DRAGHI DOPO DRAGHI?
di Giuseppe Gullo
I commenti positivi e in alcuni casi entusiastici dei principali esponenti politici, con l’eccezione di Conte, al discorso tenuto dal Presidente Draghi all’incontro di Comunione e Liberazione, hanno il sapore di un commiato. Per alcuni è pura ipocrisia neppure troppo velata, per altri l’onore delle armi, per pochi sincero rammarico. Se si ha la voglia di non fermarsi ai titoli dei giornali stampati e televisivi e si legge il testo pronunziato da Draghi, ci si rende conto che i messaggi inviati alle forze politiche e agli italiani dal Presidente uscente sono molti e importanti.
Anzitutto l’invito a tutti gli elettori di recarsi a votare per dimostrare la vitalità della nostra democrazia ed eleggere un Parlamento che sarà chiamato a scelte di grandissima importanza nel breve e nel lungo periodo. In un momento nel quale tutte le Democrazie occidentali subiscono la crisi del fondamentale rapporto popolo-rappresentanza e le migliori intelligenze sono impegnate a studiare e immaginare quale sia una possibile soluzione alle difficoltà, una massiccia partecipazione al voto nel Paese che tra i più popolosi e sviluppati, sarebbe un ottimo viatico per la prossima legislatura. Per converso, un’ulteriore riduzione dei votanti sarebbe il segnale di una sfiducia preoccupante. Parallelamente, l’invito ai giovani a essere protagonisti della vita politica, sociale ed economica mi è sembrato particolarmente significativo.
Com’era prevedibile e doveroso, trattandosi dell’ultima presenza pubblica prima delle elezioni, Draghi ha indicato le linee guida seguite dal suo Governo sottolineando un aspetto di particolare rilievo: la necessità per il Paese di essere credibile e autorevole a livello europeo e internazionale. Non è stata un’affermazione di stile, per così dire, perché il Presidente l’ha collegata agli effetti che esse producono all’economia. Non a caso ha fatto riferimento al dato che oltre il 25% del nostro debito pubblico è in mano ad investitori stranieri, per significare che un Paese affidabile non avrà difficolta a ottenere ulteriore credito se da esso deriverà sviluppo e ricchezza mentre, nell’ipotesi opposta, si troverebbe di fronte alla montagna del debito accumulato.
Accanto a questo la crescita eccezionale del PIL nel 2021, confermata parzialmente nell’anno in corso, addirittura superiore a quella di Germania e Francia, e l’abbassamento del debito pubblico in rapporto al PIL per il secondo anno consecutivo sono risultati che ci consentono un moderato ottimismo. A questi dati eccellenti va aggiunto quello dell’occupazione ai massimi dal 1977. Tutto bene? Prospettive rosee per il futuro? Per niente, purtroppo, ma la consapevolezza che scelte giuste, come quelle in materia energetica, ci possono consentire di affrontare con successo una fase nella quale la pandemia, la guerra in Europa, l’inflazione elevata che ne è conseguita hanno rischiato di mettere in ginocchio i livelli di benessere raggiunti. Draghi ha fatto riferimento alla diminuzione del potere di acquisto, alle maggiori difficoltà di accesso al credito bancario per famiglie e imprese e alla necessità di sostenere le famiglie e in particolare le fasce più deboli della popolazione. L’avere negato all’attuale Governo, aggiungo, la possibilità di lavorare altri sei mesi è stato un gigantesco errore che ha impedito di raggiungere risultati ancora migliori.
Draghi, giustamente, non recrimina e non accusa. Riferisce fatti e dà indicazioni, la più importante delle quali mi pare sia quella che auspica la possibilità di andare avanti qualunque sia l’esito del voto a condizione che le contrapposizioni non siano paralizzanti e che sulle scelte strategiche il consenso sia ampio, più della maggioranza del futuro Governo. Non poteva dire cosa diversa da Presidente del Consiglio di un Governo in carica per gli affari correnti e ancora una volta ha rispettato completamente i doveri nascenti dalla funzione ricoperta.
Ma le cose potrebbero andare diversamente. La vittoria della destra potrebbe indebolire il ruolo e la credibilità dell’Italia nei rapporti con le Istituzioni europee e mondiali. Il Governo Draghi è stata una garanzia per tutti in termini di lealtà atlantica, rispetto degli impegni assunti con l’Europa, buona amministrazione, trasparenza e affidabilità. Un eventuale Governo Meloni avrà lo stesso credito? Ne dubito, nonostante gli sforzi della presidente di FdI di rassicurare le Cancellerie europee e il Governo americano. Le storie personali contano, e più alto è il livello di responsabilità maggiore sarà l’attenzione sulla caratura di chi lo ricopre. Sarei felice di essere smentito dai fatti ma temo che nell’eventualità di un Governo a guida Meloni i collegamenti europei (Orban in primo luogo) e le simpatie filo russe spesso manifestate da Salvini e Berlusconi siano campanelli d’allarme per i nostri interlocutori d’oltralpe. Nessuno firma cambiali in bianco a chi non conosce e di cui non sa quale sia il grado di reale e sincera affidabilità. Al momento della scelta, credo che sarebbe utile avere la consapevolezza che da soli non si va da nessuna parte, e che è necessario tutelare gli interessi nazionali nel contesto della più vasta realtà politica, sociale e economica di cui siamo parte stati parte costitutiva e siamo ora parte integrante.
Per una coincidenza, i giornali di oggi riportano anche la notizia di una dichiarazione del Presidente Francese secondo cui il periodo dell’abbondanza è finito e abbiamo davanti anni nei quali sarà necessario modificare le abitudini e ridurre gli sprechi. Dette da Macron queste affermazioni debbono fare riflettere tutti e renderci vigili nel non prestare ascolto a chi promette mari e monti, ben sapendo che abbiamo davanti anni difficili nei quali l’obiettivo di mantenere il tenore di vita conseguito sarà complicato da raggiungere.
Credo che tutto questo consigli a ognuno di noi di riflettere nel momento della scelta elettorale considerando che abbiamo bisogno dell’aiuto e della cooperazione degli altri Paesi e che è necessario tutelare gli interessi nazionali nel contesto della più vasta realtà politica, sociale e economica di cui facciamo parte.
E allora? Draghi dopo Draghi? Forse sarà una necessità, sempre che vi sia la possibilità che deve nascere dalle urne, la disponibilità dell’interessato e il senso di responsabilità di tutti per realizzarlo.