LA LINEA EDITORIALE DE LA7
di Giuseppe Gullo
La linea editoriale de “La7”, che, com’è noto, è di proprietà dello stesso imprenditore che controlla il gruppo del Corriere della Sera, ormai da alcuni anni sembra chiaramente orientata a sostenere il Movimento 5S. Non solo alcuni esponenti politici del movimento sono frequentemente ospiti delle trasmissioni giornalistiche della testata, ma anche alcuni giornalisti, dichiaratamente a esso vicini, sono ospiti stabili come opinionisti dei talk di punta. Non vi è puntata nella quale il direttore del Fatto Quotidiano o i suoi principali editorialisti non siano presenti con il “vezzo” di dare a ognuno il voto in condotta sulla base del loro inappellabile giudizio.
Nulla di male per carità e nessuna obiezione da sollevare; l’editore si determina come ritiene e saranno gli ascolti a stabilire il successo o il fallimento della scelta. E’ abbastanza ricorrente anche la decisione di intervistare da solo, come si fa con un ospite di particolare riguardo, il Procuratore capo di Catanzaro, che ha assunto da qualche anno il ruolo di massimo oppositore sul versante giudiziario di tutte le mafie e, in primo luogo, della temibilissima ‘ndrangheta calabrese. Chiarisco subito che sono del tutto contrario ai magistrati, soprattutto inquirenti, che appaiono continuamente in TV, rilasciano interviste, diventano inevitabilmente “maestri di pensiero” e, in qualche misura, influenti suggeritori, in positivo o in negativo, di provvedimenti già assunti o preannunciati del Governo o del Parlamento. La mia opinione nasce dalla considerazione che il compito del giudice previsto dalla Costituzione è quello di applicare le leggi, non già di dire se un certo provvedimento è buono o cattivo, se lo condivide o no. Non è il suo lavoro e, in considerazione, della delicata funzione che svolge come inquirente o giudicante, dovrebbe astenersi dal farlo. Un magistrato che dichiara che una norma è sbagliata o fatta male delegittima chi l’ha emessa, giustifica, seppure implicitamente chi la viola, e crea una situazione di conflitto e di incertezza che nuoce profondamente alla giurisdizione.
Il Procuratore di Catanzaro, di cui si parla da anni come di un possibile Ministro Guardasigilli e che è in corsa per dirigere la Procura di Napoli, la più numerosa d’Italia per dotazione organica e terza per importanza dopo Roma e Milano, è invece di diversa opinione e frequentemente sui giornali e in TV, in modo particolare su La7, esprime le sue opinioni su molti dei problemi gravi e urgenti del pianeta Giustizia. Da ultimo ho sentito le sue opinioni sulla separazione delle carriere di giudici e PM, sul decreto c.d. “anti rave” e sulla possibilità di intercettazioni preventive e altro. Contestualmente a quest’attività di consulente e opinionista, si spende al massimo, comprensibilmente, per difendere le inchieste che ha promosso in questi anni. In una recentissima intervista ha dichiarato che tutti i provvedimenti richiesti dalla Procura di cui è responsabile hanno avuto conferma nel prosieguo dell’iter giudiziario : “Tra i miei arresti non c’è uno che è infondato”. E’ certo che per averlo richiesto e ottenuto, il Procuratore lo abbia ritenuto fondato, ci mancherebbe altro! Il fatto è che nel corso del 2021 sono state avanzate a Catanzaro 120 richieste di liquidazione d’indennità per ingiusta detenzione che stanno a significare che un rilevante numero di persone sono state detenute ingiustamente.
Come se non bastasse, proprio in questi giorni abbiamo avuto notizia del fatto che il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare domiciliare nei confronti del Sindaco di Rende, grosso comune alle porte di Cosenza, arrestato nell’ambito di un’importante inchiesta antimafia della procura di Catanzaro.
Già questo è un fatto che fa riflettere sull’uso abnorme che viene fatto della misura cautelare, il cui ricorso è limitato dalla legge a casi del tutto eccezionali; se poi, come nel suddetto caso, è censurata da una motivazione dal Tribunale del Riesame nella quale si legge che non vi sono agli atti elementi che confermino l’attività dell’indagato a sostegno dell’organizzazione mafiosa ma che vi sono invece riscontri di segno opposto, allora il fatto assume particolare gravità.
Tutti i cittadini hanno diritto a un esame accurato e imparziale dei comportamenti che vengono loro contestati. Questa esigenza diventa più pressante quando si tratta di persone che rivestono incarichi pubblici, e nella specie elettivi, in quanto i provvedimenti restrittivi della libertà personale coinvolgono, oltre ai destinatari, anche le comunità che essi rappresentano, gli enti pubblici nei quali operano, oltre ad avere un clamore e una rilevanza sociale che supera il limite del singolo individuo. Nel caso di Rende, delle due l’una: o il Riesame, organo collegiale che assume le decisioni in contraddittorio e con le normali garanzie di difesa dell’imputato, ha preso un colossale abbaglio o chi ha richiesto e ottenuto la misura cautelare è stato quantomeno superficiale e poco attento nel valutare gli elementi emersi dall’indagine.
La giustizia spettacolo serve soltanto a chi cerca notorietà e intende affiancare l’attività “pubblica” a quella di magistrato inquirente che gli è attribuita dalla legge. Il Procuratore di Catanzaro ha una produzione rilevante sul piano editoriale, convegnistico, televisivo, radiofonico con qualche “incidente di percorso” come, a esempio ”la prefazione al libro no vax che definì una strage di Stato e una truffa miliardaria la vaccinazione anti Covid di massa che ha consentito all’Italia e agli altri paesi che l’hanno attuata di non avere le strade piene di morti e gli ospedali ridotti a lazzaretti.