcore e di Palazzo Grazioli, il giro di splendide ragazze e le vicende di mai dimostrati contatti con la mafia hanno tenuto banco per anni.
Qual è allora la differenza? Cosa succede di diverso rispetto al passato? Cosa preoccupa chi ha a cuore il rispetto delle regole e il desiderio che i contrasti politici non superino i limiti del giusto rapporto tra sfera pubblica e privata?
Repubblica pubblica da alcuni giorni un’intera pagina nella quale sono contenute le conclusioni dell’inchiesta di tre giornalisti della testata che per sette mesi hanno verificato il racconto fatto dalla Presidente del Consiglio nel suo libro “Io sono Giorgia”, che ha avuto un notevole successo di vendite e che, secondo il quotidiano, ha rappresentato la vera svolta nella scalata verso il successo elettorale della Presidente di FdI. Niente da dire al riguardo. Assolutamente legittimo e del tutto conforme alla linea del giornale in dichiarata opposizione al Governo di destra presieduto da Meloni.
Le “sorprese” nascono quando si leggono gli articoli. Il punto di partenza è lo “svantaggio” che la Presidente ha dovuto colmare per raggiungere la posizione che occupa e diventare la prima donna Primo Ministro nella storia del nostro Paese. Anche sotto questo profilo l’inchiesta prende le mosse da un assunto che rappresenta un caposaldo dell’immagine di Meloni, che non perde occasione di fare riferimento al quartiere popolare di Roma dove è cresciuta e al fatto che la madre ha dovuto allevare da sola lei e la sorella dopo che il padre le aveva abbandonate e si era fatta una nuova famiglia con un’altra donna dalla quale ha avuto due figlie.
A questo punto i conti non tornano più. La protagonista dell’inchiesta è la madre di Meloni e le persone, estranee alla Presidente, con la quale la prima ha avuto rapporti personali e sentimentali oltre che di affari. I giornalisti hanno girato mezzo mondo, intervistato professionisti, richiesto documenti e molto altro per questioni che riguardano esclusivamente la madre della Presidente del Consiglio e le sorelle figlie dell’altra moglie. Non un solo atto o/e affare, tra quelli riferiti, è riconducibile direttamente o indirettamente all’on. le Meloni. Vengono fatti numerosi riferimenti a una persona con la quale la madre ha avuto una relazione sentimentale ed anche rapporti d’affari, mettendo in evidenza come costui sia stato condannato per bancarotta per fatti ai quali la signora era del tutto estranea. Ovviamente è possibile che nel prosieguo dell’inchiesta vengano riferiti fatti dei quali è protagonista la Presidente. E’ giusto chiedersi quale sia la ragione per scavare nella vita privata e professionale di una persona che ha uno strettissimo legame familiare con un personaggio politico, ma che con la vita pubblica e con le Istituzioni non c’entra nulla. O s’intende sostenere che le colpe dei padri, o delle madri, se venissero accertate ricadrebbero sui figli? O torniamo all’oscurantismo, ai tempi nei quali chi aveva un parente pregiudicato o anche in attesa di giudizio non poteva partecipare ai concorsi della Pubblica amministrazione?
E’ vero che i genitori di Renzi sono stati oggetto di violenti attacchi mediatici per i processi ai quali sono stati sottoposti, alcuni ancora in corso. Ma si trattava appunto di procedimenti penali pendenti non di inchieste giornalistiche.
La politica deve essere confronto anche duro di proposte e di idee. Chi ne è protagonista sa che la propria vita è sotto la lente d’ingrandimento ed è giusto che sia così. La famiglia, i figli, i parenti debbono restare fuori dall’arena politica per evitare che abbiano il sopravvento la barbarie e le vendette trasversali che coinvolgono persone che hanno diritto, come tutti, alla tutela della loro riservatezza.