DAL CAVALLO DI CALIGOLA AI PARLAMENTARI DI OGGI

DAL CAVALLO DI CALIGOLA AI PARLAMENTARI DI OGGI

di Giuseppe Gullo

In un bell’articolo di qualche giorno fa, Claudio Martelli, a lungo vice Segretario del PSI craxiano, vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Guardasigilli, esprime forti critiche alla legge elettorale che consente ai capi partito di scegliere coloro che siederanno in Parlamento senza che l’elettore possa scegliere uno o l’altro dei candidati esprimendo una preferenza. Sottolinea giustamente come questo sistema, sostanzialmente accettato da tutte le forze politiche, produca un duplice risultato negativo, e cioè l’espropriazione del diritto dell’elettore di selezionare il candidato e il fiorire di scelte improntate al “nepotismo” e al familismo.

Per il secondo aspetto l’elenco è lungo e prende le mosse dalla formazione politica più leaderistica e cioè Forza Italia nella quale, afferma l’ex Guardasigilli la monarchia è consustanziale al Partito. Continua con la Meloni che riporta in Parlamento il cognato già capogruppo alla Camera nella legislatura appena conclusa, e con Fratoianni che, in nome dell’antagonismo e dell’interesse dei lavoratori, candida la moglie, e prosegue coi 5S che, in barba alle parlamentarie e alla trasparenza, escludono la Raggi e presentano un listino composto da uomini di fiducia dell’ex Presidente del Consiglio e da ex magistrati, giusto per apparire quanto più possibile giustizialisti.

Il PD si distingue in questa gara poco decorosa ignorando le regole interne che s’era dato sia per quanto riguarda le primarie, sia per  la quota femminile fissata nel 40%, sia per il numero dei mandati stabilito in tre. Assistiamo quindi alle candidature di Casini giunto all’undicesima legislatura, e di Franceschini che arriva alla sesta con il bonus dell’investitura per la moglie.

Questo per citare alcune delle enormità che ci vengono propinate e giustificate nel modo più vario e spesso ridicolo. Gli intoccabili sono in tutti i partiti: la Meloni corre per la quinta legislatura e La Russa per l’ottava, mentre Bossi è stato deputato per sei legislature, per una Senatore e per tre volte euro deputato e a ottant’anni, in condizioni fisiche precarie, viene riproposto come capolista in Lombardia.

Martelli collega al malcostume descritto due effetti: l’aumento dell’astensionismo e la preferenza espressa nei sondaggi per il presidenzialismo, ritenendo che l’elettorato lo approvi sentendosi più motivato e coinvolto dalla possibilità di scegliere il Presidente.

C’è poco da obiettare, a mio avviso, alla lucida analisi dell’ex Ministro. Ciò che Martelli non scrive, sicuramente per distrazione, è che la pratica del nepotismo, sebbene in forma ridotta e meno eclatante, fu iniziata molto prima, durante la prima Repubblica e, come spesso avviene, è diventata consuetudine, si è allargata e ha assunto aspetti tali da fare tornare in mente l’Imperatore romano Caligola che sembra volesse nominare console, sacerdote o addirittura senatore il suo cavallo Incitatus, ritenendolo allo stesso livello dei colleghi investiti delle medesime funzioni.

Potrei citare molti casi di nepotismo risalenti agli anni 70 e 80 del secolo scorso che non hanno consentito ai Partiti del tempo (tutti, nessuno escluso) di raggiungere i precedenti storici sopra citati ma hanno dato inizio a quel “corrompimento” di cui si lamenta Martelli.

La verità è che le regole non debbono mai essere violate. Quando ciò accade il vulnus, quasi sempre, non si rimargina ma imputridisce e diventa cancrena.

Chi ha vissuto l’epoca dei partiti della c.d. prima Repubblica dovrebbe avere la capacità critica di raccontare i pregi ma anche i difetti, le sopraffazioni, le forzature, le violazioni dello statuto, le scelte personali e familiari, la prevalenza della fedeltà sul merito.

In uno splendido intervento al congresso nazionale del PSI di Rimini (aprile 1987), Martelli parlò diffusamente di bisogni e meriti introducendo nuovi elementi di riflessione e impegno per il Partito socialista e creando grandi aspettative di rinnovamento della classe dirigente del Paese. Ma, com’è noto, tra il dire e il fare……

Forse il decadimento di oggi ha radici lontane che non bisognerebbe dimenticare, non tanto per trovare difficili giustificazioni dei comportamenti attuali quanto per trarre insegnamenti per il futuro.

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