IL PD E LA SINDROME GRILLINA
di Giuseppe Gullo
A me pare riduttivo, e per alcuni versi incredibile, che il dibattito interno e in parte quello esterno al PD abbia un convitato di pietra, il movimento 5S. Il risultato elettorale che ha dato ai pentastellati il 15% dei consensi, meno della metà di quelli conseguiti nel 2018, insieme al deludente 19% dei Democratici, stabili rispetto alla precedente tornata elettorale, ha posto al centro della discussione nel maggior partito della sinistra il problema dei rapporti elettorali che dovrebbero intercorrere tra i due soggetti sulla base di un rapporto privilegiato, se non esclusivo. Secondo l’idea di alcuni dirigenti democratici lo sbocco naturale del movimento guidato da Conte, dopo l’esperienza del Governo Draghi, non poteva che essere quello di un accordo col PD che prefigurasse un’alleanza organica e, in prospettiva, un assorbimento dell’elettorato grillino da parte dei democratici.
I fatti, come abbiamo visto, sono andati in modo molto diverso. Il c.d. campo largo tanto auspicato dal Segretario PD non c’è stato e si è talmente ristretto da sembrare un campetto di calcio a 5 piuttosto che l’Olimpico. I 5S, anche laddove avevano scelto di partecipare alle primarie di coalizione come in Sicilia, hanno fatto un’improvvisa inversione di rotta presentando un loro candidato, così indebolendo fortemente quello che loro stessi avevano contribuito a designare nella consultazione , dimostrando inaffidabilità e facendo in fin dei conti il gioco della destra.
Conte ha capito che il “campo largo” avrebbe segnato la fine del suo movimento e ha cavalcato ancora una volta la strada dell’assistenzialismo sciupone del reddito di cittadinanza e la narrativa anti casta che continua a pervadere ciò che è rimasto del 32,7% di elettori che cinque anni fa hanno votato 5S. In verità i grillini hanno sempre dichiarato di non avere una collocazione politica, né a destra né a sinistra, pur avendo governato con partiti di entrambi gli schieramenti. In ciò consiste il populismo qualunquista, nell’assecondare spinte emozionali di vario tipo tali da essere in modo indiscriminato contro ciò che viene identificato strumentalmente come l’avversario da abbattere. La “casta” va combattuta, ma se essa comprende anche il capo politico del movimento, professore ordinario di diritto civile, avvocato di successo, e quindi anche lui tipica espressione di casta, ecco che c’è un distinguo e che nasce la deroga. Per il resto è un continuo susseguirsi di NO a quasi tutto, tranne che a ciò che a loro appare la panacea di tutti i mali e che invece genera spesa improduttiva, truffe, la nuova figura del non lavoratore pagato dallo Stato a scapito di tutti coloro che cercano e trovano lavoro, pagano le tasse, contribuiscono alla crescita del Paese e al benessere di tutti.
Questo tormento che agita il PD e che lo induce, ancora in queste ore, a trattative più o meno riservate per spartirsi gli incarichi che spettano alle minoranze parlamentari, oltre ad essere scorretto sul piano istituzionale è profondamente sbagliato, come peraltro confermano gli ultimi sondaggi che vedono il PD arretrare e i 5S superarlo nelle intenzioni di voto. Il commento che fa venire i brividi è che, secondo i sondaggisti, i 5s vengono percepiti come la vera sinistra! O tempora o mores!
Mi permetto di dire che questo risultato è veramente il capolavoro politico dell’attuale dirigenza democratica! Se malauguratamente si dovesse continuare su questa strada, sarà difficilissimo bloccare il processo involutivo che sembra una vera e propria maledizione della sinistra post comunista.
Quali sono le convergenze programmatiche tra i due Partiti? Pochissime o forse nessuna. Sulla politica energetica i 5s sono contro le trivellazioni per estrarre il gas dal nostro territorio, contro il degassificatori per utilizzare il gas liquefatto che ci viene dall’estero, contro il nucleare che viene visto come un pericolo mortale. Sui diritti civili sono ondivaghi senza un’idea precisa, sempre in bilico tra conservatorismo e leggere aperture. Giustizialisti fino all’inverosimile avrebbero eletto , se fosse dipeso da loro, Scarpinato, ex PG di Palermo, Presidente della Camera e De Raho, ex Procuratore anti mafia, Presidente del Senato, magari per preparare prima o poi(ma questo è un mio cattivo pensiero) l’elezione a Presidente della Repubblica di un ex PG della Cassazione o di qualche altro ex magistrato noto per le posizioni giustizialiste. Sulla guerra in Ucraina hanno la classica posizione di chi sostiene il popolo aggredito, ma a condizione di non metterlo in condizione di difendersi, condannandolo così alla capitolazione . Non parliamo della politica estera, rappresentata fino a poche settimane fa dall’ex loro capo politico, sulla quale è meglio sorvolare per evitare di colpire un corpo esanime. L’unica cosa sulla quale hanno le idee chiarissime è che il reddito di cittadinanza non si tocca, costi quel che costi!
Un moderno Partito social democratico, come il PD non ha mai voluto essere, libertario, egualitario, europeista e atlantista, difensore dei diritti civili e della parità di genere, contro le diseguaglianze e le discriminazioni, difensore del primato della politica e del garantismo contenuto nella Costituzione; tutto questo cosa può avere da spartire con chi condanna i privilegi di tutti gli altri e giustifica i propri, com’è il caso, per dirne solo una, dell’ex Presidente della Camera che, dopo avere sperimentato che spostarsi con i mezzi pubblici sarebbe molto scomodo, intende mantenere i benefit che le norme giustamente riconoscono agli ex presidenti delle Camere?
Mille volte meglio, per il PD, avere qualche segretario o questore in meno negli Uffici di Presidenza e qualche idea in più da portare avanti in autonomia, con serietà, chiarezza e decisione, senza questi ingombranti alleati. E’ chiedere troppo?