DALLE CHIACCHIERE DI OPPOSIZIONE ALLA FATICA DI GOVERNO
di Giuseppe Gullo
I nodi della politica che non vengono affrontati, o che i Governi sono del tutto impreparati a risolvere, inevitabilmente vengono al pettine. È accaduto spesso e si sta puntualmente ripetendo con l’esecutivo guidato da Meloni.
Sull’immigrazione assistiamo ancora una volta a eventi già tristemente visti più volte. Nessuna differenza rispetto a prima, anzi. Secondo i dati del Viminale nel 2023, fino 10 di marzo, sono sbarcate 17.592 persone circa il triplo di quelle arrivate nello stesso periodo del 2022 e del 2021. Paradossalmente, ma non troppo, il Governo, che ha sempre dichiarato per bocca dei suoi massimi esponenti che avrebbe posto fine a questo fenomeno, ha battuto ogni record in senso opposto a quello promesso! Il fatto è che problemi di questa importanza non si risolvono con le chiacchiere e le parole d’ordine ma con idee e proposte politiche serie, realizzabili e credibili. Il nodo si è aggrovigliato molto più di prima e non si vede all’orizzonte nessun segnale di bonaccia.
In qualche modo correlato all’immigrazione è il problema della richiesta di manodopera extra comunitaria da parte di imprese italiane. In questi giorni vi è stato il c.d. click day, che indica la richiesta telematica di personale. Ebbene, secondo i dati ufficiali vi sono state circa 240.000 domande delle quali solo circa 84.000 soddisfatte. L’assunzione legale è stata possibile solo per un terzo delle richieste. Il dato conferma quanto già era noto, e cioè che la nostra economia ha necessità di lavoratori da immettere nella produzione, sia perché la crescita dell’economia lo richiede, sia per il rifiuto della manodopera italiana di svolgere determinati lavori. Nel solo settore turistico–alberghiero, in vista della bella stagione e della piena ripresa delle presenze provenienti dall’estero, vi è una forte domanda di lavoratori, stimata tra 50.000 e 100.000 unità. La stessa cosa potrebbe essere ripetuta per altri comparti, come quello agricolo già in forte sofferenza per carenza di manodopera generica. E’ mai possibile che non si trovi un sistema che possa conciliare in modo ordinato e regolamentato la domanda e l’offerta di lavoro con i flussi di chi viene da Paesi poveri con la speranza di trovare col lavoro un modo di migliorare le condizioni di vita proprie e dei familiari? E’ possibile che nel Belpaese l’alternativa sia tra lo sfruttamento fatto dal caporalato e la fuga verso i Paesi del centro e nord Europa, senza essere in grado di mantenere e utilizzare legalmente e dignitosamente i lavoratori che un Paese popolato da anziani, con un saldo di natalità negativo e con un’industria prevalentemente manifatturiera, ha necessità di avere?
Sul fronte del lavoro, è giusto riconoscerlo, le misure che sono state adottate dal Governo per la verifica delle condizioni per l’erogazione del reddito di cittadinanza, secondo dati ufficiali, hanno ridotto del 65% le domande per ottenere il beneficio. Il dato si commenta da solo e conferma quanto veniva richiesto da tempo, e cioè la necessità di ricondurre l’erogazione di quelle somme, che hanno raggiunto la cifra enorme di 10 miliardi all’anno, alla loro finalità originaria, vale a dire al sostegno di chi non ha reddito, non trova lavoro pur avendo seria volontà di trovarlo. E’ stata colpevolmente tollerata la nascita della figura del non lavoratore a carico dei contribuenti. Appena si è aperta una verifica e si è chiesto a chi percepiva il r. d. c. di lavorare nei servizi pubblici, come d’incanto lentamente le cose incominciano a tornare al loro posto.
Un altro nodo che rischia di stringere alla gola il Paese è quello del ritardo sul PNRR. La notizia, molto allarmante, è che la Commissione Europea ha ritardato l’erogazione di 19,5 miliardi di euro che avrebbe dovuto versare come terza rata per l’attuazione del Piano. I ritardi riguardano i progetti di teleriscaldamento, le concessioni aeroportuali, la riqualificazione dello stadio di Firenze e la costruzione del bosco dello sport a Venezia. Non solo. Entro fine giugno il Governo deve raggiungere gli obiettivi prestabiliti per ottenere altri 16 miliardi e deve predisporre quanto necessario per spendere tra il prossimo anno e il 2025 ben 45 miliardi.
Al momento del suo congedo dalla Presidenza del Consiglio, meno di sei mesi fa, Draghi dichiarò, senza essere smentito, che i tempi fissati all’Italia per i versamenti previsti dal PNRR erano stati rispettati, tanto che le somme erano state versate. Adesso si parla di richiedere a Bruxelles di spostare i termini al 2029. Il motore si è ingrippato! Che non ci sia qualche responsabilità di chi conduce?